Magazine Cultura
I BIG ONE raccontati da Gian Paolo Ferrari (intervista a Leonardo De Muzio)
Creato il 22 maggio 2013 da Athos Enrile @AthosEnrile1BIG ONE formazione attuale: Leonardo De Muzio (chitarre-voce), Elio Verga (chitarre), Paolo Iemmi (basso-voce)Alex Iannantuoni (batteria-percussioni), Claudio Pigarelli (tastiere-piano) Stefano Righetti (tastiere-synth-voce) Debora Farina e Rossana D’Auria (cori), Marco Scotti (sax).
OTTOBRE 2012, attraversando gli Appennini nel viaggio di ritorno dopo il concerto di Firenze, con Alessandro Iannantuoni ed una spruzzatina di neve …. (Alessandro oltre ad essere il batterista del gruppo, è anche un grande studioso e conoscitore del mondo Pink Floyd, molto conosciuto nell’ambiente per essere uno dei più grandi collezionisti di bootleg, praticamente un archivio umano di informazioni, se vuoi sapere come avevano suonato i Pink Floyd in quel concerto , in quella data … chiedi a Alex, lui sa tutto …) Mi trovo alla guida del furgone con gli strumenti, al mio fianco Alessandro Iannantuoni, batterista del gruppo preoccupato per le condizioni meteo che stanno improvvisamente peggiorando, comincia a nevicare! Cerco di tranquillizzare Alex con qualche battuta ,risalendo alle mie origini “montanare” ( sono nato in provincia di Sondrio) con calma cerco di fargli capire che qualche fiocco di neve non poteva certo crearmi problemi. In questi casi una buona chiacchierata è sempre la formula migliore per distogliere la mente da chissà quali catastrofi imminenti … quindi dopo svariati argomenti, cerco di toccare un tasto magico che con Alex funziona sempre, provate a indovinare … “Adesso che il tour è terminato cosa bolle in pentola Alessandro? Se non sbaglio nel 2013 si celebra il quarantennale di The Dark Side Of The Moon… “ Hai ragione, è ovvio che per l’anno prossimo, The Dark sarà il tema principale nei nostri concerti, ma c’è dell’altro, adesso ci prenderemo qualche giorno di riposo, questo ultimo periodo è stato molto impegnativo, ultimamente abbiamo girato parecchio, Olanda, Belgio e questa sera Firenze. Abbiamo un progetto ambizioso in cantiere, stiamo pensando di portare sul palco Atom Hearth Mother, è da molto tempo che né parliamo e tutti nel gruppo sono favorevoli, anche perché tu che ci conosci bene sai che il nostro dna è legato ai Pink Floyd di quegli anni, quindi qualche giorno di relax e poi … in sala prove. Scusa Alex, ma in Atom Heart Mother c’è tanto di orchestra con i cori, non mi vorrai dire che farete altrettanto! Oh Giampy! Guarda che i P.F. nei primi anni ’70 mica erano già diventati famosi e miliardari! In quel periodo mica potevano permettersi un’orchestra ad ogni concerto, se non ricordo male credo che Atom venne rappresentata con cori e orchestra probabilmente una ventina di volte, 17 date in Europa e 3 in USA. Ad ogni modo noi la rifaremo originale come la suonavano loro, senza questo supporto, abbiamo molto materiale a disposizione, per noi questa è la vera fonte storica che vogliamo rispettare, la nostra Bibbia! Comunque non ti preoccupare, ti chiamerò in sala prove quando sarà il momento, così potrai sentire in anteprima questo nuovo progetto e dire la tua … sapientone … Con questi pensieri e queste chiacchiere interessanti arrivammo sani e salvi a Bologna, il peggio era passato, ora il ritorno a Verona diventava meno problematico e stressante. Ovvio che nei mesi a venire cogliendo l’invito di Alex, mi recai qualche volta in sala prove. Ebbi nell’immediato la consapevolezza che i ragazzi stavano preparando qualcosa di veramente speciale, adesso bisognava attendere la data del debutto ufficiale che sarebbe avvenuto in un altro posto molto ma molto speciale … quindi appuntamento a domenica 24 febbraio al BLUE NOTE di Milano …
