Il Movimento 5 stelle è il partito più votato? Da un po’ di tempo si discute del quale sia la lista più votata alle ultime elezioni. Lo hanno ripetuto l’on. Lombardi e Beppe Grillo sul suo blog, giustificando con questa affermazione la loro richiesta di vedersi consegnare l’incarico di formare il governo. Vari giornali ed esponenti del Partito Democratico hanno accusato il M5S di fornire un’informazione falsa: il partito più votato sarebbe lo stesso PD.
Ora, la nostra legge elettorale ha un impianto che premia le coalizioni, perciò ritenere che il Premier debba andare al “partito” più votato è chiaramente una boutade pre-campagna elettorale. Legittima quanto si vuole, ma sempre una boutade.
Sul tema del “quale sia la lista più votata”, invece, entrambe le posizioni sono, nella migliore delle ipotesi, lacunose. In un vivace scambio avvenuto su Twitter, le ragioni a sostegno di questa posizione sono già state spiegate e sono riassumibili con la frase “Purtroppo, la legge elettorale italiana complica non poco le cose”. Data la materia, pero’, gli scambi in 140 caratteri non sono sufficienti e occorre qualche riga in più. Infatti, i calcoli di entrambe le “fazioni” sono sbagliati, poiché ciascun metodo nasconde una parte di verità. Per rendere il tutto più comprensibile, abbiamo provato a spiegare il quid della questione sotto forma di FAQ.
Dunque, chi ha vinto alla Camera?
Il Movimento 5 Stelle è la lista più votata entro i confini nazionali con i suoi 8.689.458 voti contro gli 8.644.52 del Partito Democratico. Questo è chiaramente indiscutibile e indiscusso. Il problema nasce quando varchiamo i confini nazionali: il Partito Democratico è infatti, e largamente, il partito più votato tra gli italiani all’estero, con 288.092 preferenze a 95.041.
Quindi, se sommiamo gli uni e gli altri…
Alt. È qui che nasce il problema. I due sistemi non si dovrebbero sommare per vari motivi, che possono essere riassunti in uno solo: il sistema elettorale utilizzato per assegnare i seggi esteri è diverso da quello che si usa per il collegio nazionale. Questa diversità è insita nello spirito della legge, che vede i due collegi come due compartimenti stagni. Un compromesso tra due necessità: da un lato l’esigenza di dare rappresentanza ai nostri connazionali migranti (o figli dei nostri connazionali emigrati). Dall’altro, gli elettori all’estero non dovrebbero essere essenziali (poi, due volte su tre, i loro eletti si sono rivelati decisivi) nel determinare la maggioranza che governerà il paese. Al di là della ratio legislativa, rimane che le regole del gioco sono diverse. Nel sistema adottato per gli italiani all’estero infatti:
- Non esistono le coalizioni;
- Si possono esprimere le preferenze per i singoli candidati;
- I voti non vengono conteggiati ai fini dell’attribuzione del premio di maggioranza nazionale;
- Si vota per l’attribuzione di un numero molto limitato di seggi (5 in Europa, 4 in America Latina, 2 in America del Nord, 1 tra Africa/Asia/Oceania/Antartide).
A causa dei punti 1 e 4, per esempio, SeL ha scelto di non correre in 3 collegi su 4, “donando” di fatto i suoi voti al PD.
Tuttavia anche togliendo degli ipotetici voti di SeL, persino ipotizzandola al 4-5% ovunque, il PD è sempre primo..
Il problema non sta nel risultato. Il problema è a monte: si tratta di un calcolo che somma voti dati con sistemi elettorali diversi. I risultati elettorali sono chiaramente influenzati dalla legge che regola le elezioni. Al punto che il centrodestra (per ammissione dello stesso Calderoli) cambiò il Mattarellum appositamente per svantaggiare il centrosinistra. Non si dovrebbero mai sommare due sistemi elettorali diversi. Lo sanno anche Pagella Politica, Europa, Huffington Post, Il Post ed il PD. A riprova di ciò il fatto che tutti soggetti citati, nei loro calcoli, non considerano – giustamente – i voti presi dal M5S in Valle d’Aosta, dove si vota con l’uninominale. Ovvero con un (terzo) sistema elettorale diverso.
Ma anche aggiungendo la Valle d’Aosta, il PD avrebbe comunque preso più voti.
