Hostel – Eli Roth sul dizionario alla voce Splatter

Da Soloparolesparse

Avevo una grave mancanza (tra le altre) nelle mie conoscenze cinematografiche degli ultimi anni che sentivo il bisogno di colmare.
Così ho recuperato guardando Hostel (e Hostel 2).

Davvero notevole il film di Eli Roth, splatter puro e duro dopo aver giocato con lo spettatore per quasi quaranta minuti.

Tre ragazzi sono ad Amsterdam per i motivi per cui la leggenda vuole che si vada ad Amsterdam: droga e sesso.
Il panorama offre soprattutto la prima delle due necessità così i tre, su invito di un ragazzo vagamente inquietante, decidono di spostarsi in Slovacchia.
E qui effettivamente l’ostello indicato offre quanto i tre cercano. Ragazze giovani, bellissime e disposte a scorribande sessuali.

Per più di mezz’ora Roth ci fa credere di essere in uno di quei film il cui unico scopo è di mostrare tette e giovani culi (cosa che viene fatta con innegabile prodigalità).
I ragazzi si danno al sesso, alla musica, sembrano divertirsi come matti.
Solo dopo una trentina di minuti iniziamo a comprendere che qualcosa non funziona.
Strani discorsi, un curioso ed inquietante personaggio, poi uno dei tre scompare e di lui non sappiamo più niente per un pezzo.

Ma è solo quando scompare anche il secondo che seguiamo il suo viaggio nell’incubo e scopriamo dove va a finire.
Attenzione allo spoiler totale.
La cittadina ha messo in piedi un servizio per ricchissimi e folli sadici. Una grossa organizzazione rende disponibili ragazzi e ragazze rapite perchè i clienti possano torturarli e ucciderli come meglio preferiscono.
Gli abitanti del paese (comprese le ragazze dell’ostello) vengono pagati per fornire carne viva, soprattutto turisti.
Fine dello spoiler.

Da questo momento in poi Hostel èn un tuffo verticale nell’orrore puro.
Splatter limpido e terrorizzante, perchè si uccide senza motivo, per il gusto ed il piacere di farlo.
Ma soprattutto si tortura per uccidere e Roth si diverte a presentarci infinite soluzioni e strumenti con cui i mostri in questione portano a termine le loro opere.
Dita tranciate, tendini recisi, seghe elettriche, fiamme ossidriche, trapani, non manca assolutamente nulla nel panorama degli strumenti di tortura moderni.

Il film è ricco anche di curiosità e momenti da godersi.
Ovvia la citazione tarantiniana quando nell’ostello si guarda Pulp Fiction in una improbabile versione slovacca (Tarantino è produttore del film).
Inquietante la banda di bambini che rappresenta il primo momento difficile del viaggio e che ricoprirà un ruolo importante (e drammaticamente ironico) nel finale.
E per noi italiani c’è anche il gusto di ascoltare una versione slovacca (?) di Stella stai di Tozzi, passata a tutto volume in discoteca.

Curiosità a parte, la forza di Hostel è nella violenza delle torture e delle mutilazioni, così come nelle reazioni verosimili delle vittime che senza via di mezzo scoppiano a piangere disperate e non di raro vomitano anche l’anima sconvolti dal terrore.
Nota di merito per la fabbrica dismessa, splendente luogo delle torture.

Giudizio sintetico: straordinario ma assolutamente per stomachi forti.


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