La musica dei PINK FLOYD batte il derby Inter-Milan con un secco 2 a 0, marcatori: nel primo tempo” The Dark Side of The Moon”, nel secondo “Atom Heart Mother” La formazione scesa in campo è la seguente: Leo De Muzio(chitarre-voce), Paolo Iemmi(basso-voce), Alex Iannantuoni (batteria), Stefano Righetti (tastiere-synth-voce) ,Gabriele Marangoni (tastiere-piano), Marco Scotti (sax), Debora Farina e Rossana D’Auria (cori). (Elio Verga e Claudio Pigarelli assenti giustificati)
Confesso che avevo qualche timore sull’esito in termini di presenze per questo concerto, troppe le coincidenze avverse: il derby di Milano, le elezioni politiche e per finire le condizioni meteo non certo delle migliori, un mix di dettagli che potevano far pensare ad una classica serata in pantofole della serie … mi guardo la partita in tv (70/80000 erano già allo stadio) un occhiatina ai primi commenti politici ed alla finestra per vedere chi poteva essere quel disgraziato che con questo tempaccio aveva avuto la brillante idea di uscire, e invece non avevo considerato che ... Il Blue Note ha un fascino unico e particolare, il pubblico del Blue Note come già detto è speciale, The Dark Side Of The Moon è un evento al quale non si può rinunciare, quindi già dalle 20 il locale era quasi tutto esaurito in ogni ordine di posti, cosicchè tutti i miei pensieri negativi si sciolsero come neve al sole (volendo restare in tema). Alle 21 puntuali, i Big One salgono Sul Palco, Paolo Iemmi frontman del gruppo presenta lo spettacolo con queste semplici parole: “Questa sera celebriamo i 40 anni di un grande capolavoro, The Dark Side Of The Moon quindi nella prima parte suoneremo per intero tutti i brani dell’album, nella seconda parte che abbiamo chiamato “The Early Years”, ci saranno delle sorprese che noi tutti speriamo vi siano gradite, andremo un po’ indietro nel tempo … buon ascolto” Il pubblico applaude, e poi … si chiudono gli occhi … si prende in mano il prezioso vinile custodito con cura, lo si mette sul piatto e … parte la magia ... Speak To Me, Breathe, On The Run, Time, Breathe reprise, The Great Gig In The Sky, Money, Us and Them, Any Colour You Like , Brain Damage, Eclipse … Credo non ci sia bisogno di aggiungere altro, la sensazione è quella che vi ho descritto, il nostro vinile ha incantato anche questa volta, i ragazzi eseguono questi famosi brani con una sicurezza quasi disarmante, questa suite affascinante di The Dark è da anni il manifesto musicale D.O.C. di questa tribute band. Il diamante della serata come sempre resta l’esibizione solista di Rossana D’Auria in The Great Gig In The Sky che fa alzare in piedi il pubblico facendolo esplodere in un fragoroso applauso. (continuo a ripeterlo convinto, nulla da invidiare a Clare Torry, Rossana è su questi livelli) Ottimi gli interventi al sax di Marco Scotti nei brani Money e Us And Them, in chiusura prende la scena Leonardo De Muzio con la sua chitarra , in scaletta Shine On You Crazy Diamond, Wish You Were Here e l’immancabile assolo Gilmouriano di Confortably Numb. Si arriva così dopo una breve pausa alla seconda parte dello spettacolo, la più attesa e affascinante, viste le premesse, infatti arriva “spaziale” con le sue voci distorte, segnali morse, l’inconfondibile Astronomy Domine, pezzo trascinante che ci fa respirare in pieno le atmosfere care ad un nostro vecchio caro amico: Syd Barrett. Da Syd passiamo ad uno dei primi pezzi scritti da David Gilmour: Fat Old Sun, e qui ancora una volta nel lunghissimo assolo finale Leonardo (o come viene chiamato affettuosamente dagli amici Leo Gilmour) sbalordisce i presenti con la sua indiscussa abilità. L’atmosfera del Blue Note si scalda, il pubblico si sente pienamente coinvolto dall’atmosfera particolare che si sta respirando, sembra quasi abbia sentore che sta per succedere qualcosa di importante. Paolo Iemmi con il