La premessa è che più ciclabili si fanno e meglio è. Questo è un postulato che funge da regola aurea. L'altro postulato, tuttavia, è che le risorse sono un bene finito (anzi, un bene scarso) e dunque tutt'altro che infinito. Ciò significa che se c'è una disponibilità pari a 100, investendo 100 su un progetto si avrà zero da investire sull'altro progetto.Ecco perché il Grab comincia ora, all'appropinquarsi del Giubileo della Misericordia, ad essere qualcosa di preoccupante. La proposta di per se è interessante e innocua: realizzare (unendo alcune ciclabili già esistenti, adeguando alcune strade e attrezzando alcuni percorsi dentro ai parchi ed alle aree verdi della città) un anello ciclabile di 44 km dedicato ai turisti e ai ciclisti della domenica. Non si capisce come alcune importanti associazioni (VeloLove, Legambiente, Touring Club, Salvaiciclisti ecc) si possano permettere il lusso di pensare ai cicloturisti in una città dove chi va a lavoro, a scuola, a fare la spesa, a cena fuori o ad accompagnare i figli con la bici rischia la vita ad ogni angolo, ma comunque sono affari loro. Sono affari loro finché non arrivano voci di finanziamento. Ed è quello che sta succedendo in queste ore.
In una città dove non esistono ciclabili (vere, non sentieri lungo l'Appia Antica o Villa Ada) urbane e dove non si trovano i soldi per finanziarle, si trovano invece i milioni necessari a produrre un velleitario circuito per chi la bici la usa non per spostarsi da un punto A ad un punto B bensì per girare in tondo divertendosi e pigliando il sole? E' quanto meno un insulto, una visione della ciclabilità datata 30 anni fa, un voltafaccia per i tantissimi ciclisti urbani che ogni mattina per andare a lavoro ed ogni sera per tornare affollano strade che dovrebbero essere dotate di percorsi ciclabili (a danno della sosta selvaggia) e che invece offrono soltanto enormi rischi per l'incolumità, stress, insicurezza.

"Il percorso" dicono sul sito del Grab "si snoda principalmente lungo vie pedonali e ciclabili, parchi, aree verdi e argini fluviali (31,9 km, pari al 72,2% del tracciato). Altri 3,6 km (l’8,1%) si sviluppano su marciapiede che possono facilmente accogliere una ciclabile e 6,8 km (il 15,4%) interessano strade secondarie e a bassissima intensità di traffico. Solo 1.900 metri del GRAB sono attualmente congestionati da un intenso flusso di veicoli motorizzati". Ecco Roma ha bisogno esattamente del contrario, ha bisogno di permettere ai ciclisti di utilizzare le grandi direttrici urbane di penetrazione alla città, ha bisogno della ciclabile su Viale Marconi e su Via Nazionale, della ciclabile su Via Nomentana (storia annosa) e e di quella sulla Circonvallazione Gianicolense e su Viale Trastevere così come di ciclabili su Via Appia, Via Prenestina (forse siamo riusciti ad ottenerla strillando come aquile con il sindaco), Via Casilina e così via.
La città ha bisogno poi di migliaia di km di ciclabili leggere (il modello è questo qui sopra, lo potete trovare su Via Portuense subito fuori Porta Portese) che rappresentano una svolta benefica enorme per il traffico urbano: costano pochissimo, riducono o eliminano lo spazio per la sosta selvaggia, rendono la strada più facile da pulire per Ama, trasformano le auto in sosta da fastidio a opportunità di sicurezza. Con i soldi (4 milioni) necessari a fare i 44 km totalmente inutili (se non per qualche turista, ma ne dubitiamo) del Grab si potrebbero portare a termine 400km di ciclabili leggere.
1. ignora il piano quadro della ciclabilità
Dopo anni di calvario Roma ha approvato nel 2012 un Piano Quadro della Ciclabilità. Un documento ufficiale che dice dove vanno e non vanno fatte le ciclabili in città e ne prevede diverse centinaia di chilometri. Invece di attuare il Piano Quadro, che non è il massimo della vita (è molto poco coraggioso) ma potrebbe cambiare in meglio la faccia di una città disegnata per le macchine che manco Los Angeles negli anni Settanta, si pensa a nascondere i ciclisti a Villa Borghese. Roba da non credere. E se è vero, come pare, che il progetto Grab si porta dietro anche la realizzazione di 22 bike lanes confacenti al Piano Quadro della Ciclabilità, non si capisce perché per avere queste, che dovrebbero essere dovute, ci dobbiamo prendere nel pacchetto anche il Grab...

