Tutte queste cose sono raccontate, bene, in Hugo Cabret da Martin Scorsese, un regista che - non c’è certo bisogno che lo dica io - ha una cultura cinematografica immensa e che, ad esempio, prima dell’inizio delle riprese di un suo film dà sempre ai suoi attori qualche film da vedere e da studiare per prepararsi alla parte. Come un bravo professore che si rispetti.Se Scorsese è bravo a raccontarci la storia, giusto un po’ romanzata, di Georges Méliès, sarà anche il regista più adatto a raccontarci quello che era, e che è ancora, il grande fascino del cinema di Méliès?
Andiamo a scoprirlo…
Hugo Cabret(USA 2011)Regia: Martin ScorseseCast: Asa Butterfield, Chloe Moretz, Ben Kingsley, Helen McCrory, Sacha Baron Cohen, Emily Mortimer, Jude Law, Christopher Lee, Ray Winstone, Richard Griffiths, Michael Stuhlbarg, Martin Scorsese, Michael PittGenere: cine-fiabescoSe ti piace guarda anche: Harry Potter, A.I., Big Fish, Ember - Il mistero della città di luce
Si può immaginare un regista più lontano da Georges Méliès di Martin Scorsese?
"Che impresa sfuggire all'occhio vigile di quel furbone di Borat!"
Difficile, considerando come Scorsese si sia finora tenuto a parecchie distanze dal cinema fantastico, preferendo immergersi in un iperrealismo più da incubo che da sogno. A livello cinematografico, il regista italoamericano è un virtuoso, un fuoriclasse della macchina da presa, dei movimenti vorticosi, come ci tiene bene a sottolineare subito nell’apertura di questo Hugo Cabret, con una spettacolosa carrellata in avanti della stazione ferroviaria in cui gran parte del film è poi ambientato. Oppure nei rocamboleschi inseguimenti tra il piccolo protagonista e un odioso Sacha Baron Cohen, a metà strada tra slapstick comedy e Tom e Jerry, o anche tra Benny Hill Show e Mamma ho perso l’aereo.Georges Méliès invece la telecamera si limitava a tenerla fissa, anche perché con i pesanti mezzi dell’epoca non è che si potesse fare altrimenti, e costruiva degli affascinanti quadri animati. Non potendo contare sui movimenti di macchina, i giochi di illusione del regista illusionista venivano creati attraverso il montaggio, di cui è considerato il padre. Anche perché se aspettavamo i Lumiere… bon voyage!A livello stilistico il regista italoamericano e il suo cugino francese non c’entrano una beneamata mazza l’uno con l’altro. Cosa che comunque rende la sfida ancora più interessante e stimolante, sebbene il candidato ideale per portare oggi sullo schermo la figura di un Méliès sarebbe stato un certo altro regista…"Questo automa per caricare un'immagine ci mette più di una connessione 56k!"
Ma mentre Steven Spielberg è troppo impegnato a fare all’amore con i cavalli, ecco che il buon Martin Scorsese gli ha bagnato il naso e ha realizzato il film che ci saremmo aspettati dal papà di E.T. e non da lui.È di certo apprezzabile il tentativo di Marty McFly Scorsese qui in versione viaggiatore nel tempo di tuffarsi in una Parigi degli anni ’30 e raccontarci una fiaba dal sapore antico, ben lontana da tutto il resto del suo cinema, facendosi ispirare dal romanzo illustrato La straordinaria invenzione di Hugo Cabret di Brian Selznick. Un rinnovamento che fa piacere per la voglia di cambiare del regista sulla soglia dei 70 anni, ma allo stesso tempo il risultato è deludente piuttosto che no.La prima parte in particolare è di scarso interesse ed è un’oretta buona di pellicola buttata via. Hugo Cabret è infatti il solito orfanello dickensiano che ha da poco perso il padre, un Jude Law che sembra uscito dritto da A.I. Intelligenza artificiale e che lavorava a un misterioso automa che ricorda L’uomo bicentenario con Robin Williams. Rimasto con uno zio (ovviamente) ubriacone (ovviamente) menefreghista e che a breve (ovviamente) sparisce, Hugo vive da solo all’interno della stazione di Parigi, dove per sopravvivere si arrangia come può.Ovvero? Si prostituisce?"Martin? Chloe? Beeen? Aiutoregistaaaa? Camerameeeen?
Hey, io sono ancora qui... qualcuno mi aiuta a scendere?"
