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Hopper City Sunlight

Creato il 30 luglio 2010 da Saraconlacca

Hopper City SunlightBuongiorno! L’immagine qua sopra è la cartolina di un famoso quadro di E. Hopper (citysunlight) che “mi è toccata” per l’esercizio di scrittura creativa, vi ricordate? Ve ne avevo parlato qualche tempo fa… Insomma attraverso la cartolina, ciò che suggerisce l’immagine, c’era il compito di scrivere una storia. L’idea è carina ma per chi è abituato (e soprattutto vuole cimentarsi) nella scrittura di favole non è proprio una bella immagine, almeno a me ha trasmesso sofferenza, solitudine… Onde evitare discussioni ecco di seguito il racconto (breve-per fortuna) che mi ha “ispirato” quest’opera. Buona Lettura:

Per un mondo migliore. Questo è quanto aveva detto Marco prima di lasciare definitivamente la casa. Le parole di Marco vagavano ormai, stanche anche loro, nella mente di Emma da cinque anni. Era la fine di Giugno. L’estate era in ritardo anche se da giorni il sole riusciva a scaldare persino le pareti diafane della casa fredda e vuota. Le giornate sembravano allungarsi e la casa, isolata, in aperta campagna era circondata negli ultimi giorni da un noioso vento di scirocco e dai pensieri di Emma, sempre più opprimenti. Nessuno viene, nessuno va, il mondo è lontano sprofondato da qualche parte. Solitudine e silenzio. Solo una donna ad uno studio ai cui vetri batte un timido raggio di sole. L’assenza di sentimenti veri sembravano ad Emma il modo più normale di vivere. Vivere tutto sommato significava avvicinarsi il più possibile alla contentezza e anche questo non era sempre facile. Il posacenere verde era l’ultimo oggetto rimasto tra le quattro mura dove adesso Emma si lasciava trasportare dai suoi pensieri: le piaceva guardare la stenta luce del giorno esaurirsi e morire sulle pareti, quelle stesse che una volta erano ricche di libri, di quadri e soprattutto di vita. Apriva e chiudeva gli occhi, come se una magia potesse far tornare tutto come una volta… Erano passati ormai cinque anni. Cinque lunghi anni. Era la fine di Giugno anche allora e c’era un tempo simile a quello di adesso solo che era gaio e aveva un senso. La casa, la stessa, aveva tutto un altro aspetto. La guerra poi ha pensato di portarsi via tutto. Tutto, compreso Marco. Era la fine di Giugno, questo Emma lo ricordava bene. Giugno 1940. Nell’aria vibrava una musica allegra. Era l’ultima sera prima della partenza. Vi fu senz’altro una conversazione di cui non ricorda più parola ma ricordava bene il suono della sua voce, puro, lieve, caldo e il suo riso calmo e sicuro. Accanto ad Emma per tutta la serata la bella giovane figura di Marco, la musica li circondava. Il cuore di Emma batteva allo stesso ritmo di quello di Marco, i loro occhi vedevano le stesse cose, non si conoscevano ma erano entrambi giovani e spensierati, erano compagni come due stelle e due nuvole e senza parlare si sentivano bene. Il cuore di Emma aveva solo 19 anni ed era intatto. Marco partì per la guerra mattina seguente. Emma cercò di tenere a freno i suoi pensieri, si teneva occupata dalla mattina alla sera ma si accorse gradualmente che l’allegro vigore e la gioia di vivere che l’avevano accompagnata la sera prima la stavano abbandonando; il suo malessere, se ne accorse ben presto, non era fisico, infatti cominciava a pensare a quella serata con un testardo desiderio ad ogni ora del giorno e della notte come se in quella casa avesse perduto qualcosa di essenziale e lentissimamente quel qualcosa di essenziale prese forma, come delle finestre scure, prive di luce, prive di futuro: era la forma snella e leggiadra di quel ragazzo. Si accorse che la sua immagine e la lieta serata trascorsa in sua compagnia non si erano tramutati in silenzioso ricordo ma in una parte di lei stessa che cominciava a dolere far soffrire.


Tagged: city sunlight, Hopper

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