suo immancabile sorriso, presenta così il brano a venire: “Credo che il prossimo pezzo non abbia bisogno di presentazioni, noi cercheremo di fare del nostro meglio, buon ascolto a tutti voi e buona fortuna per noi !” Ci siamo! Tante ore di studio in sala prove stanno per essere riversate su questo palco, inizia Atom Heart Mother! Siamo giunti alle origini dei Pink Floyd! Parte subito un’ ovazione che si spegne nell’immediato per lasciare spazio alla musica, sembra quasi che si voglia portare rispetto a questo evento, io mi sento emozionato, per ovvie ragioni anagrafiche non ho mai potuto vedere un concerto dei Pink Floyd inizio anni ’70, mi sono sempre dovuto documentare con articoli dell’epoca o con la lettura di qualche libro autobiografico, e da qui lasciarmi trasportare dalla fantasia e dall’immaginazione. Finalmente era arrivato il momento! La famosa mucca frisona Lulubelle III stava per conquistare il Blue Note! Dal punto di vista musicale la suite di Atom Hearth Mother è molto complessa, è un brano strumentale strutturato in sei movimenti, ognuno conformato su un tema diverso che rimanda sempre a quello principale. I Big One dall’iniziale Father’s Shout e a seguire da Breast Milk danno subito la netta impressione di avere scelto la tattica giusta, traspare netta la pura essenza dell’anima Floydiana nella loro interpretazione, sono ormai padroni della scena, e questo si nota dai loro sguardi complici di intesa . Nella parte più complessa Mother Fore , Leonardo De Muzio e Paolo Iemmi ci fanno capire come Gilmour e Wright mediante voci piene di effetti, si sostituivano ai cori e relativa orchestra, il pubblico presente accenna ancora a qualche timido applauso, ma sembra quasi che non voglia esporsi troppo per non spezzare questo incantesimo. Dai sorrisi e dagli sguardi d’intesa che i ragazzi si scambiano sul palco capisco che tutto sta procedendo per il giusto verso, infatti Funky Dug, Mind Your Throats Please e Remergence chiudono la suite in maniera entusiasmante, lasciando finalmente a tutti i presenti (che nel frattempo si sono alzati in piedi) la possibilità di lasciarsi andare in un caloroso applauso liberatorio. Anche i membri del gruppo sul palco, coinvolti da questi spontanei e sinceri attestati di stima, si congratulano reciprocamente con una stretta di mano. Ma il nostro viaggio non è ancora terminato, dopo la consueta presentazione arrivano come in un arcobaleno Floydiano: Embryo, Cymbaline e per finire … Echoes ! Credo che non serva aggiungere altro, non vorrei cadere nella solita banale retorica, lo spettacolo offerto da questa tribute band ancora una volta è stato all’altezza della sua riconosciuta fama e bravura. Io, come vi ho anticipato all’inizio dell’articolo, ho preferito restarmene nel mio angolo solitario, lasciandomi avvolgere da tutto questo caldo entusiasmo che mi ha fatto riflettere e ricordare un pensiero scritto da Cesare Rizzi nell’introduzione del suo libro. Penso che questo possa concludere nei migliori dei modi questa recensione, rendendo più chiara l’essenza di questa serata indimenticabile “ Dei Pink Floyd si è detto tutto, e si continua a farlo. Una cosa però non è mai stata sottolineata a dovere: l’universalità della loro musica, la mancanza di confini del loro messaggio, il fatto che dovunque al mondo, senza restrizioni generazionali, né di cultura o linguaggio, i Pink Floyd hanno lasciato qualcosa. Un messaggio in un esperanto finalmente comprensibile a tutti. Una musica che negli anni è stata usata dappertutto e per tutto, per feste psichedeliche, grandi raduni rock, film, documentari, sottofondi ambientali, momenti romantici … Uno strano alone di suggestione fa sì che ogni qualvolta suonino i Floyd il pensiero vaghi irrimediabilmente tra le stelle, il mondo sia un po’ più a portata di mano, la vita diventi meno frenetica, i sogni rimangano reali un po’ più a lungo …”
