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Howl (2015)

Creato il 09 dicembre 2015 da Silente
Un film di lupi mannari vecchio stile. Ma anche moderno. Con mostri grossi.                             Howl (2015)
C’era una domanda che mi ha tartassato per tutto il film, è una cosa che ogni tanto mi corrode il cervello e cercare di scansarla o in fondo fingerne disinteresse non mi aiuta, torno sempre lì a provare a capire qualche perché di troppo. Aiutatemi a trovare serenità, okay?Dunque, Paul Hyett ha una lunga carriera come artista di make up, nell’horror la sua impronta più famosa l’ha lasciata con le migliori creature di Neil Marshall, tra gli umanoidi ciechi di The Descent e i lupacchiotti sanguinari di Dog Soldiers non saprei cosa scegliere, di sicuro la loro forza maggiore stava nei magnifici costumi viscidi/pelosi e nel rifiutare orgogliosamente la CG allora grossomodo ancora interessante da esplorare. Si è poi fatto poi mezzo mondo di horror, parecchio inglese, portandosi a casa grosse quantità di mostri e protesi.Ha esordito come regista qualche anno fa con il discreto The Seasoning House, un po’ improbabile nella vicenda ma sufficientemente crudele e vendicativamente giusto da mettere in secondo piano la sospensione all’incredulità, un rape & revenge che appagava certi bisogni di rivalsa con la brutalità incisiva dei primi tentativi di quarant’anni fa.E ora torna con Howl, che suggerisce il tema mannaro sin dal titolo abbastanza esplicativo, e quello che mi domando, ricollegandomi all’inizio, è perché un autore con simili fantasie orrorifiche e con uno sguardo così affascinante, seppur legato alla miglior tradizionalità, debba scendere a patti con l’immaginario classico dell’orrore: perché limitarsi al licantropo quando, con la bella idea che traina Howl, lo scatenarsi delle mostruosità poteva essere elemento ancora più potente?
Forse perché i suoi lupi mannari trascendono l’archetipo e Hyett li raffigura come bestioni alti più di due metri, un incrocio colossale tra uomo e mostro, con dentature smisurate e mascelle che si spalancano disarticolate. Una visione moderna è infatti quello che si chiede di fronte a simili vicende, un po’ come i vampiri di 30 giorni di buio, che riportavano la ferocia senza compromessi a una creatura spenta tra troppi romanticismi adolescenziali e arroganze nobiliari, o gli zombi corridori con cui Zack Snyder riconfigurava i morti viventi nel remake di Dawn of the Dead. Hayett non rielabora il licantropo ma lo pianta in un primo piano veramente mostruoso e incessante: il mostro fa la sua comparsa dopo venti minuti e rimane una costante mortale, riempie lo schermo e azzanna con una violenza animale genuina. È quindi un poco, se così posso definirlo, davvero notevole, è uno svecchiamento di pochi dettagli, un togliere la polvere e qualche pelo bianco in favore di più disumanità pura e brutale.Non è quindi più questione di lupi mannari, Howl è una storia di mostri e la potenza visiva è roboante, è distruttiva, l’archetipo passa in secondo piano e contro lo schermo si staglia una creatura (be’, tante creature) che ha parecchi motivi di esistere oggiogiorno e farsi ricordare.Howl (2015)
Al resto pensa una storia strutturata con gran mestiere, la sarabanda di personaggi intrappolati (in questo caso in un treno deragliato in mezzo ai boschi) è cosa sempre apprezzata in un film d’assedio, e qui Hayett sfoggia piacevoli contrapposizioni caratteriali utili a colorire la vicenda: alleanze, simpatie e conflitti nascono, sfumano e si frantumano in un saliscendi comodo ma d’acciaio. Lui protagonista timido e impacciato che deve tirare fuori l’energia si contrappone a un imprenditore donnaiolo ed egoista mentre ai lati vengono sfoggiati vecchi timorosi e donne in un qualche modo represse che solo grazie alla situazione riescono finalmente a essere loro stesse. Ma non importa che siano caratteri semplici, la sensibilità UK li definisce elegantemente, tra humor sempre brillante e situazioni sfavorevoli con cui scontrarsi ogni personaggio intraprende un bel percorso ed è facile entrare in empatia, tanto che nella consueta mitragliata di decessi un po’ si soffre per ogni singola dipartita improvvisa. Sì, Howlè un film di mestiere, ma ha carattere, è solido ed è ben bilanciato: ultimamente è raro, almeno qui su Minchiam, parlare di bilanciamento, negli horror di cui ho scritto c’è sempre qualcosa che prevale e nasconde sotto il tappeto gli aspetti più disgraziati, ma qui Hyett ha messo su un teatrino di mostri semplice ma preciso, classico ma raffinato, ed è questo che fa la differenza.

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