Magazine Cinema
Hyouteki mura (標的村, The Targeted Village). Regia: Mikami Chie. Documentario. Durata: 91 minuti. Anno: 2012. Yamagata International Documentary Film Festival 2013.
Le proteste contro la presenza delle basi americane sono presenti nel tessuto sociale di Okinawa fin dal 1972, data della riannessione al Giappone dell’isola e dell’arcipelago che la comprende. In ambito cinematografico si è vista la resistenza della popolazione alle basi statunitensi fin dal ciclo di documentari diretto da Kamei Fumio negli anni 50'. Negli ultimissimi anni, però, con la decisione di spostare quella che è la base più grande, quella di Futenma, probabilmente in una zona a nord dell’isola, e con l’annuncio dell’acquisto dei famigerati elicotteri Osprey, ritenuti molto pericolosi per la popolazione civile che abita vicino alle basi, il sentimento di rabbia degli abitanti di Okinawa è tornato ai livelli più alti. The Targeted Village è un documentario prodotto dalla Ryukyu Asahi Broadcasting Corporation e diretto dalla giornalista Mikami Chie, originato da una serie televisiva, che in 91 minuti ci racconta la resistenza di un piccolissimo villaggio di appena 160 persone, Takae, situato proprio in vicinanza delle zone scelte per costruire sei nuovi eliporti militari americani. La decisione di costruire degli eliporti tramite un accordo fra il governo giapponese e quello degli Stati Uniti risale al 1996 mentre l’inizio dei lavori era stato fissato nel 2007, poi posticipato al 2008a causa delle proteste degli abitanti. Il documentario, girato in modo tradizionale con una voce narrante che ci spiega i fatti e gli accadimenti, è strutturato come un lavoro "ideologico", nel senso più positivo del termine, è cioè tutto strutturato attorno all'idea di rivelare un qualcosa che i media tradizionali tengono nascosto o a cui non danno troppa importanza: la resistenza degli abitanti del piccolo villaggio ed i loro tentativi di ostacolarne la costruzione. Il cuore del film riguarda l’elemento di novità rispetto alle altre proteste avvenute sull’isola e cioè il fatto che nel 2010 il governo giapponese decide di intentare una causa a due residenti di Takae, rei di aver ostacolato i lavori di costruzione degli eliporti. Una mossa che il film denomina SLAPP (strategic lawsuit against public participation), un’arma di intimidazione che in altri paesi di solito è illegale e anche qua costituisce un caso eccezionale visto che lo stato, che dovrebbe rappresentare i cittadini, praticamente fa causa ad uno dei suoi membri. Particolarmente toccanti sono le scene in cui la folla che protesta si confronta direttamente la polizia venuta a sgomberla e con gli operai pronti a costruire, un faccia a faccia dove, soprattutto le donne, si rivolgono all’individuo e non al gruppo che rappresenta. Sono scene che ricordano quelle girate dalla Ogawa Production a Sanrizuka a cavallo fra gli anni sessanta e settanta nel ciclo di documentari che presentano le lotte di contadini e studenti contro la costruzione dell’aeroporto di Narita. Nel corso dell’opera, poi - e qui il documentario diventa un'opera di riflessione e rivelazione storica - emerge attraverso la testimonianza di alcuni anziani la sconcertante verità che durante la guerra in Vietnam le forze militari americane, per esercitarsi ad attaccare i villaggi di quel paese, pagavano gli abitanti di Takae, comprese donne e bambini, per abbigliarsi da vietnamiti e diventare bersaglio dei loro finti attacchi. The Targeted Village è un documentario che pur non rappresentando stilisticamente niente di particolarmente nuovo o cinematograficamente all’avanguardia, è un ottimo esempio di videogiornalismo e come tale ha scosso molte coscienze nelle varie ed affollatissime proiezioni a Tokyo e Osaka dove per poche ore gli spettatori si sono sentiti più vicini agli abitanti di Okinawa. [Matteo Boscarol]
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