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Honeymoon e "un'altra cosa bella persa per sempre" (cit.)

Creato il 15 luglio 2015 da Frank_romantico @Combinazione_C

Ho guardato Honeymoon nel continuum spaziotemporale sbagliato. L'avrei dovuto vedere in un'altra situazione, un'altra realtà, un'altro tempo e luogo. Ho aspettato così tanto di vedere questo film che, alla fine, l'ha guardato una persona diversa. Non l'io che ero, ma quel che sono diventato e forse non avrei voluto. E tutta questa situazione ha avuto un ruolo fondamentale nella visione di quest'opera del debuttante Leigh Janiak uscita nel 2014 e inserito da tantissimi nelle classifiche degli horror meglio riusciti dell'anno passato.  Ripeto, la persona che ha guardato Honeymoon è diversa da quella che l'avrebbe voluto vedere sette-otto mesi fa. La persona che ha guardato Honeymoon ha assistito con noia e disprezzo ad una storia d'amore che lentamente scivola via, come scivolano via i due protagonisti, in caduta libera, senza appigli se non un amore che in realtà non serve a un cazzo.
Lo dice il titolo stesso: Honeymoon è la storia di una luna di miele dei neo sposini Bea e Paul. Per "festeggiarla" i due vanno in un cottage sul lago, la casa delle vacanze dei genitori di lei, e le cose sembrano andare nel migliore dei modi se non fosse che, una notte, Bea scompare dal suo letto e viene ritrovata da Paul nuda e infreddolita nel bosco. Lei dice di non ricordare nulla, né il come, né il perché, entrambi pensano ad un semplice attacco di sonnambulismo, fatto sta che da quella notte le cose iniziano ad andare nel verso storto.
Ho trovato Honeymoon un film noioso per almeno 3/4. Un film fastidioso. Un film irritante. Non perché per almeno 3/4 non succede niente, ma perché mi è sembrata la più scontata tra le pellicole horror che ho visto da dieci anni a questa parte. Un po' The Astronaut's Wife (che è tutto dire), un po' l'Invasione degli Ultracorpi, un po' tutta la storia del cinema horror da qui all'eternità. Ed è verro che non sono uno che cerca l'originalità a tutti i costi, ma sono anche uno che pretende la reinterpretazione, il tocco personale, la firma del regista o dello sceneggiatore. Cose che in Honeymoon mi era parso di non vedere, con quell'accavallarsi di indizi, misteri, supposizioni che sembravano portare verso un'unica e scontata direzione. Cosa che poi è stata, inutile prenderci per il culo.  E allora il pensiero ricorrente, la sensazione che ho provato per quasi tutta la visione è stata: che inutilità. Che tempo sprecato non solo guardando questo film, ma soprattutto aspettandolo. Che gran spreco di tempo.
Poi, dopo neanche un'ora e mezza, Honeymoon è arrivato alla conclusione. E si è concluso come era ovvio che facesse, senza sorprese, senza scossoni narrativi, senza grossi sconvolgimenti o apici di climax. Ed è stato proprio questo finale a mostrarmi quanto mi fossi sbagliato non solo nel giudicare questo film, ma soprattutto nel definirlo. Perché quello di Janiak non è horror, quello di Janiak non è  film di fantascienza. Il film di Janiak è in realtà una tragica storia d'amore, né più né meno. Il racconto di "un'altra cosa bella persa per sempre" (cit.). 
In effetti avrei dovuto capirlo, tutto ha inizio con i due protagonisti che si raccontano. No, non raccontano se stessi, bensì la coppia, in nuovo loro, quello che sono adesso e che non erano fino a una manciata di mesi prima. Lo dice la stessa Bea, "prima ero sola, adesso non più". Honeymoon in fondo fa questo: racconta una coppia che si ama davvero e lo fa nel più semplice dei modi, creando un background comune e poi lanciando i sue sposini nella quotidianità di una luna di miele che, di lì a poco, diverrà vita. Se non fosse che le cose non vanno mai come uno se le aspetta e perché la vita fa schifo, fa il cazzo che le pare e "ci sono più cose in cielo e in terra di quante se ne sogni la vostra filosofia". E allora la felicità di questi due neo sposini, di questa coppia che è uno ma non è più solo uno, comincia a evaporare come l'acqua ghiacciata del lago alle soglie dell'estate. 
Noi, spettatori inermi, non possiamo far altro che assistere alla fine di qualcosa di bello. al lento consumarsi di qualcosa che andava vissuto fino in fondo, all'innaturale rottura di qualcosa che era solido e forte fino al giorno prima. Con le sue debolezze, con i suoi dubbi e le sue ingenuità. Ma, fondamentalmente, solido e forte. Chi di noi non ha mai provato una sensazione del genere, quella che l'unica cosa a cui teniamo, l'unica persona di cui abbiamo davvero bisogno, ci stia scivolando via dalle dita nonostante il nostro pugno non possa essere più stretto di così? Chi di noi non ha assaporato il dolore dell'inevitabile? Ecco, guardando Honeymoon non ci ero arrivato ma di fronte allo schermo buio e ai miei stessi pensieri, dopo i titoli di coda, mi sono reso conto che è questo che devono aver provato Bea e Paul, in modo diverso ma complementare. Del sapore grottesco che ha la vita, dei piccoli casi e delle coincidenza, della paura di qualcosa (magari un figlio) che possa arrivare a rovinare il momento solo per venir beffati in maniera spaventosa e spietata. Perché Honeymoon non parla di orrore o di fantascienza ma di ansia e dolore, quello realistico che tutti noi abbiamo provato (chi più, chi meno) seppur in modo meno iperbolico.
Leigh Janiak ci mette un'ora e mezza per costruire questa parabola. Lo fa con lentezza, senza sussulti, correndo il rischio di annoiare. Ma lo fa inesorabilmente e lo fa bene. Complici uno spaesato Harry Treadaway e una Rose Leslie veramente brava ma che per una volta non sa niente. E sì, a me il film ha annoiato da morire prima di arrivare a quel finale che mi ha fatto a pezzi. Che ha fatto a pezzi la persona che sono adesso. Non posso far altro che chiedermi quale effetto mi avrebbe fatto se lo avessi guardato qualche mese fa, l'anno scorso. Quale effetto avrebbe fatto alla persona che ero, al Frank di quel continuum spaziotemporale.
Probabilmente avrei riso. 
Sì... credo proprio che avrei riso.


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