Ricordo poco dei miei studi universitari, del resto sono passati quasi vent'anni dal mio primo esame. Si trattava del corso di Pedagogia, docente Susanna Mantovani. Non ricordo il tema del corso monografico, forse riguardava Piaget. Mi è sempre rimasta impressa invece la faccenda dell'incapacità dei bambini di cogliere il vero significato di frasi e discorsi in cui si usano ironia e sarcasmo. Di fatto un bambino non sarebbe in grado, fino ai 10 anni, di capire una battuta ironica e rimarrebbe disorientato da affermazioni che per lui vanno intese solo nel loro senso letterale. Di qui l'oppurtunità di evitare tale registri comunicativi.
Oggi su Repubblica viene pubblicato questo articolo, dove si cita una ricerca canadese che sembra smentire quanto detto sopra: "I bambini ci guardano, e ci prendono in giro, usando sapientemente un bagaglio che a tre anni arriva a mille diverse parole, e di lì in poi viaggia velocissimamente e continua a evolvere in espressioni, sfumature, capacità di interazione". Tuttavia, pare che non tutti i piccoli siano in grado di inviare correttamente messaggi ironici/scherzosi, ma che solo alcuni abbiano questo "dono", in relazione anche all'intelligenza personale e all'ambiente nel quale crescono.
A sostegno di questa tesi la giornalista Vera Schiavazzi porta anche "l'esperienza concreta che viaggia sui blog per sole mamme", nei quali - si sa - le prodezze verbali dei piccini la fanno da padrone. Per poi conclude che forse "esiste una proporzione tra le esagerazioni verbali dei genitori e quelle dei figli".
Io non sono molto persuasa delle conclusioni di questo studio. Mi sembra di capire che alla fin fine i piccoli "scimiottano" i grandi che vivono con loro e quindi possono scherzare o ripetere in modo opportuno battute di cui però non capiscono a fondo il significato. L'esperienza personale a me dice che poi i bambini rimangono sostanzialmente incapaci di recepire correttamente affermazioni o osservazioni ironiche e, peggio, sarcastiche.