Abbiamo intervistato i ragazzi di Angst, Scorze e Suicide qualche tempo fa e questi primi mesi del 2014 ci danno modo di tirare le somme su quanto fatto finora dal trittico di etichette romane. Tutto rimane e vuole rimanere in quell’ambito underground dove l’unica regola, nel caso ce ne sia qualcuna, è: fare perché si ha voglia di fare. Ci sarà realmente da scavare, e da sporcarsi le mani, per arrivare in questo sottomondo, a patto di sapere cosa significhi “nessun compromesso”. Se l’espressione dovesse suonarvi strana, avete sbagliato articolo, perché qua tutto richiama l’estetica nuda e cruda del DIY più oltranzista, le cui sonorità, all’insegna dei toni grigi (forse gli stessi grigi dei packaging ispirati a tutta quella xerox-art home made) sono ai margini di qualsiasi genere, e con un piede perennemente nella fossa. Homekilling is taping music.
A HAPPY DEATH. / AUTOCANCRENA, Carne Umana
La split Carne Umana è a nome A Happy Death. (Antonio Olivieri) e Autocancrena (Lorenzo Chiarofonte) ed in ordine di tempo è solo l’ultimo di tanti omaggi a Pier Paolo Pasolini (a memoria ricordiamo la sempre recente compilation Songs For A Child). Un legame spirituale, il suo, con quella “stupenda e misera città” dalla quale provengono i due act. La power electronics, più caotica per A Happy Death., più schematica e ottusa per Autocancrena (ascoltandolo mi è tornato in mente Progetto Morte), plasmata attorno a riferimenti, cinematografici e non, pasoliniani (il Clementi di Porcile, le urla disgreganti da Edipo Re, Salò) diventa così una cronaca straziante di quei giorni passati tra obitorio e mattatoio, tra autismo e degenero sociopatico.
A HAPPY DEATH. / SHIVER, Split
Angst e Diazepam si uniscono per dare alla luce uno split tra le due formazioni di casa: Antonio con A Happy Death. e Mauro con Shiver. Freddo e duro fin dall’artwork, il nastro procede tra campioni di dialoghi e bordate di rumore, violentando le orecchie dell’ascoltatore con una proposta che rimanda alle radici del noise e delle sue declinazioni più estreme, il che vuol dire puro nichilismo diretto a colpire allo stomaco e a fare i conti con le regioni più buie della mente umana. Pur con due approcci distinti e personali, i due progetti riescono nello scopo prefissato di toccare nervi scoperti e produrre una sensazione di disagio, merito anche delle variazioni di intensità delle tracce, che passano senza soluzione di continuità attraverso harsh noise e power electronics, momenti di stasi apparente e persino melodie stranianti messe in gioco da Shiver (quasi ad offrire un breve conforto all’ascoltatore). Un finale imprevisto aggiunge una nota weird al tutto.
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MAURIZIO BIANCHI / MUSEO DELLA TORTURA, NHHNMBMDT
Scontro all’ombra della vecchia scuola industrial, con due lunghe tracce di puro rumorismo, nere come pece e ricche di mistero. L’impressione che si ricava dall’ascolto è quella di percorrere gli enormi spazi di una costruzione abbandonata, con i cigolii e lo scricchiolare del metallo che affiora dal cemento armato cadente. Lo split affonda le mani nel sentire industrial per utilizzarne gli input come creta da plasmare e ricomporre a proprio piacimento. Amanda Eriksson firma l’artwork e suggella con le sue immagini questa interessante collaborazione tra un (il) grande vecchio della scena e il Museo Della Tortura, il tutto limitato a 100 copie e ovviamente su nastro come da migliore tradizione.
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CASSANDRA, E / E
Una confezione rigorosamente homemade (una scatola nera foderata di rosso) racchiude – insieme a un paio di piccole cartoline, le info e il buon vecchio quadrato del Sator ridotto a puzzle – la tape di Cassandra, progetto di Claudia Rae Boom. E / E utilizza il suono della chitarra manipolato e sezionato, riverberato e scomposto, accompagnato da vocals altrettanto pesantemente manipolate, per dar forma ad un impro-noise straniante e dal forte impatto suggestivo: tra rumorismo e rimandi a sonorità “antiche”, che sembrano attingere dalla tradizione sciamanica o, meglio, a culti come quello di Mitra, l’ascoltatore si trova perso in un magma sonoro che ha molto a che fare con l’auto-analisi e la voglia di perdersi negli angoli più bui della proprio subconscio. Difficile da catalogare o costringere entro coordinate di genere, il debutto di Cassandra appare molto più come un esperimento personale e ricco di sfumature, al cui interno perdersi può risultare al contempo foriero di stimoli e oltremodo inquietante.
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L.C.B., Flesh Post Flesh
Nel 2013 a dir poco prolifico di Le Cose Bianche (a occhio e croce una decina abbondante di release) ha rischiato di passare inosservata la tape Flesh Post Flesh. Già dai primi instanti di “Diario Iperviolento Di Una Solitudine”, tra l’altro introdotti magnificamente da un monologo da Taxi Driver (lasciamo decidere ad altri quanto però possa velere la pena scomodare Scorsese), la forma che assume il lavoro, e che ne sancisce la riuscita, è quella di un’orgia analogica dalle sonorità morbose, caratterizzate dalle scorribande chitarristiche (a stento riconoscibili, consideratone l’impiego iper-effettato, ma ci siamo abituati) di Fe<male Fou in “Epilogo” e “Mando Avanti Il Male Per Prima” e dalle polluzioni power “weird” electronics marchio di fabbrica di L.C.B..
TopNEGATIVESELF, Tape
Massimo Cisternino esce in solitaria con una tape one-sided che pone in primo piano il suo approccio viscerale e in qualche modo hard-core alla manipolazione sonora. L’urlo della chitarra di Negativeself è unico e solo protagonista di una lunga improvvisazione, che ora assume toni più rarefatti, ora si fa furiosa e caustica, un vero e proprio pugno nello stomaco che unisce in sé feedback, rumore bianco, drone, riverberi e qualsiasi altra forma di uso “sbagliato” dello strumento. Del resto, chi ha potuto osservarlo dal vivo sa bene quanto fisica e sentita sia la sua interazione con la chitarra, frutto di un approccio che si svincola dal canonico per farsi contatto completo e totalizzante con la stessa. Decisamente interessante, la proposta di Negativeself travalica i confini della sperimentazione e dell’evidente fascinazione per nomi quali Glenn Branca e La Monte Young per lambire, come già accennato, una forma mutante di hardcore realmente libero da cliché e stanche reiterazioni.
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URNA, Dakhma
Tra le produzioni di Angst/Scorze/Suicide non potevano mancare quelle contraddistinte da sfumature più dark ambient. Aggiungiamo che Gianluca Martucci (Urna) è tra i pochi veterani di casa nostra per quanto riguarda queste sonorità. Di ritorno dall’escapismo acustico di Nemeton, Urna riabbraccia lo stile ibrido (un po’ Megaptera un po’ Deutsch Nepal) degli esordi, influenzato anche da tutta la scuola Slaughter Prod., che in passato lo accolse sotto la sua ala. Se poi qualcuno viene dal drone ottenebrato di qualche Sachiko “utechiana”, sarà ulteriormente trascinato dall’ora di minutaggio di Dakhma nel suo buio circolare e nelle sue liturgie esoteriche, trovando uno dei lavori più riusciti dello scorso anno in questo ambito.
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