Michele Spanghero o della natura del suono
padiglione.
VECCHIO: Son qui. Che novelli
pensieri, Agamènnone, volgi?
AGAMENNONE: T’affretti?
VECCHIO: M’affretto. è la mia
tarda età molto insonne, e ben lieve
sui cigli mi pesa.
AGAMENNONE: Che stella
è quella che in cielo veleggia?
VECCHIO: è Sirio, che, presso alla Plèiade
settemplice, in mezzo alla volta
del cielo, s’affretta.
AGAMENNONE: Non s’ode né voce d’uccello
né d’onde sciacquío. Su l’Eurípo
i venti son muti.
Euripide, Ifigenia in Aulide
Il suono delle sfere celesti è da sempre stato lume per speculazioni complesse, ardite ipotesi, congetture, avvicinamenti fisici al limite con la certezza. La ratio comune a questo tipo di paradigmi sostiene che l’universo emetta delle onde, vibrazioni impercettibili, ipotizzabili come suoni simili alle variazioni tonali di un violoncello. C’è un’opera del 2009, Almost Solo, che sembra ricordare queste teorie, ipnotizzando con una sonorità quasi aliena.
Quando si parla d’arte, la maggior parte pensa visivo. Le regole dell’oggi invero hanno sovvertito questa fruizione calda (per dirla con Marshall McLuhan), favorendo una germinazione di artisti che ibridano gli strumenti della comunicazione attraverso una modalità espressiva veramente d’avanguardia.
Questo artista fa parte di quell’entourage di talenti sonori, che scardinano radicalmente i modelli convenzionali e spesso stantii dell’arte. Uno dei talenti più interessanti all’interno di un panorama che vede gli italiani come teste di serie in questa competizione: Michele Spanghero, vincitore del premio Icona ArtVerona 2012.
Il lavoro di questo compositore – che è anche fotografo di indubbia bravura – ricorda gli illustri padri John Cage e Philippe Glass. Avvalendosi di vere e proprie sculture sonore, figure geometriche elementari come sfere, Spanghero ridensifica il rapporto dell’uomo con la musica, e lo fa ingannando l’occhio dello spettatore. Le sue opere infatti, sono architetture tornite e affascinanti, monoliti lucidi e politi che di per sé costituirebbero un’opera. Con la volontà di aggiungere un quid alla percezione, l’artista installa (ed è Voice of Space l’ultimo pregnante esempio), degli amplificatori all’interno delle opere producendo un suono che è incontro di armonie, mantra, traccia relazionale nella sinfonia prodotta.
Sommando così una poetica Minimale che ha come precipuo obiettivo la costruzione di geometrie esatte e compiute in sé, alla fascinazione estetica prodotta dalle architetture sonore, questo artista si rivela audace e coerente.
October 28-December 2, Palinsesti 2012 – Scatole sonore, curated by D. Viva, San Vito, Pordenone
November 24- December 23, Premio Francesco Fabbri, mostra finalisti e vincitori, Pieve di Soligo, Treviso
December 7-12, Pixxelpoint 13, curated by A. Abrahamsberg and M. Pelihan, Nova Gorica (SLO)