Fu l’ultimo faraone della XVIII dinastia, anche se diversi autori di trattati storici ritengono che non ne fece parte non essendo un componente della famiglia reale, che si estinse con Tutankhamon.
Horemheb con il dio Horus
Horemheb venne alla luce ad Henes, con una certa probabilità in una famiglia agiata. Studiò, diventando scriba reale. Optò per la carriera militare conseguendo importanti incarichi già durante il regno di Akhenaton. Però fu sotto Tutankhamon che diventò generale delle forze armate terrestri, svolgendo inoltre tutta una serie di mansioni di straordinaria importanza. Essendo anche Sovrintendente a tutti i lavori del Re riedificò e ripristinò i templi di molti dèi andati in rovina durante l’epoca amarniana, ristabilendo l’insieme di credenze e manifestazioni con cui l'uomo riconosceva l'esistenza di numerose divinità. Nel complesso templare di Karnak innalzò il nono ed il decimo pilastro, impiegando come materiali di riempimento i mattoni (talatat) ottenuti dalla demolizione del centro urbano di Akhetaton (oggi Tell-el-Amarna), nato per espressa volontà del faraone Akhenaton. Sebbene non fosse contrario al culto di Amon, limitò il potere dei suoi ministri ufficiali, decidendo che la capitale fosse Menfi (al nord) e non Tebe ed affidando molteplici incarichi religiosi a soldati su cui faceva completo assegnamento.Più di un egittologo ritiene che Horemheb non fosse altro che il comandante Paatonenhab (Festosa presenza di Aton), anche se non vi sono prove inconfutabili a supporto di questa tesi, la cui tomba venne scoperta nel luogo di sepoltura dei defunti aristocratici ad Akhetaton (oggi Tell-el-Amarna). È molto probabile che Horemheb abbia governato pressappoco per 33 anni, benché per certuni studiosi sia arrivato a 59 anni di conduzione politica e amministrativa.
Horemheb con il dio Amon
Quando era faraone Ay, Horemheb si unì in matrimonio con Mutnedjemet (sorella di Nefertiti e verosimilmente figlia di Ay, che doveva avere quasi 35 anni, età abbastanza avanzata per quei tempi), che, essendo la figlia del Sovrano e grande sposa reale, attribuiva ad Horemheb tutti i diritti per aspirare a divenire monarca.Importante fonte di notizie su Horemheb è l’Editto, nel quale sono elencati le disposizioni da lui impartite per rimettere in sesto il Paese delle Due Terre: adottò pene severissime contro gli atti o comportamenti che violavano una norma giuridica, contro i reati connessi alla pubblica amministrazione, consistenti nel derogare e nell'indurre a derogare ai doveri d'ufficio in cambio di denaro o di altri vantaggi personali, contro qualsiasi appropriazione illecita o uso illegittimo di denaro o di beni amministrati per conto di altri. Ripristinò l’antica divisione in Alto e Basso Egitto (guidati da un visir, con due eserciti e due organismi giudiziari), ovviamente mantenendo la direzione generale dello Stato, per semplificare la conduzione economica e amministrativa della nazione. Ben poco si sa della sua politica estera. Le forze armate terrestri egizie mantennero il controllo della zona siro-palestinese fino al confine con il Libano, mentre in Nubia dovettero intervenire più volte per reprimere delle sommosse.
Tomba di Horemheb nella Valle dei Re
La grande sposa reale Mutnedjemet non generò figli, benché abbia fatto di tutto per averli. Pertanto Horemheb, preso atto che non avrebbe avuto un erede, stabilì che il suo successore fosse il comandante Pramesse (scelta oculata e allo stesso tempo opportuna), divenuto Ramesse I (primo sovrano della XIX dinastia, che governò solamente per due anni).Gli archeologi hanno riportato alla luce due tombe appartenenti ad Horemheb: la prima a Saqqara, edificata prima che divenisse faraone e mai adoperata, la seconda (di dimensioni grandiose, aspetto solenne e che non è stata terminata) individuata nella Valle dei Re (KV57), particolare perché per la prima volta comparve il Libro delle Porte (denominato in questo modo poiché si riferisce alle dodici porte della notte, ossia al transito da un’ora all’altra), opera funeraria di notevole rilevanza.
I faraoni della XIX dinastia esaltarono le doti e le capacità di Horemheb, arrivando a considerarlo un dio. Infatti vi erano dei ministri ufficiali del suo culto che lo veneravano come una divinità.
Giampiero Lovelli
BIBLIOGRAFIA
E. BRESCIANI, L’Antico Egitto, De Agostini, Novara 1998;
A. GARDINER, La civiltà egizia, Einaudi, Torino 1997;
N. GRIMAL, Storia dell’Antico Egitto, Laterza, Bari 2007;
H. SCHLOGL, L’Antico Egitto, Il Mulino, Bologna 2005;
T. WILKINSON, L’Antico Egitto. Storia di un impero millenario, Einaudi, Torino 2012;