Seguirà a breve il n. 1. Avvertenza: ho scelto solo un film per autore.
2) Fellini 8 e mezzo di Federico Fellini, 1963.
Quando l’han dato in versione restaurata lo scorso novembre al
Torino Film Festival, c’era fuori un fila che non finiva più, centinaia e centinaia di ragazzi che ne avevan sempre sentito parlare, ma mai l’avevano visto in sala. La visione (per quanto mi riguarda, non so più a quante sono arrivato) ha confermato come questo, signori, resti uno dei vertici del cinema di sempre, e mica solo italiano. Ancora ai primi posti nelle classifiche dei più grandi film della storia stilate dai vari critici e cinemaniaci di ogni parte del mondo, insieme a
Citizen Kane di
Orson Welles (oddìo, sempre che a votare sia gente non proprio giovanissima, ché le ultime e penultime generazioni cinefile tarantinizzate e pulpizzate e assatanate di B-movies, van su altri lidi e titoli). A
Venezia il settembre 2012 l’iraniano della diaspora Amir Naderi, nel suo meraviglioso
Cut (visto nella Sezione Orizzonti), disperata dichiarazione di amore per il cinema, metteva Fellini
Otto e mezzo in seconda posizione tra i suoi favoriti di ogni tempo. Che dire di un film così? Intendo, di un film totem che continua a influenzare cineasti di ogni risma e latitudine? Rivedendolo oggi risulta non simpaticissimo (come peraltro nel musical-remake
Nine) il protagonista così sfacciatamente alter ego di Fellini, un regista viziato e imbelle, di un narcisismo implacabile e insopportabile. Anche l’asse narrativo – costruito sull’autore egoriferito che per noia, inettitudine, crisi di ispirazione fugge dal set e si rifugia alla terme a cullare le sue ossessioni e i suoi
fantasmi – qualche fastidio nello spettatore lo suscita. Ma il coro intorno, quello delle molte donne, o della microfauna della Cinecittà-Hollywood sul Tevere, è fantastico, e ci si appassiona alla moglie tradita e dignitosa e poi incazzata (Anouk Aimée), all’amante volgare ma di buon cuore (Sandra Milo, iconizzata da questo ruolo per sempre).
Otto e mezzo sbalordisce ancora per la forza visionaria di Fellini, per la composizione barocca e sfrenata delle immagini (vogliamo parlare del colloquio nel bagno turco, tra i vapori da oltremondo, con il cardinale? o della celeberrima sequenza dell’harem con il protagonista-domatore? o dell’esibizione del mago-guitto nella stazione termale, probabile citazione di
Mario e il mago di Thomas Mann? o della
sarabanda finale, trascinante e di una bellezza che ancora ci commuove?). Insomma, un film che alchemicamente transustanzia anche il banale in qualcosa di sfavillante e
sublime. Mastroianni è Mastroianni, cioè al massimo della sua seduttiva indolenza, che riesce a essere Fellini più di Fellini stesso. A crescere oggi, rispetto alla visione che se ne ebbe allora quando il film uscì, è Claudia Cardinale, di una bellezza perfetta, di una dolcezza e femminilità come non esistono più. Vedere e rivedere, amare e riamare.
Classifica parziale (cliccare per leggere la scheda del film)
2) Fellini 8 e mezzo di Federico Fellini, 1963
3) Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, 1960
4) Viaggio in Italia di Roberto Rossellini, 1954
5) Teorema di Pier Paolo Pasolini, 1968
6) Il conformista di Bernardo Bertolucci, 1970
7) Io la conoscevo bene di Antonio Pietrangeli, 1965
8) I mostri di Dino Risi, 1963
9) Per un pugno di dollari di Sergio Leone, 1964
10) Gli uomini, che mascalzoni… di Mario Camerini, 1932
11) Suspiria di Dario Argento, 1977
12) Piccolo mondo antico di Mario Soldati, 1941