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I bassifondi – Akira Kurosawa

Creato il 03 maggio 2012 da Maxscorda @MaxScorda

3 maggio 2012 Lascia un commento

I bassifondi
Ennesimo tuffo nella letteratura occidentale e questa volta tocca all’opera teatrale omonima, "I bassifondi" di Maxim Gorky, il celebre scrittore russo che elaboro’ il testo nel 1902 e che Kurosawa riporta su schermo nel 1957.
Ancora un film politico per Kurosawa o meglio dire un film alla ricerca di un realismo che immerge le radici nella poverta’ materiale allargata a quella spirituale, una ricerca della purezza nello squallore della miseria umana e denuncia ovviamente, denuncia del male che l’uomo fa all’uomo, della barbarie che chiama barbarie e nel contempo l’affermazione del bene laddove appunto pare impossibile si possa trovare.
Si potrebbe ritenere "I bassifondi " un anticipazione con molta meno poesia e molta piu’ denuncia sociale di "Dodes’Ka-Den" il quale appunto conserva una dolcezza di fondo qui mai sfiorata ma del resto in Gorky, la dolcezza non era un obiettivo primario e neppure secondario a ben vedere.
Testo teatrale e teatrale realizzazione, regia non voglio dire azzerata ma in secondo piano rispetto il testo e le interpretazioni sulle quali spicca, neanche a dirlo il sempre grande Toshiro Mifune, senza il quale confesso avrei anche potuto non arrivare sino in fondo. Non solo lui intendiamoci, un’opera di scrittura come questa, richiede necessariamente ottimi interpreti e la voglia di chi assiste di dissertare su concetti e suggestioni sulle quali, almeno il sottoscritto, non ha voglia di soffermarsi.
Per carita’, l’uomo, Dio, la liberta’. la miseria, la vecchiaia e la malattia sono certo ottimi argomenti ma di una tale vastita’ e con margini di dialogo talmente ampi che si puo’ solo finire a chiacchere da bar anche perche’ intendiamoci, grandi filosofi e pensatori non e’ che siano giunti a granche’ nel corso dei secoli.
Tanti sassolini nell’acqua ad incresparne appena la superficie e alla fine mi e’ restata solo la noia di piccoli cerchietti che credono di essere maremoti. Io mi fermo qui.

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