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La trama (con parole mie): David Murch, consulente del Presidente degli Stati Uniti ed esperto di campagne elettorali, nel corso di una trasmissione televisiva sfodera un accorato appello in difesa dei soldati caduti, esprimendo il desiderio di volerli vedere tornare. Quando è il Presidente, ispirato dal tema così ben trattato dal suo collaboratore, a riportare in un discorso per la campagna elettorale della rielezione lo stesso passaggio, i ragazzi morti sotto le armi cominciano ad uscire dalle loro bare chiedendo la possibilità, prima di abbandonare definitivamente questo mondo, di poter votare alle elezioni: il panico scatenato da questa anomala ondata di elettori finirà per portare Murch a prendere una decisione che potrebbe sancire il suo passaggio sul fronte opposto rispetto a quello del suo datore di lavoro e della scatenata e repubblicana fino al midollo amante Jane.
Devo dire di aver sempre voluto un gran bene a Joe Dante, fin dai tempi in cui ero soltanto un bambino e molta della sottile ironia che pervade le pellicole del regista del Jersey mi sfuggiva, nascosta ai miei occhi dagli effetti o dalle atmosfere di cult della mia infanzia come Salto nel buio o Gremlins.Crescendo, ho imparato a conoscere ed apprezzare anche il piglio decisamente caricaturale dei suoi lavori - che associo ormai inesorabilmente al pur più cattivo Romero -, ed opere come The howling o Matinee sono divenute, nel corso degli anni, sempre più mitiche, acquistando valore invece di perderlo progressivamente.Casualmente, mi sono imbattuto di recente in una recensione di Mereghetti che parlava entusiasticamente, invece, di questo film per la tv nato come episodio della serie Masters of horror che mi era sfuggito, così ho deciso di recuperarlo e rispolverare quelle atmosfere dal sapore seventies che nell'horror recente saturo di montaggi frenetici e citazioni a raffica si sono andate purtroppo perdendo, finendo per uscire dalla visione decisamente soddisfatto: in pieno periodo bushista, infatti, Dante fornisce la sua personale critica all'operato dell'ex Presidente regalando una piccola chicca al pubblico senza dover ricorrere a chissà quali espedienti da salto sulla sedia, solleticando invece l'inquietudine di una riflessione clamorosamente attuale e profondamente politica.I suoi soldati zombies, invece che andarsene in giro a fare la gente a brandelli biascicando e sbavando senza ritegno, chiedono con una certa decisione che la loro posizione rispetto alle incombenti elezioni per la Presidenza sia presa in considerazione, chiudendo il cerchio del ritorno al mondo dei vivi una volta imbucata la scheda elettorale: un ritratto di questo tipo di spauracchio cinematografico assolutamente inedito e clamorosamente interessante, non privo di omaggi - il passaggio che vede, con la resurrezione dei morti dei conflitti più lontani nel tempo, anche il già citato George A. Romero e Jacques Tourneur - e virate di profondità notevole - il legame tra David Murch ed il defunto fratello, veterano del Vietnam -, ma soprattutto intelligente ed incisivo, soprattutto considerato il periodo in cui fu girato, quando ancora la speranza della rinascita by Obama - che poi, a ben guardare, non c'è stata - era un miraggio cui tutti i democratici dai grandi sogni anelavano senza ritegno.
In particolare assume uno spessore notevole l'escalation finale, evidente riferimento alle vicende che portarono alla vittoria del già citato Bush Jr. su Al Gore e alla manipolazione e al controllo del destino politico da parte di chi detiene il potere, in barba all'opinione di chi, almeno sulla carta, dovrebbe essere il vero detentore dello stesso: il popolo.
L'ironico e decisamente "politically uncorrect" finale - che riprende la scena d'apertura -, giocato sulla contrapposizione tra la compagna del protagonista Jane - che fa sembrare Schwarzenegger un democratico convinto, vegano e hippy - e gli zombies in cerca di vendetta per i voti rubati risulta davvero efficace, e fa rimpiangere a noi vecchi fan di Joe Dante che Homecoming fosse destinato a Masters of horror invece che al Cinema, togliendoci di fatto la possibilità di un lungometraggio vero e proprio che avrebbe potuto liberare la carica di irriverenza di questo autore in misura ancora maggiore.
Ma è inutile recriminare: il prodotto è decisamente riuscito, e tra qualche decennio gli appassionati di horror - e non solo - potranno ripescarlo come un ritratto insolito di un'epoca spesso sottosopra come la nostra.
MrFord
"Vote or die muthafucka, muthafucka vote or die
rock the vote or else I'm gonna stick a knife through your eye
democracy is founded on one simple rule
get out there and vote or I will muthafuckin’ kill you."
da South Park - "Vote or die" -
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