Adesso dirò una cosa in stile vecchio che rimugina sul passato e su come erano belli i bei tempi andati. Parlerò come il mio blogger rivale Mr. James Ford, insomma. Uno dei problemi dei film per ragazzi di oggi è che sono quasi del tutto privi di ironia. Si prendono troppo sul serio, da un Harry Potter precisetti che sembra gli abbiano infilato una scopa volante su per il culo a tutte le varie altre saghe teen fantasy in cui l’assurdità delle situazioni di rado viene alleviata da una sana risata.Se invece andiamo indietro nel tempo, non fino agli anni ’30 francesi di cui sembrano essere in fissa tutti i registi americani settantenni, ma indietro solo fino agli anni ’80, possiamo prendere come esempio I Goonies: tra Chunk e Mouth c’era da ammazzarsi dalle risate con ben due personaggi due. In un film come Hugo Cabret il simpatico umorista di turno sarebbe Borat in versione accalapia-orfani?Bambinetti di oggi, non vi invidio proprio.
"Che figata, 'sto film di Scorsese! Come si chiama?"
"Taxi Driver."
Tutta la prima parte, molto fanciullesca, lascia quindi il tempo che trova, perfetta per una visione natalizia ma poco altro. Più che un omaggio al cinema di una volta, sembra un tributo alle pellicole fantasy Harry Potter style che vanno forte oggi (e infatti non a caso un paio di attori potteriani ce li ritroviamo pure qui dentro).
Le cose per fortuna vanno un po’ meglio nel secondo tempo, quando finalmente i riflettori si accendono su Georges Méliès e sulla sua storia.È qui che il film ci regala i momenti migliori. Tutti le scene più magiche della pellicola sono quelle legate al regista francese, dalle animazioni dei suoi schizzi che si animano letteralmente, alle fantasmagoriche scenografie dei suoi set ricreate dai “nostri” Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo. Delle 11 nomination regalate dagli Oscar a questo film, quella per le scenografie è l’unica che appare davvero giustificata (ma, se vogliamo, ci possiamo mettere dentro anche quella agli effetti speciali). Le altre candidature sono invece regali puri tipici dell’Academy, compresa quella alla stucchevole colonna sonora francesizzante di Howard Shore. Sì, proprio l’autore delle musiche inquietanti del Silenzio degli innocenti che qui si è impegnato per suonare come una brutta copia della soundtrack di Amélie.Per il resto, l’unica magia compiuta da Scorsese con questa pellicola è quello di aver convinto l’Academy Awards di aver realizzato qualcosa di grandioso, quando invece per lunghi tratti questo film è una semplice favoletta, arricchiata giusto da qualche riuscito omaggio cinematografico sparso qua e là: da Preferisco l’ascensore con la nota scena delle lancette (già citata peraltro, e in maniera molto più avvincente, in Ritorno al futuro) all’arrivo del treno dei Lumiere rivisitato in versione 3D. Che secondo me è l’unico vero motivo per cui Marty McFly Scorsese ha voluto girare questa pellicola in tre dimensioni.
Ne è uscita insomma una visione carina fin che si vuole, che però presenta anche delle notevoli lacune.Cosa manca al film di Scorsese? L’ILLUSIONE. Cos’altro manca? LA MAGIA. Cosa si è dimenticato di inserire? IL TRUCCO. E poi? L’INVISIBILE AGLI OCCHI. Ma il peccato principale del film è un altro. Ha fallito di raccontare per davvero uno dei più grandi geni nella storia del cinema, la cui storia ci viene sì presentata con diligenza, ma senza riuscire a ricreare in pieno il misterioso fascino che opere come Les Voyage dans la Lune sprigionavano.La cosa pazzesca di quei film è che sapevano sorprendere. Gli spettatori dell’epoca, così come quelli di oggi. La pellicola dello Scorsese nonnetto capretto invece non sorprende. Mai. Tutto è prevedibile, scontato, già visto. Ogni scena, così come ogni “colpo di scena”. Non bastano certo i camei suoi o di Michael Pitt per far gridare di stupore.E poi io avrei voluto un film tutto sul grande regista francese, anziché su un bambinetto di scarso interesse.Viva Georges Méliès, abbasso Hugo Cabret!(voto 6+/10)
Dopo la delusione cabrettiana, aspettiamo allora di vedere la versione restaurata di Viaggio nella Luna - Le Voyage dans la Lune, con tanto di splendida colonna sonora firmata dagli Air e già presentata allo scorso Festival di Cannes.
Anche se l’omaggio migliore alla poetica, o per meglio dire alla magia del Méliès, resta sempre uno dei videoclip più belli mai realizzati: “Tonight, Tonight” degli Smashing Pumpkins, girato da Jonathan Dayton e Valerie Faris (futuri registi di Little Miss Sunshine). Quattro minuti che da soli valgono molto più di tutte le due ore del capretto.