Anno: 2013 Editore: Einaudi. Collana Stile Libero Pagine: 316, brossura ISBN: 9788806215736 Euro: 18,00
I nuovi investigatori che compongono il commissariato di Pizzofalcone, a Napoli, devono sostituire alcuni loro colleghi da poco arrestati per aver compiuto un grave reato legato allo spaccio di cocaina. Tra loro il commissario Giuseppe Lojacono, siciliano con un passato molto chiacchieratom, ma reduce da un grande successo investigativo: ha catturato il serial killer noto come Coccodrillo. I nuovi investigatori non hanno neanche il tempo di conoscersi, che subito devono confrontarsi con delicato caso di omicidio nell'alta società napoletana. Mentre Lojacono, insieme al suo bizzarro collega Aragona, si muove tra esclusivi circoli nautici e appartamentui sul lungomare, i suoi compagni Di Nardo e Romano cercano di capire come mai una giovane e bellissima ragazza non esca mai di casa, mentre la città è squassata da una violenta e inaspettata burrasca fuori stagione...
Dopo questo lungo silenzio dovuto ad impegni di lavoro continuativi e pressanti che sembrano non finire mai, sono felice di riprendere il lavoro sul blog con questo post dedicato all'ultimo, bellissimo libro di Maurizio De Giovanni, che ormai credo si possa considerare il Fred Vargas italiano, a maggior ragione dopo questo "I bastardi di Pizzofalcone", che mi ha evocato ricordi relativi al famoso commissariato in cui il vargasiano Adamsberg appunto si muove. Quella di De Giovanni è tuttavia una ironia molto più amara di quella che attraversa i romanzi della scrittrice francese, sebbene i suoi personaggi si facciano comunque amare, e muovano spesso il riso, soprattutto, naturalmente, l'ispettore Lojacono, con quella figlia adolescente che sente per telefono dalla lontana Sicilia, e che lui pensava dolorosamente di avere perso, ma che l'adolescenza invece avvicina, perché i conflitti con la madre si fanno sentire e la figura del padre ritorna, dopo essere stata seppellita dalla virulenza del conflitto edipico. Da questo punto di vista direi che la parte migliore del romanzo è il finale, o per meglio dire l'ultima pagina, di cui ovviamente non dirò, ma che davvero lascia il lettore con un tenero sorriso sulle labbra, senza nulla togliere a tutto l'impianto narrativo che viene prima e che quell'ultima pagina prepara con maestria e tempistica perfette. I personaggi sono tutti costruiti con originalità e colti spesso "in soggettiva", all'interno dello loro vite private, tutte segnate da angoli bui, problemi di disfunzionalità familiare, micro-perversioni che ricordano molto il racconto "La carriola" di Luigi Pirandello. Le vicende personali dei "bastardi" di Pizzofalcone sono anche istantanee sociali molto indicative e salienti dei tempi di questa Italia di oggi che sembra aver smarrito un'identità e una comune etica da condividere comunitariamente. Mi ha colpito particolarmente il carattere della giovane Di Nardo, poliziotta cripto-omosessuale che finisce a Pizzofalcone per il suo smodato amore per le armi: notevole e suduttivamente ben narrata, la descrizione della serata della Di Nardo nel club privee. Anche gli accenti narcisistici di Aragona, con quella sua rischiosa abitudine di correre forte in macchina, sono resi in modo incisivo e insieme ironicamente distaccato. Dopo "Il metodo del coccodrillo", De Giovanni non poteva meglio continuare questa avventura, scrivendola con tonalità nuove ed inedite rispetto all'opera che fa esordire Lojacono: in questo suo nuovo romanzo De Giovanni sembra infatti quasi procedere per "libere associazioni", intercalando il corsivo dei pensieri sparsi dell'assassino ai vagabondaggi cittadini dei protagonisti, investigatori dal passato contorto e macchiato da colpe più o meno gravi. La struttura narrativa, aldilà del tono apparentemente ondivago e appunto associativo-fluttuante con cui è scritta, è solida, e ancora una volta si fonda shakesperianamente sui sentimenti più cupi e indigesti che albergano nell'animo umano: invidia, gelosia, sete di vendetta, ben delineando identificazioni tra vittima e carnefice, che infatti "uccide per amore", come l'Autore ci fa capire subito, fin dalle sue prime righe. Probabilmente il personaggio di Lojacono è qui figura più defilata rispetto a "Il metodo del coccodrillo", dove invece si impone dalla prima pagina all'ultima sottraendo spazio ad altri caratteri coinvolti nella vicenda. Possiamo dire che a De Giovanni interessa delineare la geografia del nuovo gruppo che ci presenta, piuttosto che soffermarsi sull'ispettore e sul commissario Di Palma, gran simpaticone, ma non ancora ben definito psicologicamente, e sul quale speriamo De Giovanni si soffermerà nei prossimi episodi della serie. Per il resto la scrittura è fresca, andante con moto, agrodolce quanto basta ad evidenziare le trasformazioni antropologiche cui stiamo assistendo e che la nostra società sta attraversando (basti solo citare la vicenda della ragazzina che non esce mai dall'appartamento in cui si trova...). Nell'ambito di un ambiente cittadino turbolento e anche metereologicamente poco ospitale, De Giovanni orchestra poi un intreccio thriller che non fa una grinza e che chiude il suo cerchio dando spessore all'intuizione del protagonista, cioè di Lojacono, restituendogli quella luce che era rimasta flebile a causa dello spazio che si prendono tutti gli altri personaggi. In sintesi stiamo parlando di un libro molto bello, godibile, ben scritto, a tratti poetico e dolente, che consigliamo senz'altro di leggere.