Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.Catullo, Carmen LXXXV
Io amo la mia città. Eppure la odio. Perché è vecchia, nonostante sia giovane (1952).
Io amo la mia città. Ci sono nato e cresciuto per i primi diciannove anni della mia vita, ci sono i miei più cari amici e tutta la mia famiglia, che amo nonostante io sia la “pecora nera“, dal loro punto di vista.
Ho vissuto a Bologna, Milano e Londra e adesso faccio l’animatore, e quando torno a casa soffoco. Perché PSE è una città gretta. È come vivere nel Truman Show, tutto ciò che è fuori copione non esiste o è “cinema”. A Porto Sant’Elpidio non ci sono drogati e non ci sono gay, non si abortisce e non si divorzia. Cristo, persino l’adozione è un argomento sgradevole di cui sparlare sottovoce e con le finestre chiuse. Nel 2013. Dopo Cristo. Se una di queste cose accade in una famiglia non è un dramma, è una tragedia. Non ci si sente disonorati ma feriti, lacerati. E si somatizza e ci si incazza, si cerca la pietà degli altri stigmatizzando il colpevole, perché sono tutte realtà estranee a quella cristallizzata nella campana di vetro di un’insulsa cittadina marchigiana di manco 26.000 anime. Fottesega che d’estate si riempia di turisti abruzzesi e umbri col cervello più vuoto delle proprie tasche. Da me i giovani o sono rimasti a ristagnare nello stesso giro di conoscenze o sono scappati in città universitarie, illudendosi di ricreare un ambiente d’ampio respiro e multiculturale che si risolve in concerti fini a sé stessi, perché il suolo portoelpidiense è tutt’altro che fertile.
Perché? Perché la gente che ci vive non si merita altrimenti: più della metà dei suoi abitanti ha più di quarant’anni, che si dividono tra la fabbrica e la chiesa e i giovani, in parte come loro, credono di essere al centro del mondo mentre invece è solo un neo, e con la loro convinzione lo stanno rendendo uno sfintere.
Per carità, non c’è niente di male nel vivere in una cittadina del cazzo, il mondo ne è pieno e non è nemmeno colpa nostra, ma farsi abbagliare da Giri d’Italia, Bandiere Blu, piste ciclabili e quant’altro è semplicemente patetico, è una vivacità apparente. Abbiamo un multisala che ha strangolato i cinema tradizionali nel giro di decine di chilometri. Stessa cosa per l’Auchan con i piccoli commercianti. Da noi campano solo i cinesi e i magnaccia, che riempiono di puttane i 7 chilometri di statale e gli appartamenti della città col beneplacito dei cittadini, che vanno a protestare in comune e in privato triplicano gli affitti.
Quanti miei concittadini consultano la Biblioteca Comunale? Quanti partecipano a I Teatri del Mondo? Quanti ancora, invece, fanno di bar e chalet il proprio luogo di culto? Ma andate a una processione o alla messa di una festività maggiore, sarà pienone. Di gente e bigottismo.
Io amo la mia città, eppure la odio. Perché ha bisogno di sentirsi quello che non è per stare bene con sé stessa.
Io odio la mia città.
Eppure la amo.
Però la odio, cazzo.
-m4p-
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