Trama: tre giovinastri che viaggiano per l'Europa in cerca di sesso e droga finiranno per diventare vittime di un'organizzazione che fornisce ai ricconi annoiati l'occasione di torturare e uccidere le persone..
Adesso passerò per maniaca e pervertita, ma Hostel è un film che mi piace parecchio. Eli Roth è sicuramente uno dei peggiori cialtroni sulla faccia del pianeta (e lo dico con amore) ed è anche un piccolo raccomandato dal divino Quentin, ma non si può dire che non curi con attenzione le sue pellicole, che diventano man mano più interessanti ogni volta che le si riguarda. Mettendo un attimo da parte il modo all-american con cui viene descritta l'Europa, ovvero un luogo di depravazione e di depravati equamente ripartiti in zoccole, delinquenti, ignoranti e drogati (ma a noi italiani andrà peggio con Hostel II e con le aberranti scene ambientate sul treno!!), in quasi tutte le sequenze della pellicola vi sono infatti dei rimandi a alle scene che verranno e dei richiami a quelle passate in grado di formare nella loro totalità un cerchio perfetto e di mostrare una coerenza che raramente si può trovare in un horror. Il destino dei protagonisti, così come accadeva nel ben più ironico Cabin Fever, è segnato fin dall'inizio, fin dal loro trovarsi "così lontani da casa" e conseguentemente privi di freni: come in un terribile contrappasso dantesco, chi prima faceva il "guardone" nel girone del sesso è destinato a finire vittima o carnefice in quello della morte, con un azzardato parallelo tra i corridoi delle case d'appuntamenti di Amsterdam e quelli della fabbrica delle torture in Slovacchia. A differenza di altri film horror, inoltre, dove l'americano medio nasce e muore ignorante, qui il protagonista Paxton viene costretto a scrollarsi di dosso pregiudizi e lassismo e a tirare fuori tutta la sua intelligenza, la conoscenza delle lingue, la capacità di capire usi e costumi del luogo e persino una certa dose di sensibilità per salvarsi la vita. Non mi azzarderei a parlare di racconto di formazione, ma è innegabile che il protagonista si evolve parecchio nel corso della pellicola.
C'è da dire, altra cosa particolare di Hostel, che il protagonista si evolve anche e soprattutto in peggio. Non salta subito all'occhio, ma già guardandolo una seconda volta ci si rende conto che il film, per quanto annoverato tra le pellicole più sanguinarie del globo terracqueo, mostra sì qualche tortura (ampiamente superata da altri torture porn) ma, in definitiva, le uccisioni delle vittime urlanti avvengono tutte fuori dallo schermo, mentre quelle perpetrate da Paxton sono le uniche alle quali lo spettatore può davvero testimoniare. Se all'inizio il protagonista è uno dei tanti backpackers strepponi che invadono l'Europa, sul finale lo vediamo assomigliare parecchio anche nell'abbigliamento e nello sguardo ai membri dell'élite di assassini e torturatori, mentre le belle Natalya e Svetlana, dee slovacche del sesso e della trasgressione, verso la fine si mostrano tranquillamente sfatte e struccate, con una bruttezza esteriore che rispecchia finalmente quella interiore.
Per quanto riguarda la realizzazione, gli effetti speciali sono validissimi e molto realistici: ho detto che in quanto a torture Hostel risulta stranamente blando, ma la verità è che mi è impossibile guardare quella inflitta a Kana senza che mi scenda una lacrima, forse perché la poveretta urla in giapponese e la cosa mi strazia in maniera indicibile o forse perché il suo destino è particolarmente crudele. Stranamente, sono molto validi anche gli attori, soprattutto il già citato Jay Hernandez, ed è gradevole anche il gioco citazionista in cui indulge Eli Roth, inserendosi nel filone Tarantiniano quasi "con grazia", senza esagerare: abbiamo l'apparizione speciale di Takashi Miike, uno schermo che proietta Pulp Fiction in slovacco e un omaggio a chi è stato tanto malato da produrre una versione porno di Cabin Fever, inoltre gli italiani riconosceranno tranquillamente una cover ceca di Stella Stai di Umberto Tozzi tra i vari pezzi della colonna sonora (per la cronaca, Treti Galaxie di Michal David). E se quest'ultimo dettaglio non vi fa venire voglia di vedere l'ottimo Hostel, non so cos'altro potrebbe farlo!!
Del regista Eli Roth, che compare all’inizio a sballarsi nel coffee shop, ho già parlato qui mentre Takashi Miike, che interpreta il cliente giapponese della fabbrica delle torture, lo trovate qua.
Jay Hernandez (vero nome Javier Manuel Hernandez Jr.) interpreta Paxton. Americano, ha partecipato a film come World Trade Center, Grindhouse(fake trailer di ThanksGiving), Hostel: part II e Quarantena. Ha 34 anni e un film in uscita.
Derek Richardson interpreta Josh. Americano, ha partecipato a film come Scemo & più scemo – Iniziò così…, Hostel: Part II e alle serie Dr. House e American Horror Story. Ha 37 anni.
Nel DVD c’è un finale alternativo, eliminato perché giudicato troppo cupo, in cui Paxton rapisce la figlioletta dell’uomo d’affari olandese (che mostrava in effetti la sua foto in treno ad Oli e agli altri) e le copre la bocca per impedirle di urlare. Nel trailer, inoltre, viene detto che Hostel è stato ispirato da eventi realmente accaduti: in verità, pare che Eli avesse trovato un sito Tailandese dove si faceva pubblicità a delle cosiddette “murder vacation” che offrivano agli utenti la possibilità di torturare e uccidere delle persone pagando 10.000 dollari. Il regista non ha mai capito se il sito fosse vero o no, ma la cosa gli aveva dato l’idea per un documentario su queste “murder vacation”… quando però ha capito che mettersi in contatto con i coinvolti era pressoché impossibile e che lui stesso avrebbe rischiato una fine poco simpatica, ecco che il documentario è diventato l’opera di finzione che tutti conosciamo. Hostel ha generato due seguiti, il pregevole Hostel: Part II, sempre diretto da Eli Roth, e Hostel III, uscito straight to video e diretto da Scott Spiegel. Non l’ho ancora visto ma chi lo ha fatto lo sconsiglia, quindi se Hostel vi fosse piaciuto cercate invece Saw, Borderland - Linea di confine, Wolf Creek e La casa del diavolo. ENJOY!!