Magazine Cinema
La trama (con parole mie): un uomo che pare uscito da una leggenda e che cammina nella campagna francese come uno zingaro è sfamato e seguito nelle sue peregrinazioni da una ragazza che ha aiutato liberandola del dispotico patrigno.Attorno a loro gli elementi figli della Natura prendono le distanze dalle miserie umane fatte di violenza, malattia, disagio e follia.Lei vorrebbe l'unione delle loro strade, lui è alla ricerca della prossima tappa, che farà seguito ad un miracolo lasciato libero nel sole pregato ogni mattina: profondamente fisico e profondamente filosofico uniti da un anelito assolutamente terreno eppure tendente all'infinito.Oppure no?
Ricordo quando, all'esame di maturità, il commissario esterno di letteratura italiana mi squadrò con aria irritata al termine della mia prova orale mostrandomi il tema che, qualche giorno prima, avevo compilato per quella scritta: "Quando vai a comprare il pane parli così?", mi interrogò.Lì per lì mi incazzai non poco, anche perchè il mio fu il voto più alto che diede, e ritenni l'ometto che credevo di avere di fronte soltanto l'ennesimo professorino incapace di capire alcunchè di quello che la mia mente aveva partorito nell'illustrare il rapporto tra fede e scienza.Sono passati quasi quindici anni, da allora, e solo il pensiero di tentare una rilettura della mia "opera" provoca un certo malessere nel sottoscritto, almeno quanto l'idea di riprendere in mano il libro di racconti che, proprio in quel periodo, iniziai a scrivere e che venne pubblicato un paio d'anni dopo.Escrementi, direbbe Keating di quelle righe da adolescente preso dalla voglia di mostrare a tutti i costi di essere un grande scrittore, migliore prima di tutto dei suoi eventuali lettori.Ed escrementi dico anche io, pur se utili senza dubbio alla formazione di quello che sono diventato in seguito.Ma cosa c'entra tutto questo con uno dei titoli che più nell'ultimo anno ha fatto gridare al miracolo gli appassionati del Cinema d'autore estremo?C'entra semplicemente perchè trovo che un'opera come quella di Dumont, per quanto grande, artistica, potente, visionaria possa essere considerata, sia supponente e per nulla rispettosa del pubblico, ma nata per compiacere quei pochi che, considerandosi eletti, continueranno a guardare dall'alto in basso il resto dei poveri stronzi incapaci di vedere la grandezza di pellicole come questa.Nel corso della mia vita di spettatore mi è capitato di affrontare di tutto, dal film muto a quello d'avanguardia, dal grande classico al blockbuster d'azione, di spaziare tra gli orizzonti di culture a me decisamente lontane e panorami decisamente più vicini alla mia sensibilità e background.Sugli schermi di casa Ford sono passati i Bunuel, i Marker, gli Jodorowski, i Kubrick, i Von Trier, i Malick, i Tarkovskij, i Lynch, i gusti delle angurie e le frontiere più becere dell'horror: non mi sono mai tirato indietro, dai mattonazzi che richiedono un impegno quasi fisico ai titoli che non si sentono neppure, e distorcendo il tempo volano al cuore più veloci della luce.Se c'è una cosa che in tutto questo tempo è sempre riuscita ad irritarmi profondamente è la supponenza degli autori, il desiderio non tanto di raccontare una storia quando di raccontarsi una storia.Dumont, indubbiamente fenomenale nel fotografare istantanee che paiono uscite dritte dritte dalle eredità della Pittura, più che del Cinema, è riuscito ad apparirmi così pieno di sè nel portare sullo schermo le gesta del suo Jim Caviezel di provincia da incarnarsi in una versione d'elite del Mel Gibson più estremista e squilibrato, completamente incurante del pubblico - fatta eccezione, ovviamente, per i pochi eletti di cui sopra - e di ogni passione per la sua creatura.Qualche mese addietro, parlando della clamorosa delusione che fu Detachment, allusi ad una sorta di "pedofilia culturale" rispetto all'approccio dell'insegnante interpretato da Adrien Brody: nel caso di Hors Satan e del suo miracoloso uomo dei boschi, potrei quasi considerare la visione come un vero e proprio stupro dell'anima, un boccone forzato dai sicuramente potenti ingredienti che il suo creatore pare non trovare altro modo di propinare a chi si è fidato di lui - e delle recensioni che hanno accompagnato questo titolo - se non cacciandolo dritto in fondo alle tonsille con tanto di naso tappato.E così, mentre il nostro golem o presunto tale vendica i soprusi di una giovane che vorrebbe ricambiarlo con il suo corpo e che dopo i colpi di fucile a sangue freddo non esita a sconvolgersi di fronte ad una sua battuta di caccia andata storta - passaggio gratuito in grado di farmi incazzare almeno quanto fu per la sequenza dell'uccisione del gatto in Kynodontas -, le immagini volutamente ricercate fanno da contraltare ad una storia che storia non è, e che maschera di semplicità un approccio, al contrario, volutamente estremo ed artificioso.Non bastano, nonostante restino una trappola ben congeniata, le preghiere ed il finale messianico, la redenzione mascherata da aggressione, i miracoli di un animale che finge di mettersi allo stesso livello dei mortali, ma che, di fatto, si trastulla nella sua posizione di potere: Hors Satan è un trabocchetto, una religione fatta per essere l'oppio dei popoli, o di chiunque si lasci stregare da un canto di sirene portato sullo schermo da vagabondi costruiti a tavolino che paiono - ed in alcuni casi, sono - presi dalla strada.La mia risposta alla domanda di quel professore fu: "No, non parlo così. Ma questo è tutta un'altra cosa".Non avevo ancora capito che non c'è un'altra cosa, a parte la vita.Ed è l'arte a farne parte, e non il contrario.A Dumont questo pare sfuggire ancora.O forse è di quelli cui piace perdersi nell'illusione dell'onnipotenza.Una di quelle che è facile far degenerare in uno degli "ismi" da cui continuo a tenermi fieramente a distanza.
MrFord
"Ma l' animale che mi porto dentro
non mi fa vivere felice mai
si prende tutto anche il caffè
mi rende schiavo delle mie passioni
e non si arrende mai e non sa attendere
e l' animale che mi porto dentro vuole te.
Dentro me segni di fuoco è l'acqua che li spegne
se vuoi farli bruciare tu lasciali nell' aria
oppure sulla terra."Franco Battiato - "L'animale" -
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