Intendiamoci, non i film peggiori dell’anno, ma quelli in cui si è realizzata la maggiore distanza tra il loro valore reale e il valore percepito, e loro assegnato, da pubblico e critici. Al primo posto il film con lo spread più alto.
‘Nymphomaniac’ (c’è, ma non al primo posto)
15) Maps to the Stars di David Cronenberg
Ottimamente accolto a Canes, dove Julianne Moore avrebbe poi vinto il premio come migliore attrice. Ha ottenuto scarsi incassi, ma è finito in molte delle liste più illustri dei migliori film del 2014. Certo, mica è una bufala, ci mancherebbe, e il senso di Cronenberg per il perverso e il freak c’è tutto. Ma in my opinion trattasi di una dark&black comedy su Hollywood alquanto datata, fuori tempo massimo di almeno vent’anni.
14) Io sto con la sposa di Gabriele del Grande, Khaled Soliman Al Nassiry, Antonio Agugliaro.
Piccolo film indipendente italiano lanciato a Venezia e poi ottimamente accolto dal pubblico. Un successo inatteso (e non sarò certo io a dolermene). Brillantissima trovata narrativa iniziale, peccato che poi non succeda niente per tutto il film. Paradossalmente Io sto con la sposa rischia di confermare quello che invece vorrebbe tenacemente denunciare e combattere, mostrandoci come le frontiere d’Europa siano porose e facilmente valicabili dai clandestini. Altro che barriere insormontabili.
13) Nebraska di Alexander Payne
Per carità, decorosissimo. Solo che di film così, con maschi on the road variamente solidali e/o conflittuali tra di loro, Payne ne aveva già realizzati, e anche meglio di questo. Oltretutto in un bianco e nero fastidiosamente arty.
12) Cavalo Dinheiro di Pedro Costa
Non ho capito quando l’ho visto a Locarno come questo nebuloso, estenuante film-sudoku, oltretutto di esasperante vetero-terzomondismo, sia stato scambiato per un capolavoro.
11) Anime nere di Francesco Munzi
Salutato a Venezia da molta stampa italiana come un’opera di massimo livello (si son lette cose tipo: ‘sicuro candidato al Leone’, ma quando? ma dove?). Dignitosissimo, ben girato. Ma con tanti di quei cliché su mafia, ‘ndranghetra, Sud, Aspromonte ecc. che la metà basterebbe.
10) Belluscone di Franco Maresco
Massimo rispetto per Maresco. Ma era proprio il caso di gridare al capo d’opera (il tam tam era cominciato addirittura prima della proiezione) per questo film privo di un centro di gravità e di un punto di equilibrio? Composto almeno da tre film diversi (almeno). Con solo una parte davvero interessante, quella del piazzista di cantanti neomelodici.
9) We are the best! di Lukas Moodysson
L’ho visto in parecchie liste chic sui best movies of the year, e non capisco. Un filmuccio alla Moodysson finto-ribelle e finto-trasgressivo che è poi nient’altro che un Piccole donne punk.
8) Torneranno i prati di Ermanno Olmi
Olmi è davvero un maestro da venerare. Però questo film, tratto peraltro da un racconto che già aveva ispirato un episodio di I ponti di Sarajevo, ci consegna della prima guerra mondiale una visione assai convenzionale.
7) I toni dell’amore (Love is strange) di Ira Sachs
Pensare che i Cahiers, dico i Cahiers, l’han messo nella loro top ten 2014. Anche qui, non capisco. Il formidabile quarto d’ora finale non basta a riscattare un film (su una coppia gay di lunga durata) melenso e politicamente, asfissiantemente corretto.
6) 20.000 Days on Earth di Iain Forsyth e Jane Pollard
Ritratto di Nick Cave apparentemente assai distante dal genere biopic-con-musiche, con alla regia una coppia di artisti visuali che mostrano di saperci fare, eccome. Ma nulla possono contro il debordante ego del protagonista che, senza darlo troppo a vedere (il nostro c’ha classe da vendere), si autoerige un monumento. Anche perché questo film su se stesso se l’è prodotto lui con la moglie.
5) Pride di Matthew Warchus
La santa alleanza tra gay e minatori contro la strega Thatcher. Un film irresistibile, con i buoni tutti di qua e i cattivi tutti di là. Come nelle fiabe. Come nei racconti orali. Temo però che questo film enfatizzi alquanto un’alleanza che, se ci fu, non fu così determinante e centrale.
4) Nymphomaniac di Lars Von Trier
Lars ha fatto di meglio. Parti sublimi, come no, ma anche una smania di citazioni altolocate che sfiora il namedropping cultural-accademico. Il guaio vero è che non si costruisce mai una storia coerente, mai una narrazione, solo stazione isolate e autonome, e irrelate, di un percorso (di un calvario?) che non c’è.
3) La mafia uccide solo d’estate di Pif
(Uscito nel novembre 2013, lo metto in elenco perché è quest’anno che è esploso) Lo spread tra valore reale e valore percepito comincia qui a farsi grosso. Film garbato e tutt’al più carino, con ampie zone diciamo così irrisolte, e però accolto da scroscianti applausi, premiato di qua e di là, recentemente perfino agli Efa. Mah.
2) Il sale della terra di Wim Wenders e e Juliano Ribeiro Salgado
L’ho detestato, l’ho trovato equivoco. Non si mettono in bella fotografia e in bel cinema la miseria, la sofferenza. Non si fa, ecco.
1) Gone Girl (L’amore bugiardo) di David Fincher
Tutta la sapienza direttoriale di David Fincher messa al servizio di una storiaccia piena di incongruenze, dove l’effetto la vince sempre su ogni buon senso e ogni verosimiglianza. Per carità, lo si segue senza un attimo di noia, ma non prendiamolo sul serio, ecco.