Hungry Hearts
di Saverio Costanzo
con Adam Driver, Alba Rorhwacher
Italia, 2014
genere, drammatico
durata, 118'
L’incipit di un film, alle volte, può avere lo stesso valore
del prologo di un testo teatrale. E l’apertura di “Hungry Hearts” difatti, costituita
da una sequenza con inquadratura unica della durata di cinque minuti e più,
sembra già celare dietro l’apparenza di commedia francese l’impaziente
inquietudine che verrà a galla nel corso della narrazione. È un avvio quasi
letterario quello che Saverio Costanzo sceglie per il suo quarto
lungometraggio, caratterizzato quindi da un’ambizione – e dunque da un livello
di rischio – non indifferente.
La storia narra della relazione tra Mina e Jude, relazione
che si incrinerà irrimediabilmente dopo l’arrivo del figlio, vista l’ossessione
da parte della madre nel non far mangiare il figlio, facendogli quindi
rischiare la morte per malnutrizione.
Se il regista nel suo percorso cinematografico aveva già
passato l’esame della messa in scena, si trova ulteriore conferma della sua
indiscutibile abilità estetica, qui caratterizzata dall’uso delicato di una
camera a mano sempre pronta a seguire movimenti e micro-espressioni dei
personaggi. Mentre la struttura drammaturgica regge in parte il gioco,
nonostante la mancanza di contenuti e le numerose dissolvenze che vanno ad
evidenziare i solchi temporali presenti all’interno dell'impianto narrativo – scelta questa
che rischia di far perdere la carica emozionale dell’avvio a conclusione – la reale
problematica del film sta nell’interpretazione di Alba Rohrwacher che, assolutamente
non all’altezza del compagno di scena, oltre a non riuscire nel trovare un’interessante
modulazione della voce, offre un’interpretazione monodimensionale privando il
proprio personaggio della complessità che invece avrebbe richiesto e che
avrebbe sicuramente dato al film uno slancio maggiore.
Va comunque detto che “Hungry Hearts” dev’essere visto se
non altro per il coraggio col quale Costanzo ha tentato un’operazione almeno
negli intenti poetica e disperata, e non è cosa da poco.
Antonio Romagnoli