Se Hostel era un ottimo horror con vette di splatter davvero notevoli, Hostel 2 ripercorre le tracce del primo e Eli Roth regala chicche di una fantasia straordinaria.
Attenzione, perchè il post che segue è pieno zeppo di spoiler!
Si riparte lì dove ci si era fermati, con il ragazzo superstite del primo film che cerca di riorganizzarsi una vita.
Il racconto alla polizia è solo un incubo ma è la scusa per riassumere quanto successo in Hostel.
La sua presenza dura però poco perchè lo fanno fuori e tanti saluti al sequel: da questo momento in poi siamo in una storia diversa… o meglio, nella stessa storia ma con protagonisti diversi.
Al centro della vicenda questa volta ci sono tre ragazze, studentesse di arte che da Roma si spostano a Praga per raggiungere poi il paesino malefico.
Il viaggio sul Roma-Praga è il festival delle ovvietà. Il treno è zeppo di tifosi della Roma in trasferta e si viaggia tra cori da stadio, droga e violenza.
Le tre ragazze si isolano nel loro scompartimento e diventano quattro con l’aggiunta di una modella slovacca che le guiderà verso l’incubo.
Quando entriamo nell’ostello è un po’ come trovarci a casa, visto che la prima cosa che notiamo è la televisione che trasmette (di nuovo!) Pulp Fiction in slovacco.
Qui si svolge tutto come le altre volte, l’organizzazione è perfettamente attiva e le tre finiscono immediatamente nel catalogo delle ragazze disponibili.
Davvero molto efficace la sequenza in cui si svolge un’asta via internet per aggiudicarsi la ragazza preferita.
Così questa volta conosciamo anche i ricchi mostri che comprano le ragazze da torturare ed uccidere.
In particolare seguiamo le vicende di due soci americani caratterizzati in maniera fin troppo schematica.
Richard Burgi è l’esaltato senza scrupoli che non vede l’ora di entrare in contatto con la sua vittima, Roger Bart è il suo compare, dubbioso fin dall’inizio (è evidente che creerà un bel casino con la sua scontata redenzione finale).
Solo che quando poi arriviamo al finale Eli Roth ribalta il tutto ed i due si scambiano le parti all’improvviso cambiando prospettive e certezze di chi guarda.
Nella cittadina non mancano nemmeno i bambini che compongono la banda senza scrupoli, ancora più letali ed assurdi (ma nemmeno poi tanto) rispetto al primo episodio.
Momento estremamente drammatico (cosa che in un horror non è scontata) l’omicidio di uno dei bambini come punizione per l’intero branco.
Le ragazze sono obiettivamente stupende.
Lauren German, Bijou Phillips e Vera Jordanova si giocano il ruolo della più bella del reame, tutte e tre sensuali e capaci di stuzzicare chi passa da quelle parti.
I tre ruoli sono invece diversi e caratterizzati in maniera chiara.
In particolare la German tiene bene il suo ruolo da protagonista e viene fuori alla grande nel finale che Eli Roth disegna ritagliandole addosso un ruolo da eroina malvagia, senza scrupoli e senza pietà, capace di azioni che fino a quel momento non avevamo immaginato.
E poi ci sono naturalmente gli omicidi e le torture che come nel primo film hanno un ruolo determinante.
Il primo omicidio nella stanza delle torture è qualcosa di straordinario per fantasia e sensualità. Una donna che uccide una donna per divertimento, raggiungendo l’orgasmo in una doccia di sangue caldo è roba che lascia il segno.
Non è da meno (bisogna dirlo) il neo Hannibal Lecter che pasteggia ascoltando musica classica e prelevando brandelli di carne direttamente dalla sua vittima perfettamente cosciente…
Chiudo qui segnalandovi il cameo di Edwige Fenech, per pochi minuti insegnante d’arte e la sequenza con cui il film si chiude: i bambini terribili che improvvisano una partita di calcio usando come palla una testa appena spiccata dal corpo del suo legittimo proprietario.
E scusate se è poco!