Perché aspettiamo per qualsiasi cosa? Perché non afferriamo immediatamente il piacere? Quante volte la felicità viene distrutta dalla preparazione, stupida preparazione?
Emma
Jane Austen morì nel luglio del 1817, a Winchester, all’età di 41 anni. Scrivere a quell’epoca non era facile, essere scrittore non lo è mai stato. Ma essere donna e dedicarsi anima e corpo alla letteratura in una Inghilterra attraversata e stravolta in continuazione da ogni sorta di cambiamento sociale, economico e politico si rivelò per Jane un’avventura senza precedenti.
Le trame squisitamente semplici di Orgoglio e Pregiudizio, Ragione e Sentimento, Persuasione, L’Abbazia di Northanger, Emma e Mansfield Park, i sei romanzi che l’hanno resa celebre, non devono trarre in inganno. Sotto il primo velo evidentemente dipinto da una fantasia femminile, quello di una delicata e romantica storia d’amore, si cela infatti un tentativo più ardito di letteratura, un appello accorato rivolto contro una società dominata dal maschilismo che soffocava i sentimenti e la parola della donna.
Il successo della Austen si spiega anche grazie al fatto che si firmasse con uno pseudonimo, in questo caso, come in molti altri, un sarcastico scudo per proteggersi dai luoghi comuni e dai pregiudizi. Ed è proprio Orgoglio e Pregiudizio (20 milioni di copie nel mondo), con la sua appassionata vicenda che lega la testarda Elizabeth Bennet al ricco e misterioso Mr.Darcy a compiere ora 200 anni. Un romanzo, questo, che non si ispira a precedenti capolavori, ma che rappresenta il risultato, il punto di arrivo dell’indagine psicologica, accurata e minuziosa, che l’autrice fa del mondo che in cui visse e in cui scriveva.
“L’orgoglio è un difetto assai comune. Da tutto quello che ho letto, sono convinta che è assai frequente; che la natura umana vi è facilmente incline e che sono pochi quelli che tra noi non provano un certo compiacimento a proposito di qualche qualità – reale o immaginaria – che suppongono di possedere. Vanità e orgoglio sono ben diversi tra loro, anche se queste due parole vengono spesso usate nello stesso senso. Una persona può essere orgogliosa senza essere vana. L’orgoglio si riferisce soprattutto a quello che pensiamo di noi stessi; la vanità a ciò che vorremmo che gli altri pensassero di noi.”
Orgoglio e Pregiudizio
Vivacità e arguzia sono presenti ovunque nei suoi libri. Ogni gesto, parola, sussurro, sorriso, passo dei suoi personaggi è descritto attraverso occhi sinceri e innocenti, ma anche incredibilmente perspicaci. Grazie alle dolci protagoniste dei suoi romanzi, la scrittrice provò che anche le donne potevano trarre enormi e soddisfacenti risultati artistici, e lo fece con tutto il trasporto di cui fu capace. Lei, che sognando meravigliosi lieto fini, non incontrò mai il vero amore della sua vita.
In definitiva quello che distingue un vero classico dagli altri libri non sempre è l’originalità, e mai l’originalità fine a se stessa. Un classico, per essere tale agli occhi di tutti, deve saper cogliere la vera essenza dei fatti, e la profondità dei sentimenti. Leggere Orgoglio e Pregiudizio nel 1800 o leggerlo nel 2013 fa poca differenza, la sostanza è sempre la stessa.
Carlotta Prandi