“I Bambini del ghetto“, spettacolo scritto e diretto da Monia Manzo è un dramma “onirico, omaggio alla memoria di tutti gli innocenti portati via dalle loro case del Ghetto di Roma nel 1943 dai nazisti.
In questa pièce, i bambini strappati alle loro famiglie possono finalmente parlare, e raccontarci, attraverso i loro pensieri, alcuni momenti delle loro piccole vite interrotte dai crimini di guerra, ma mai dimenticati.
Tre piccoli protagonisti (interpretati da Monia Manzo, Martina Marone e Lia Marchesini) conducono per mano il pubblico in un momento storico tanto tragico e tale da non permettere al tempo di cancellarlo mai: tra realtà e sogno, Giovanna e le sue compagne renderanno questo viaggio nel dolore un’occasione per far rivivere questo dramma attraverso la dimensione teatrale.
Lo spettacolo si apre (e si chiude) con delle canzoni della tradizione melodica yiddish, che avvolgono il pubblico in una dimensione irreale catapultandolo nel quotidiano immaginario di queste vite mai realizzate pienamente.
La scenografia dei “bambini del ghetto” è essenziale: ciascun personaggio porta con sé un ricordo personale al quale è legato e lo carica di emotività, ricordi, memoria.
Ci gioca, lo guarda, riflette, e in quell’interazione con il semplice oggetto prende forma lo spirito di ciascun bambino.
“Sono l’adulto che non sono mai diventato” è la frase che risuona nei loro pensieri (nel secondo atto dello spettacolo) a testimonianza di vite spezzate e sospese.
Le loro voci, i pensieri e la gestualità sono vicini a un sogno, che si interrompe brutalmente quando la cruda realtà prende il posto dell’innocenza. Il sogno, infatti, si spezza nel momento in cui una donna (interpretata da Gioia Cellentani) legge le lettere disperate di alcuni genitori che dopo anni cercano di rintracciare le creature mai più ritrovate. Sono lettere piene di dolore, che tuttavia conservano un filo di speranza.
“I Bambini del ghetto” non vuole essere solamente testimonianza di un dramma, (difficile da raccontare e da rendere) ma chiede allo spettatore di immergersi in un’atmosfera, facendogli sentire e rivivere parole, gesti, e sogni che avrebbero potuto realizzarsi. Il filo che lega le vite e le scene della piece, strutturata in quadri, è la sospensione (della vita, dei sogni, dei pensieri), ed è per questo che il dramma viene raccontato scegliendo un atmosfera irreale e onirica.
Le musiche del maestro Francesco Paniccia, che accompagneranno i protagonisti in questo viaggio drammatico ed onirico al tempo stesso, ne sottolineeranno ulteriormente l’atmosfera sospesa, a metà tra illusione e tragica realtà.
Lo spettacolo è stato presentato nel 2013 al Fringe Festival e torna sulle scene del teatro tor Di Nona, il 6 e 7 dicembre del 2014.
Written by Sarah Mataloni