Questa forse è una delle cose peggiori. Considerare le biciclette come qualcosa di "bello", "pulito" ed "ecologico". Roba da fricchettoni che non vogliono inquinare. Ridicolo e superato dovunque. In tutte le città occidentali, anche quelle - si pensi a Londra e a Parigi - dove fino a 10 anni fa tutto sembrava fatto su misura per le auto, la bici è oggi considerata lo strumento di trasporto più smart per coprire distanze sotto i 5km. In città come Parigi, che era il regno delle maghine ancor più di quanto non lo sia Roma, oggi la bicicletta copre il 10% degli spostamenti urbani. E nessuno si sognerebbe di finanziare piste ciclabili dentro il Bois de Boulogne... Perché Graziano Delrio dunque non si pone il problema di investire cum grano salis i pochi soldi che destina alla ciclabilità?
3. consente a chi amministra di poter dire che ha fatto km di ciclabili
E distoglie l'attenzione. Con la nenia della "ciclabile urbana più lunga del mondo" il Grab è il perfetto grimaldello per chi amministra. Senza fare nulla, senza torcere il capello a nessuno, senza cambiare mezza abitudine urbana, senza togliere sosta selvaggia, sosta abusiva e ostacoli alle biciclette puoi andare in giro per il mondo - supportato da fior di associazioni che ci sanno fare con la visibilità - a dire che hai fatto la ciclabile più lunga del mondo. Vuoi mettere? Ecco perché il Grab oltre ad essere inutile è profondamente dannoso: fornisce un pretesto, una scusa, un appiglio ad una politica sempre poco lucida e poco capace di incidere. Non solo avremo ciclabili inutili e pretestuose, ma non potremo neppure più protestare perché il Sindaco l'assessore ai trasporti potranno risponderci "ehi, ma cosa volete? Abbiamo fatto 44km di pista e ne parlano in tutto il mondo".
4. distrae soldi da progetti più significativi
Lo abbiamo detto in premessa: i soldi non sono infiniti e i finanziamenti per la ciclabilità quelli sono, occorre concentrarli al massimo affinché il singolo euro serva a portare un ciclista urbano in più per strada e serva a migliorare confort, benessere e sicurezza dei tanti ciclisti urbani che già hanno deciso di mettere in pratica questo che oggi è uno sport estremo lasciando l'auto a casa o vendendola.
Praticamente Roma rimarrà senza ciclabili urbane, rimarrà senza direttrici radiali lungo le consolari e le strade principali, rimarrà con una carneficina di ciclisti e con una quantità immensa di ciclisti potenziali che non lo diventano a causa delle condizioni delle strade, rimarrà senza un bike-sharing, ma avrà l'anello del Grab. Più che ridicolo!
5. umilia il lavoro delle associazioni romane
Non siamo mai stati teneri con le associazioni romane. Anzi pensiamo che se la situazione della ciclabilità in città è disperata è anche e soprattutto a causa di associazioni che hanno lambiccato per anni sulla "ciclabile per Fiumicino" quando invece si trattava di ottenere una ciclabile su Corso Vittorio Emanuele, che è una carneficina o di lottare pancia a terra per avere un serio schema di bike-sharing sul modello di Milano, Parigi, Barcellona o Londra che è il primo passo verso la trasformazione della ciclabilità da una roba di nicchia a una cosa di massa. Ma qui si esagera: dopo anni di lotte e di negoziati arrivano delle associazioni che si materializzano totalmente dal nulla, propongono un progetto, vanno su tutti i giornali del mondo, ministri e sindaci si inginocchiano e poi arrivano i finanziamenti? Ma una roba del genere annulla, azzera e spazza via tutto l'impegno civico profuso fino ad oggi a Roma sul tema. Cioè basta essere ammanicati e si ottiene ascolto, non importa il valore, l'impatto e l'utilità del progetto.