Certo, ma la politica non è contabilità. Non si discute che i 13.403 elettori grillini in quel di Aosta non bastino a colmare il gap di 193.051 voti tra PD e M5S all’estero. La scelta di non inserirli nel calcolo è però indicativa: voti espressi in sistemi elettorali differenti non si dovrebbero sommare.
Ok, ma è diverso, sia all’Estero che in Italia si usa il proporzionale.
Sono due proporzionali diversi tra loro. Molto, molto diversi. Per darvi di un’idea di quanto siano importanti le preferenze e di quanto “svantaggino” il voto al M5S, vi rimandiamo all’analisi di Stefano Catone sulle preferenze alle regionali Lombarde. Addirittura, nel caso del collegio Africa/Asia/Oceania/Antartide, il sistema in vigore non è proporzionale, perché viene attribuito un solo seggio rendendolo di fatto un collegio uninominale al pari di quello valdostano. Però, in questo caso, è stato inserito nel conteggio. Aggiungeteci, come già detto, che gli alleati del PD non erano presenti sulla scheda estera, salvo che in Europa, e che i due sistemi sono separati per quanto riguarda il premio di maggioranza. Vorremmo, in particolare, che vi si soffermi a riflettere su quest’aspetto: se nel 2006 il centrodestra avesse preso 30.000 voti in più del centrosinistra all’estero (più che compensando i 25.000 voti di svantaggio sul territorio nazionale) quanti avrebbero detto “è il centrodestra ad avere vinto”?
Siete soli in questa vostra “crociata pro-grillina”?
Che quanto detto sia a vantaggio del M5S ci pare discutibile. Comunque non siamo “soli”. Anzi, la nostra posizione è persino moderata. Se andate sul sito del C.I.S.E. potrete leggere, in un articolo a firma di Nicola Maggini che “alla Camera il Movimento 5 Stelle ha ottenuto poco più di 8 milioni e mezzo di voti divenendo il primo partito con una percentuale pari al 25,6%. Il 27 marzo, un articolo comparso su Il Sole 24 Ore a firma D’Alimonte e De Sio iniziava dicendo: “Grillo è il primo partito alla Camera”. Un’ulteriore conferma della correttezza di tale impostazione è il fatto che nessuno ha mai sommato i voti nazionali e quelli esteri prima d’ora. Né nel 2008, né nel 2006. Al punto che da nessuna parte troverete qualcuno dire: “nel 2006 Prodi ha vinto con oltre 100.000 voti di scarto”.
Quello che forse sfugge è che si tratta di una questione abbastanza “tecnica” e non “politica”. Non si tratta di far valere meno il voto degli Italiani all’estero in quanto tali, di individuare un voto di Serie A ed uno di Serie B (anche se la Valle d’Aosta continua a non essere considerata da nessuno); si tratta di prendere atto che, con la legge attuale, alla Camera votiamo con 3 sistemi elettorali differenti e questi tra di loro non si possono sommare. A meno di non specificare bene e chiaramente quali differenze vi sono, lasciando al lettore la possibilità di scegliere quanto di falso vi sia nell’affermazione “Il Movimento 5 Stelle è il partito più votato d’Italia”. Che il Partito Democratico non faccia queste premesse è giusto: si tratta di fare spin, di ribaltare un frame che lo vede perdente. Non c’è spazio per le sottigliezze da politologi. Più grave che non lo abbiano fatto i mezzi di informazione.
Quindi il Partito più votato è il M5S?
Entro i confini nazionali, e considerando il voto per la Camera, sì. Questo non vuol dire che le affermazioni del M5S siano “vere”. A voler essere indulgenti, anche queste omettono una precisazione importante: “entro i confini nazionali”, appunto. L’affermazione fatta dalla Lombardi al Quirinale e da Grillo sul suo blog è quindi lacunosa. Ed è pertanto giusto che i giornalisti lo facciano notare. Allo stesso modo, però, i vari calcoli pubblicati sino ad adesso sono perlomenodiscutibili. A voler essere gentili, difettano di una necessaria premessa che spieghi i limiti del sommare due sistemi diversi. Lasciando al lettore la facoltà, una volta ricevute tutte le informazioni, di decidere a chi credere. Infine, omettono tutti il terzo sistema, quello valdostano. I cui abitanti, alle prossime elezioni, farebbero bene a chiedere l’annessione alla Francia.