Hugo Cabret
Creato il 20 aprile 2013 da Mattia Allegrucci
@Mattia_Alle
Italoamericano ormai votato al grande cinema di genere, Martin Scorsese è sempre stato uno dei portavoce del noir, quello della storia ambientata per le strade, quello dove il marcio è sia fuori che dentro l'essere umano, quel tipo di cinema sporco e fastidioso tanto affascinante quanto introspettivo. Eppure, come tutti i grandi autori, anche a lui piace esplorare nuovi orizzonti e tentare strade diverse, cercando di dare una propria personalissima visione della settima arte seguendo anche altri percorsi. Per la prima volta si tuffa nel genere fantastico e si affaccia ad un pubblico di più piccoli ai quali generalmente le storie di Scorsese non sono consigliate, e lo fa portando all'interno del genere tutto il suo grande stile e omaggiando uno dei primissimi artigiani della macchina da presa nella maniera più elegante e raffinata, dandogli innanzitutto la fisionomia di Ben Kingsley (di ritorno da Shutter Island) e rendendolo protagonista tanto quanto il piccolo Asa Butterfield. Assieme a loro l'ormai onnipresente Chloe Moretz, sempre più brava e sempre più convincente, che affianca il giovane Hugo in un'avventura all'interno di una stazione dove convivono Sacha Baron Cohen, il compianto Richard Griffiths e il poco presente ma sensazionale Christopher Lee. Tratto dal romanzo di Brian Selznick e scritto da John Logan, Hugo Cabret è una pellicola che avvicina il pubblico dei più piccoli al mondo del cinema, guidandoli attraverso un pezzo di storia della cinematografia che va dai fratelli Lumiére fino a Georges Méliès, raccontandogliela in modo che possano appassionarsi ad essa grazie alla sfarzosa messa in scena sì digitale, ma comunque realistica e naturale, ripresa con una capacità e uno stile ormai consolidati. Un plauso va anche all'ottima fotografia di Robert Richardson, capace di stupire e di dare una marcata enfasi sia alle scene di spettacolo che a quelle più introspettive. Scorsese prende inoltre la forte e saggia decisione di non abbandonare mai i suoi personaggi per favorire la tecnica, ma racconta entrambe le cose insieme, mettendo in mostra le frustrazioni di un orfano costretto a vivere all'interno di una stazione fatta di persone che non sanno della sua esistenza e di un ex-autore di film costretto ad abbandonare e vendere tutti i suoi sogni pur di sopravvivere in un mondo disastrato dalla guerra. Ci si affeziona ai due protagonisti e si lascia carta bianca al regista, che si sente in dovere di fare breccia nel cuore del pubblico sia col mezzo cinematografico che con quello emotivo-narrativo. Certamente ad un occhio più adulto il risultato finale della pellicola potrebbe sembrare un po' ammiccante e facilone, ma se si analizza bene questo film si noterà che è tutto tranne questo. Se riflettete attentamente, scoprirete che non c'è un cattivo da odiare e che ogni personaggio si comporta semplicemente in base al suo passato e a ciò che ha vissuto precedentemente, creando così un coro di voci ognuna con la propria visione della vita, tutte giuste poiché tutte basate su background differenti. Premiato a livello tecnico su tutti i fronti, questo è un vero e proprio omaggio al Cinema di un tempo, ma anche una grande pellicola che si discosta molto dalle classiche avventure fantastiche che vorrebbero propinare ai bambini di oggi e, nonostante i leggeri punti deboli alla sceneggiatura, il risultato è più che convincente. Ce ne fossero di più, nelle sale, di Hugo Cabret.
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