L’intervista a Leonardo De Muzio … il nipote acquisito di David Gilmour. Bob Ezrin, produttore di “The Wall” ha detto: “ possiamo dare a Dave un ukulele e lo farà suonare come uno Stradivari”: stiamo parlando di David Gilmour il chitarrista dei Pink Floyd, un vero architetto del suono che con la sua Stratocaster “total Black” ha entusiasmato e ispirato generazioni di chitarristi. Nei Big One Leonardo De Muzio, con la sua indiscutibile bravura, viene definito il Gilmour italiano per eccellenza; dopo il concerto del Blue Note sono riuscito a scambiare qualche parola con lui.. ecco qui la nostra conversazione … Caro Leo, mi sembra che anche questa sera nonostante le avversità ci sia stato l’ennesimo successo, direi che siete stati perfetti! Beh!Non esageriamo, diciamo che abbiamo cercato di fare del nostro meglio, mi rendo conto però che questo concerto, specialmente nella seconda parte, ha regalato al pubblico, ma anche a noi che eravamo sul palco, delle forti emozioni. Era un debutto importante, con una scaletta di brani molto ambiziosa e affascinante, credo che nessun’altra tribute band abbia proposto niente di simile, come mai questa scelta? Il nostro repertorio abbraccia tutta la produzione discografica dei Pink Floyd, il nostro DNA però si rispecchia maggiormente con l’immagine dei primi anni 70, siamo legati ai Pink più psichedelici e sperimentali per intenderci, ecco spiegato il motivo della scelta. Per quanto riguarda la scaletta, ti confesso che era da molto tempo che pensavamo di suonare Atom Hearth Mother con altre canzoni di quel periodo, lo stesso pubblico che viene ad assistere ai nostri concerti ce lo aveva richiesto molte volte, c’è voluto un po’ di tempo ma alla fine ci siamo riusciti. Il debutto era importante, e non potevamo scegliere una location migliore per rendere onore a questa musica. Il Blue Note è qualcosa di veramente unico e inimitabile, mi sembra inutile ricordare quali grandi nomi del jazz abbiano calcato il palco di questo locale; le persone che vengono al Blue Note sono speciali perché chi entra vuole solo ascoltare musica dal vivo, vuole il contatto musicale con l’artista. Qui gli effetti speciali contano poco, qui dentro non devi incantare, ma emozionare, che è diverso. Se tu ti presenti con la musica dei Pink Floyd devi sapere portare rispetto nei confronti di quello che stai suonando, il pubblico che è davanti a te conosce ogni sfumatura delle canzoni, quindi da te vuole solo rivivere le stesse emozioni, essere avvolto dalle stesse atmosfere. Questa sera abbiamo cercato di trasmettere tutto questo e mi sembra che ci siamo riusciti abbastanza bene, tu cosa ne pensi? Se devo essere sincero c’è stato un attimo in cui mi sono guardato attorno e mi è sembrato di tornare indietro nel tempo, hai presente l’Ufo Club, il famoso locale underground londinese dove i Pink iniziarono ad esibirsi? Si insomma … restando in tema musicale ti posso dire …”Chiamale se vuoi … EMOZIONI”; a parte le battute, vorrei chiederti… quando hai iniziato a suonare la chitarra e soprattutto quando è nata la tua passione artistica-musicale nei confronti dei Pink Floyd? Ti premetto che io sono un autodidatta della chitarra, dall’inizio della mia passione ormai sono passati più di cinque lustri … sembra ieri. Ricordo che ad un certo punto del mio percorso musicale mi sono trovato a dover scegliere tra Dire Straits e Pink Floyd. Beh, La mia scelta è caduta sui Floyd perché rispecchiavano in maniera incisiva la mia anima, il mio modo di essere. Se non erro possiedi una strumentazione quasi identica a quella di Gilmour, quali sono le chitarre che usi nei tuoi concerti? Magari poter avere tutta la sua strumentazione! Direi che con la mia riesco ad avvicinarmi molto a quel sound inconfondibile, ma replicare la strumentazione di un musicista che suona da più di 40anni credo sia pressoché impossibile. Di solito cambio le chitarre in base al brano che devo eseguire, per cui si susseguono varie STRATOCASTER, TELECASTER, LES PAUL, LAP STEEL e acustiche. Tutto al servizio dei brani da suonare. Per la tua indiscussa bravura e per la tua voce molto simile a quella di David, molte persone ti chiamano “LEO GILMOUR”, ti lusinga questo paragone con il famoso chitarrista dei Pink Floyd oppure ti infastidisce, conoscendo il tuo carattere molto riservato. Certo, mi lusinga moltissimo, essere associato ad una persona di quel calibro credo farebbe piacere a chiunque, anche se un po’ il paragone mi imbarazza … Pink Floyd. Solo a pronunciarne il nome vengono i brividi, alla fine di ogni concerto riservi sempre delle parole di ringraziamento nei loro confronti per avere scritto della musica che resterà immortale. Avverti sul palco questa grande responsabilità nell’eseguire le loro canzoni. Ho molto rispetto verso le cose che faccio. La musica dei P.F. è senza tempo, mentre suono avverto una forte responsabilità nell’eseguire i brani che loro hanno scritto, e vedere a fine concerto la gente estasiata mi fa percepire che il compito è riuscito … diciamo che mi sento come se avessi contribuito anch’io a scrivere quella musica. Simon Reynolds, uno dei più autorevoli critici musicali contemporanei ha scritto nel suo ultimo libro –RETROMANIA- : “L’era pop in cui viviamo è impazzita, gruppi che si riformano, reunion tour, album tributo e cofanetti ecc …” . E se il pericolo più serio per il futuro della nostra cultura musicale fosse … il passato? Un tempo il pop ribolliva di energia vitale, perché non sappiamo più essere originali? Cosa succederà quando esauriremo il passato a cui attingere? Riusciremo a emanciparci e a produrre qualcosa di nuovo?” Ti chiedo Leo: le tribute band sono una componente di questo fenomeno, molto spesso si sentono giudizi negativi in merito a queste, o meglio qualcuno le definisce un “ mercimonio “ sulla musica di altri. Tu cosa ne pensi? A dire il vero io la vedo un po’ diversamente: portare in giro una musica come quella dei Floyd, è come farlo con la musica classica, e mi spiego meglio: Paganini, Mozart, Vivaldi, Verdi, Toscanini ... non esistono più ormai, nonostante ciò la loro musica continua a vivere grazie ai musicisti contemporanei che la propongono e la fanno conoscere in tutto il mondo. Anziché definirlo mercimonio parlerei piuttosto di opportunità, soprattutto per i più giovani di poter conoscere ed apprezzare certa musica, grazie a chi intende prendersi l’onere di farlo, aggiungo che qui a Verona ogni anno si svolge il festival della musica lirica, e proprio quest’anno si celebra il centenario di questa importante manifestazione, poter assistere a spettacoli quali: Aida, Nabucco, La Traviata, Il Trovatore, Rigoletto del grande Giuseppe Verdi non sia altro che offrire a milioni di appassionati la possibilità di rivivere emozioni uniche e irripetibili in una cornice fantastica quale l’Arena. Credo che tutto questo non si possa definire mercimonio. La musica dei Pink Floyd, con tutto il rispetto, si può considerare immortale e noi con la nostra passione e sacrificio, cerchiamo di offrirla a tutte quelle persone che con affetto ci seguono nei nostri concerti. E’ capitato ancora alla fine di uno spettacolo di essere avvicinati da qualche adolescente che ti dice “ascolto i Pink Floyd perché il mio papà a casa ha tutti i loro dischi, non ho mai potuto vederli dal vivo se non in qualche filmato. Per questo sono venuto a vedervi questa sera con i miei amici, vi ringrazio per le grandi emozioni che mi avete regalato, adesso ho le idee molto più chiare e capisco perché mio padre li ami così