Lo sguardo dei bambini è autentico o condizionato?
Documentario diretto da Walter Veltroni, I bambini sanno prova a restituire un mondo disincantato visto con gli occhi dei bambini, ma l’impressione è quella di osservare un’operazione perbenista e politicamente corretta, che sottolinea alcuni casi-limite e una diversificazione razziale necessaria per rappresentare un’Italia meltin’pot.
Dopo aver visto il documentario di Veltroni I bambini sanno, l’impressione è quella di partecipare a un film che non ha un obiettivo e non lascia allo spettatore nulla di significativo. Difatti il regista, ex politico ed ex giornalista, inizialmente ha l’interesse di mostrare la sua passione per il cinema (in apertura di pellicola si susseguono numerose immagini di scene di bambini nel cinema, con apripista il fanciullo di Truffaut) per poi iniziare a intervistare sporadicamente i numerosi ragazzi coinvolti. I temi trattati (amore, famiglia, Dio, omosessualità e crisi i più evidenti) sono variegati e debitamente sezionati; tuttavia il tutto appare banale e si ha la costante impressione che Veltroni tenda a imboccare gli intervistati. Le risposte dei giovani protagonisti, assoldati per restituire uno spaccato meno desolante dell’Italia di oggi, sono chiaramente frutto delle ideologie adulte. E tutto ciò appare chiaro quando il tema scottante è l’omosessualità, argomento che vede i ragazzi rifiutare o risultare passivamente indifferenti nei confronti dell’unione tra due identici sessi.
Il risultato è, complessivamente, deludente. I bambini sanno provoca qualche risata genuina (ogni tanto il modo di guardare il mondo da parte dei bambini è straniante). Tuttavia ciò che non convince è l’ostentazione di alcuni casi-limite, come ad esempio l’autistico, mago della matematica, che non si definisce autistico, le due gemelle di cui una è down, il bambino che ha appena finito di combattere la leucemia e il rom che non ha mai visto il mare. Sono queste esibizioni di diversità a lasciare molto perplessi perché sottolineate in modo patetico e destinate a estemporanee singolarità all’interno del montaggio. Il fatto di non aver scelto di amalgamarle all’interno del film, ma di distanziarle deliberatamente, è un punto a sfavore del film, che non riesce a essere coinvolgente e nemmeno disincantato. Eppure il perno centrale del film sono i bambini e il loro approccio ironico, speranzoso e allegro. Il regista tenta di porsi sul loro piano e prova a far divertire e riflettere, tuttavia quando alcuni termini balenano nel discorso (“Lampedusa”, “acciaierie chiuse”) Veltroni cambia tono e comincia a mettere a fuoco desolazione e spazi vuoti.
I bambini sanno non raggiunge le corde del cuore e si ha la sensazione di assaporare un tentativo dalle dubbie finalità. Cosa voleva raccontare Veltroni? Cosa voleva dimostrare? Per le risposte chiedere al regista.
Uscita al cinema: 23 aprile 2015
Voto: **