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I 99 giorni che travolsero il cavaliere di Philip Godgift

Creato il 23 gennaio 2011 da Funicelli
Italia, inverno primavera 2010-2011: il paese è scosso da attentati, scandali, inchieste che investono esponenti della maggioranza politica. Non riuscendo più a portare avanti i suoi affari, sia per colpa delle inchieste , sia per gli attacchi di di parte della sua stessa maggioranza, il presidente del Consiglio Spernanzoni tenta un colpo di reni per conquistare il potere assoluto una volta per tutto: vara una riforma Costituzionale per un modello presidenziale della Repubblica (“così quello che decido, si fa”), per un referendum che verrà votato assieme alle elezioni della primavera successiva.Referendum e votazioni che diventeranno un plebiscito pro o contro lui. Che fare, si chiede l'opposizione? Che fare si chiede il presidente della Repubblica Salernitano, che vede nelle manovre di Spernanzoni un tentativo ai limiti dell'eversione, che metterebbe in pericolo la democrazia e l'unità del paese. Altri attentati, contro esponenti della maggioranza (un senatore condannato per mafia, il guardasigilli considerato il delfino del premier e il presidente del Senato, pure lui chiacchierato per passate amicizie pericolose). Qualcuno sta destabilizzando il paese per intimidire gli italiani e influenza le elezioni. Testimone di questi cupi eventi è il giornalista Godgift, italo americano. Che assiste pure ad un altro evento incredibile: il presidente della Repubblica Salernitano, si dimette dal suo mandato e sceglie di concorrere pure lui alle elezioni, come candidato per opposizione. Prendendosi il carico di battere Spernanzoni e la sua macchina mediatica (che prepara una campagna elettorale basata su colpi bassi per screditare l'ex presidente).
I 99 giorni” è un diario dei 3 mesi cruciali della nostra repubblica tenuto dal giornalista-autore, in cui dietro i nomi di fantasia, è protagonista tutta la nostra classe politica, la classe imprenditoriale e giornalistica. Storia in cui si mescolano pezzi di cronaca vera (le inchieste della cricca della Garbatella, la nuova P3, l'inchiesta sulle Grandi Opere, Bertolaso e Propaganda Fide), altri pezzi di fanta cronaca (nemmeno troppo ben inventata, come la storia del Gran Priorato), dichiarazioni vere del nostro presidente del Consiglio (sui giudici, sul traditore Fini, sui professionisti della politica che bloccano le sue riforme). Il libro purtroppo si basa su una ipotesi (del nostro futuro politico) poco verosimile e credibile: a mio modo di vedere non sarà (come viene raccontato) la vecchia guardia al governo del paese a salvere la nostra democrazia. Nessuna scesa in campo del presidente della Repubblica, e probabilmente di altri vecchi saggi reduci dalla prima repubblica. I giornalisti che si sono nascosti nello pseudonimo di Godgift non ci hanno fatto nessun regalo di Dio: nel dare a Salernitano il vestito di difensore della Costituzione, si sono dimenticati delle leggi anticostituzionali firmate dal presidente. Dei moniti in difesa della democrazia, quando il premier tuona contro dei suoi stessi pezzi. Il lodo Alfano, il pacchetto sicurezza del 2009, lo scudo fiscale, il legittimo impedimento e ora la legge Gelmini.
Non solo, nel libro viene relegato in secondo piano il ruolo di quella che è, oggi, la vera opposizione: il Vendola della storia (Pendola) non è la persona giusta per battere il cavaliere. Di Pietro (Di Paolo) è descritto come un estremista, da tenere lontano dal governo. Il fatto quotidiano viene chiamato Il ratto, Santoro viene mandato in esilio dalla Rai, alla pari di Minzolini perchè incompatibili degli obiettivi di neutralità e obiettività del servizio pubblico. Salvatori della patria, leggendo le pagine, sembrano essere gli editorialisti del Corriere e della Repubblica (e d'altronde Scalfari ha pure scritto su Vendola e Grillo). Anche al “GiulianoneFerrara spetterebbe un posto accanto come consigliere del premier. L'ex agente della Cia.
La società civile? Nel libro è assente, come assenti sono le proteste degli studenti, dei precari, degli insegnanti, dei senza lavoro. Cui, nel paese reale, si aggiunge anche la protesta dei poliziotti, indignati e stanchi per i festini arcoriani (e per dover far da scosta a persone indagate o condannate). È un libro romanocentrico, scritto da dentro o vicino i palazzi. La realtà sarà ben diversa da quello che viene raccontato.Come per la prima repubblica, questa cadrà con le sentenze di condanna, col rischio della bancarotta, con l'indignazione delle persone oneste nelle piazze.
Non mi è piaciuta anche un'altra cosa: nel libro si immagina un paese preda di bombe, attentati e morti. In Italia questo è già successo, c'è già stata una stagione delle bombe: almeno per rispetto di quelle morti, dei loro familiari che non hanno avuto giustizia, sarebbe stato meglio evitare l'uso di questo espediente, che stona col tono grottesco della storia. Alle storielle di sesso, alle donnine, ai voli ad Antigua. PS: come l'avrà presa Roberto D'Agostino?

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