Magazine Cinema

i 12 film italiani più belli di sempre (secondo me)/ posizione #1

Creato il 04 aprile 2014 da Luigilocatelli

Bene, ecco svelato il vincitore, il mio personale numero 1. Come ho già scritto, ho deciso di inserire nella lista solo un film per autore per evitare l’affollamento su pochi nomi. Diciamo che Otto e mezzo sta anche per altri Fellini (La dolce vita, Satyricon), Rocco e i suoi fratelli per altri Visconti (Il gattopardo, Senso) e così via. Non ce l’ho fatta a far entrare autori come De Sica, Elio Petri, Olmi. Magari prossimamente allungo la lista fino al 20° posto e allora qualche recupero eccellente sarà possibile.

1) L’eclisse di Michelangelo Antonioni (1962).

i 12 film italiani più belli di sempre (secondo me)/ posizione #1
Amo follemente (e i tanti che lo detestano penseranno: irragionevolmente) Antonioni. Sul fatto di mettere al primo posto di questa classifica un suo film non ho mai avuto dubbi. Ma sono stato indeciso fino all’ultimo tra L’avventura e L’eclisse, entrambi enormi. Poi ho scelto il secondo. L’ho rivisto non molto tempo all’Oberdan-Cineteca di Milano, e ne sono rimasto impressionato. La sensazione è di trovarsi di fronte a un film assoluto, di quelli che hanno fatto la storia del cinema e l’hanno cambiata per sempre. È per Antonioni il terzo capitolo della trilogia sull’alienazione e il mal di vivere, dopo L’avventura e La notte, e di tutti è il più radicale, quello che codifica, fissa definitivamente, il suo stile e la sua visione di cinema e ne fa un modello per generazioni e generazioni di cineasti a venire, fino ai giorni nostri (l’antonionismo, amato o esecrato, continua a rispuntare ovunque, dal cinema sudamericano a quello asiatico, i primi nomi che mi vengono in mente sono Pablo Larrain e Tsai Ming-Liang). Come raccontare L’eclisse, che della non-raccontabilità, della disgregazione di ogni facile coerenza e sequenza narrativa, fa uno dei suoi segni distintivi? A importare è soprattutto l’immersione di personaggi, eternamente dilaniati da tormenti di cui non capiamo e non ci viene spiegata la ragione, in paesaggi di moderna, razionalistica e irrazionale desolazione. Paesaggi soprattutto urbani, fotografati ovviamente in bianco e nero (il colore per Antonioni arriverà solo con Deserto rosso, qualche anno dopo) per essenzializzarne i tratti, che si dispiegano anonimi e asettici e crudeli, contenitori delle dis-avventure di personaggi che li percorrono catatonici e inconsapevoli, e però sofferenti. Paesaggi che narrano, raccontano essi stessi e si fanno personaggi e funzioni narrative, e personaggi-umani che in quei deserti, in quelle terre di nessuno si pietrificano, scarnificano, diventano cose, oggetti. In L’eclisse, come sempre nel maggior Antonioni, un lampione che si accende in una strada deserta sa dirci quanto un primo piano di Monica Vitti. La musa inquietante, colei che sul proprio volto e nei propri gesti di lucida follia traduce, esprime, incarna e disincarna il punto di vista del suo mentore, è ovviamente anche qui, e il film sarebbe impensabile senza di lei, con lei si identifica, lei e il film si confondono e si assorbono a vicenda. Vitti è Vittoria, una donna delusa dal suo amante (un torvo Francisco Rabal, allora molto presente nel cinema d’autore europeo), che all’alba lascia un moderno palazzo in una qualche parte della Roma contemporanea, e passeggia catatonica, fa qualche incontro, si guarda intorno (e sullo sfondo vediamo il Fungo, strana, quasi atomica e aliena architettura che di questo film è uno dei simboli). Ne conosceremo la madre, una Lilla Brignone posseduta dal demone del gioco in borsa, e che vince e perde, soprattutto perde, in una Borsa che è quella, microscopica, di Roma, con quattro ossessi che urlano, il su e giù del listino minuscolo e un piccolo emiciclo che, a vederlo oggi, vien da sorridere confrontandolo con templi della speculazione come Wall Street o un qualsiasi Stock Exchange asiatico. Piero, un Alain Delon all’apice della sua allarmante, pericolosa bellezza, è un ragazzo ambizioso, cinico e brillante che si occupa di investire i soldi dei risparmiatori, quelli della madre di Vittoria compresi. Vittoria si fa sedurre da lui, o forse no, ci sta, si ritrae, scappa, cammina per le strade, finchè si ritrovano. La loro passeggiata in quella Roma moderna è indimenticabile, la macchina da presa si muove come nella contemporanea (al film) modern-dance, con rigore e nettezza chirurgica, tracciando con gli interminabili piani sequenza e gli altri movimenti una immaginaria tela astratta. Sì, cinema astratto, quello di Antonioni, ma non per questo glaciale. Cinema palpitante invece, che ci commuove quanto più ha il pudore di evitare ogni eccesso sentimentale, ogni pieno emozionale. Il malessere di Vittoria, di cui non capiamo e sappiamo, ci trafigge e ci coinvolge. Non mancano strani, incongrui momenti quasi da commedia, come se questi personaggi pietrificati avessere necessità di un nuovo soffio vitale per non perdersi irrimediabilmente nel nulla, scene come quella in cui Vittoria si dipinge faccia e corpo di nero e si veste, si trucca e traveste da danzatrice africana, e ci sembra già di vedere la Monica Vitti commediante della seconda parte della sua carriera, quella che la porterà ai grandi successi popolari di La ragazza con la pistola e Dramma della gelosia. La parte finale, una sequenza interminabile di inquadrature su oggetti, dettagli, scorci e squarci metropolitani, una specie di sinfonia visiva sul vuoto e il nulla, è semplicemente sensazionale, pura invenzione di un nuovo cinema. Ancora oggi la si guarda, la si ammira, la si copia.

Classifica finale (cliccare per leggere la scheda del film)

1) L’eclisse
di Michelangelo Antonioni (1962)
2) Fellini 8 e mezzo
di Federico Fellini, 1963
3) Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, 1960
4) Viaggio in Italia di Roberto Rossellini, 1954
5) Teorema di Pier Paolo Pasolini, 1968
6) Il conformista di Bernardo Bertolucci, 1970
7) Io la conoscevo bene di Antonio Pietrangeli, 1965
8) I mostri di Dino Risi, 1963
9) Per un pugno di dollari di Sergio Leone, 1964
10) Gli uomini, che mascalzoni… di Mario Camerini, 1932
11) Suspiria di Dario Argento, 1977
12) Piccolo mondo antico di Mario Soldati, 1941


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :