Sono i minatori più precisi e più instancabili mai visti, lavorano senza stipendio e non protestano mai. Sono i microbi minatori, microorganismi sempre più spesso impiegati per estrarre metalli dai minerali grezzi scavati nei giacimenti.
In India, la società mineraria Hutti Gold Mines Company Limited ha istituito una collaborazione con l'Indian Institute of Science di Bangalore per ottimizzare la tecnologia che impiega un batterio, chiamato Thiobacillus ferrooxidans, per estrarre metalli quali oro e argento, oltre a piombo, zinco, rame e cobalto. Questi organismi sono in grado di dissolvere solfuri come la pirite e l'arsenopirite, con cui le particelle d'oro si associano.
Il bioreattore messo a punto dagli scienziati indiani ha una capacità nominale di 100 chilogrammi al giorno di concentrato, che presto potrebbero diventare anche 200 chilogrammi al giorno.
Il nuovo connubio tra una delle ultime frontiere della tecnologia e una delle pratiche più antiche, ovvero tra biotecnologia e metallurgia, ha anche importanti risvolti ambientali, dal momento che permette l'impiego di un metodo naturale anzichè i tradizionali processi chimici, che richiedono temperature estreme e reagenti pericolosi.
I bioreattori per la lavorazione dell'oro, esistono in India, Sud Africa, Australia, Ghana e Brasile.
Inoltre, il progressivo impoverimento dei giacimenti auriferi del globo, rendono le tecniche di estrazione tradizionali poco vantaggiose da un punto di vista economico, a causa dei costosi procedimenti di ossidazione ad alta pressione e a base di cianuro di potassio. Procedimenti che non sono necessari con la bioestrazione, poichè i microbi lavorano in modo "pulito" e con un notevole risparmio che può arrivare ad aumentare anche del 90% il recupero delle particelle d'oro dai giacimenti.
L'approccio biotecnologico integrato per l'estrazione di oro è assolutamente una delle tecnologie più promettenti, con dei costi competitivi, un'alta efficienza energetica ed completamente eco-friendly.
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