Ancona, Glue-Lab.
Serata oltre modo varia quanto a proposte musicali quella che ha visto scontrarsi tre differenti interpretazioni del nero, passando dal black metal dei Boa e dalle derive industrial degli Schramm al death-rock venato punk degli Horror Vacui.
I primi a salire sul palco sono i Boa, formazione locale che guarda dritta negli occhi la vecchia scuola black metal e ha al suo interno musicisti già in azione con Norgram, Necandi Homines e Infernal Angels. La loro è un’esibizione frontale in cui la ferocia del linguaggio prescelto evita di stemperarsi in abbellimenti formali e punta dritto al ricreare il mood proprio delle prime formazioni del genere. Manca ancora quel quid in grado di farli staccare dai canoni e permettere loro d’imporre una cifra immediatamente riconoscibile, ma nel complesso riescono a colpire nel segno e a dare il via in modo ottimale alla serata.
Con gli Schramm le cose cambiano radicalmente, il progetto vede bassista e chitarrista fronteggiare basi elettroniche e vocals per un effetto che richiama alla mente sia la prima stagione dell’industrial metal, sia costruzioni e progetti dal taglio più estremo e sperimentale, purtroppo questa sera i suoni (forse troppo alti) tendono ad impastarsi e non permettono di cogliere nitidamente tutte le sfumature dei singoli layer da cui i brani sono costituiti, soprattutto quando basi e riff tendono ad alzare il livello dello scontro. Resta comunque l’impressione di un progetto in cui l’aspetto catartico e la voglia di confrontarsi con la propria parte oscura assumono un ruolo primario, anche a dispetto di fruibilità e perfezione formale del tutto.
Altro cambio di palco e d’impostazione, che per il gran finale vede gli Horror Vacui presentare al pubblico la propria miscela di death-rock e punk venato di crust, per una manciata di anthem dalla presa immediata sull’ascoltatore. Pur senza negare una linea diretta con i padri putativi della scena di rimando, la formazione sa come lasciare la sua impronta, che è quella della scena hardcore punk dalla quale proviene, un segno che non si limita alla sola scrittura ma tocca anche un chiaro impianto ideologico e di appartenenza. Il resto lo fa la capacità di coinvolgere i presenti e di tenere il palco con il giusto piglio, come si conviene al tipo di proposta. In questa mancanza di seriosità e di posture da belli e dannati risiede il successo di una formazione che non avanza pretese se non quella di divertirsi e divertire, senza dimenticare mai le proprie radici (vedasi anche la scelta della cover da suonare a fine concerto) e soprattutto senza perdere mai di vista una sana auto-ironia che troppo spesso manca in territori similari. Al solito, difficile resistere loro.
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