Quando i film si fanno ad episodi.
A rileggere quanto scritto per la stagione 3 di House of Cards, quelle parole di delusione sono ancora più distanti. La confusione dello scorso anno è infatti messa da parte, anzi, completamente dimenticata.
Il motivo è presto detto: la corsa alle presidenziali.
Come Scandal o come Veep insegnano, se c'è uno spettacolo ben scritto è proprio quello della campagna elettorale, e vedere Frank Underwood impegnato in comizi ma soprattutto in attacchi e in difese, vale il prezzo del biglietto.
Non bastasse tutto questo, bè, in questa stagione c'è veramente di che godere, grazie a uno script che fa succedere l'impossibile, che porta con sé molti colpi di scena.
Ovvio quindi che procedere nella lettura prevede numerosi SPOILER.
Primo: Claire Underwood che si mette contro il marito, che lo ostacola, per poter arrivare a un'impensabile quanto poi fattibile vicepresidenza.
Secondo: la disperazione della vecchia conoscenza Lucas Goodwin, che ha il suo apice in un attentato, che porta a un addio e a allucinazioni ad alto tasso erotico.
Terzo: le indagini di un altro giornalista che prendono il via, e che questa volta sembrano più fondate e più attente
Quarto, e più importante: un avversario repubblicano che ha dalla sua la gioventù e il carisma, per quanto poi capace di doppi giochi e doppie facce.
Tutto questo, si conclude poi con una minaccia terrorista che mette ancor più pressione su un Presidente provato e stanco, minacciato da più parti.
Ma lo conosciamo Frank, purtroppo, e sappiamo come sia disposto a tutto pur di prevalere.
Insomma, di ingredienti per fare una ricetta sostanziosa, ce ne sono.
E non sono troppi, questa è la seconda sorpresa, perchè tutto appare ben amalgamato e ben studiato, nessuno viene lasciato indietro, anche se magari indietreggia di qualche passo, come la new entry Neve Campbell o lo scrittore Tom Yates, anche se a lasciare a bocca aperta è il trasformismo di Joel Kinnaman che lasciati i panni sgualciti di detective in The Killing, si presenta bello e perfetto come futuro Presidente.
Non si può che fare il tifo per lui, per quanto non certo migliore, e soprattutto per il giornalista Tom Hammerschmidt per riuscire finalmente a vedere soccombere Frank. Ma l'osso è duro, e infatti il finale lascia tutto aperto.
Sarebbe inutile sottolinearlo ancora, ma parole per la realizzazione perfetta della serie vanno spese: appena si preme play si entra in un mondo tagliente e raffinato, pieno di eleganza e di freddezza, dove i dialoghi, anche quando monologhi a noi diretti, sono millesimati, dove le strategie la fanno da padrone. Belli gli ambienti, belli i look che Claire porta, e Robin Wright si fa valere anche dietro la macchina da presa, dirigendo molti degli episodi di questa stagione, dimostrando di avere il calibro giusto.
Nel cuore, restano l'episodio numero 10, con le sue svolte alla convention che hanno dell'incredibile, e la sfuriata di Freddy, nella mente, resta una perfezione che sarà difficile da battere.
Al prossimo anno, quindi, pieno di caos, e di paura.
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