tanto!” secondo te questo si può definire mercimonio? Ok, sei stato chiarissimo. Dopo l’ultimo tour che ha toccato le più importanti città italiane, tour che ha fatto tappa anche in Belgio e Olanda, riscuotendo un successo strepitoso, mi sai elencare quali differenze hai potuto cogliere fra queste due realtà e qual è in particolare un ricordo che ti è rimasto nel cuore? Suonare per me è sempre stata un’opportunità meravigliosa a prescindere dal luogo. Certo, suonare all’estero è stata un esperienza nuova. Rendersi conto di come la musica unisce i popoli, a prescindere dalla razza, una lingua diversa … sicuramente è un esperienza che spero si possa ripetere. Fra i tanti ricordi uno dei più belli senza ombra di dubbio è stato condividere con il gruppo queste emozioni. Secondo il tuo parere qual è il segreto del vostro successo e in quale aspetto i Big One devono ancora migliorare? Non c’è un segreto in particolare, credo che il pubblico che ci segue abbia capito quale sia tutto l’amore e la passione che noi riversiamo in quello che stiamo facendo, avendo molto rispetto delle intenzioni di chi ha composto la musica che stiamo suonando, poi per quanto riguarda il migliorare penso che si cerchi sempre, come nel nostro vivere quotidiano, di farlo. Comunque credo che i Big One nel corso di questi ultimi anni,( e lo dico con molta umiltà )siano cresciuti molto a livello professionale, e di questo sono molto orgoglioso. C’è una canzone alla quale sei più legato e che in assoluto ami suonare maggiormente? A dire il vero non esiste” una canzone “o “la canzone “che amo suonare maggiormente, a seconda del periodo ne preferisco una o un’altra, dipende sempre molto dal mio stato d’animo, dal momento che sto vivendo, la verità è che è molto difficile per me stilare un ordine di preferenze sulle canzoni dei P.Floyd … mi piacciono tutte! Credo non sia facile svolgere un’ attività professionale per tutta la settimana per poi calarsi nei panni di un musicista acclamato o viceversa. Come fai a gestire tutto questo? Non so … mi piace pensare di avere due personalità: una lavorativa/quotidiana ed una artistica/musicale. Mi definisco un musicista che svolge un lavoro ordinario per poter vivere … ( sorriso…). Progetti futuri per te e i Big One … hai qualche desiderio nascosto? Progetti futuri? Suonare, suonare, suonare. Ormai è diventata una necessità, passano gli anni ma non posso farne a meno, desidero solo suonare. Mi auguro di tornare all’estero perché ho avvertito nella gente la voglia di ascoltare la musica dei Pink Floyd, soprattutto la produzione meno recente, che è quella che noi preferiamo, quindi se devo esprimere un desiderio mi piacerebbe ritornare in Belgio e Olanda, nei loro locali che assomigliano molto come caratteristica al famoso Ufo Club che avevi menzionato prima. Ok Leo, ti ringrazio nuovamente, ci vediamo al prossimo concerto Ciao Giampy, sono io che ti devo ringraziare per tutto quello che fai, con passione e tanta professionalità, vorrei cogliere questa occasione per mandare un saluto a tutti i lettori di Mat2020 e soprattutto a tutte le tribute band che come noi, con enormi sacrifici girano l’Italia nel segno della musica. A proposito, dobbiamo caricare gli strumenti sul furgone se vogliamo ritornare a casa, cosa ne pensi? Andiamo? P.S. per la cronaca nel viaggio di ritorno prima di Bergamo ci siamo imbattuti in una bufera di neve che ha rallentato, non di poco, il nostro rientro a Verona avvenuto verso le ore 4. Quasi tutti alle 8,30 dovevano presentarsi sul posto di lavoro , è stata dura ma anche per questa volta ce l’abbiamo fatta, per una serata così ne valeva proprio la pena … frammenti di vita di una tribute band … alla prossima, il vostro inviato.
Gian Paolo Ferrari – TAXI ROCK
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