Ho sempre difficoltà a parlare – e a scrivere – di libri che ho amato dalla prima riga. Mi è capitato più volte nel corso della mia attività di giornalista, e ora di blogger, tanto che ormai per me è diventato il principio di riconoscimento dell’amore per una storia o per un autore.Così, quando ho iniziato a leggere “I Bastardi di Pizzofalcone” (Einaudi) di Maurizio de Giovanni ho capito che mi trovavo di fronte ad uno di quei libri, quelli di cui non avrei potuto e saputo scrivere.
Devo confessare che me l’aspettavo. Ho iniziato a leggere Maurizio de Giovanni quasi per caso, su consiglio di una zia e amica che, prima di me, era rimasta intrappolata nelle indagini del commissario Luigi Alfredo Ricciardi e che, mi diceva, non potevo fare a meno di conoscerlo anche io. E abbiamo iniziato una danza strana, io e il commissario, con le stagioni dei suoi casi incastrate nelle mie stagioni, a volte un po’ sfalsate, ma sempre perfettamente a ritmo del mio amore per Napoli.
Quindi quando De Giovanni ha annunciato l’uscita de “I Bastardi di Pizzofalcone” ambientato nella Napoli moderna, ho deciso che dovevo portare la passione, intanto sviluppata per questo autore, ad uno stadio successivo. E in effetti è lo stesso De Giovanni a portare i suoi lettore ad un livello avanzato, non superiore rispetto a Ricciardi, attenzione, ma diverso. Un livello vicino in ordine temporale – e per chi è napoletano come me, anche in ordine spaziale – e complesso, profondo da un punto di vista emozionale, così come lo scrittore ci ha abituati.
Anche in questo che si preannuncia come il primo capitolo di una nuova serie, De Giovanni ci porta per mano nelle indagini e, allo stesso tempo, nella mente dell’assassino, in modo tale che anche noi lettori possiamo lanciarci in ipotesi sulle motivazioni che hanno spinto un essere umano ad ucciderne un altro. Personalmente, credo che sia questo il miracolo che De Giovanni compie in ogni suo libro, quello di farci percepire come un essere umano anche chi compie l’azione bestiale di uccidere, e lo fa facendoci entrare nella sua testa, ma soprattutto nel suo cuore, la sede dove risiede la vita e la morte.
“I Bastardi di Pizzofalcone” si pone, in linea ideologica, come un seguito de “Il metodo del Coccodrillo” uscito lo scorso anno, anche perché ritroviamo l’ispettore Giuseppe Lojacono arruolato nella nuova squadra che il commissario Palma ha riunito per sostituire “i bastardi”, i poliziotti corrotti che hanno contribuito a far decadere il commissariato di Pizzofalcone. Pian piano scopriamo più lati del carattere dell’ispettore che i colleghi chiamano “il Cinese”, ma De Giovanni introduce tutti e sette i personaggi arrivati in forza al Pizzofalcone in modo tale che il lettore vuole saperne di più, vuole chiedere i dettagli delle diverse vite e delle diverse scelte che fanno, degli sguardi o dei silenzi che nascondono altre scomode verità.
La trama attorno a cui è intessuto tutto questo è di quelle in cui De Giovanni è maestro indiscusso: l’omicidio di una donna della Napoli bene la cui vita sembra nascondere tanti segreti, ma mai quanti quelli che nascondono coloro che le hanno vissuto accanto e che forse ne hanno deciso la morte. Il finale, con la scoperta dell’assassino, è un gioco di incastri e di logica che lascia senza parole.
Trasversalmente a tutto, si muovono due donne, già apparse ne “Il metodo del Coccodrillo” e che promettono di essere i cardini attorno a cui ruotano le emozioni di Lojacono: il procuratore Laura Piras, bella, sicura di sé ma con un buco in mezzo all’anima, e Letizia, la procace locandiera che ha preso a cuore quei due occhi obliqui e stretti,dall’espressione indecifrabile, di Peppuccio (come solo lei lo chiama).
Amore e odio, nobiltà e miseria, ricchezza e fame sono le forze primordiali che spingono le azioni dei personaggi di De Giovanni fino al parossismo e all’estremo sacrificio anche della propria stessa vita.Confesso che, dopo aver letto tutti gli episodi della serie del commissario Ricciardi - ed essere rimasta con quella voglia di sapere come va a finire che vi toglie la voglia di leggere qualsiasi altra cosa -, credevo che difficilmente mi sarei affezionata ad un’altra serie. E invece ora aspetto di sapere in quale altra avventura De Giovanni coinvolgerà questi suoi nuovi personaggi per rivelarci ancora un po’ di loro come persone.
P.S.: Maurizio de Giovanni è primo nella classifica dei libri più venduti della casa editrice ed è arrivato secondo con "Vipera" al Premio Bacarella 2013, vinto da Anna Premoli con il suo "Ti prego lasciati odiare", podio che è valso numerose critiche e polemiche per il meccanismo di premiazione. Inutile dire io per chi facevo il tifo... ;-)