lo e Gertrude Stein fummo invitate con alcuni amici, in una proprietà della Camargue, una penisola di circa quindici chilometri quadrati nel delta del Rodano. Partimmo in macchina, una mattina di fine autunno, verso la distesa di paludi deserte, passando sopra ponti di barche, fino alla tenuta di S., nella quale doveva aver luogo la riunione e la colazione. La casa era molto vecchia e non ci viveva nessuno tranne il custode. Il padrone la usava solo quando andava a caccia o a pesca con gli amici. Gli uomini tornavano con pesci e cacciagione che venivano consumati a colazione (i francesi non hanno l’abitudine di far frollare la selvaggina). Nella sala da pranzo, enorme, c’era un camino con un gran fuoco. Le donne prepararono la tavola con i piatti pronti e gli oggetti che avevano portato con sé, patés di carne e di pollo da riscaldare, gelatine, burro e uova, bicchieri, argenteria e tovaglie. Io e Gertrude Stein venimmo intanto accompagnate ad ammirare due fenicotteri che bevevano e alcuni piccoli tori bianchi, i discendenti dei tori selvaggi. Gli uomini, di ritorno col carniere pieno, furono accolti con rumorose esclamazioni di benvenuto. Si scelsero subito i pesci e la selvaggina da cucinare. Furono affidati al custode perché li spennasse e li pulisse, sotto la supervisione di qualcuna delle donne. Il fuoco del camino venne subito ridotto, in modo da poterlo usare per gli arrosti allo spiedo. Le anatre selvatiche che erano state scelte non ci avrebbero messo molto a cuocere. Sullo spiedo ce ne stavano otto alla volta, e altre sarebbero state messe ad arrostire mentre si tagliavano e si mangiavano le prime. Le lamprede vennero spellate e pulite (gli uomini erano molto orgogliosi di averle pescate in quella stagione nel vicino Rodano), tagliate a lunghi pezzi, ciascuno avvolto in una fetta sottile di lardo, e cotte alla griglia, sulla brace, mentre una salsa speciale veniva preparata in uno scaldavivande d’argento molto antico.
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Per i francesi la cucina ha origini profonde nella cultura e ha continuato a evolversi per secoli. Non sono ammesse esagerazioni e il rispetto della qualità col sapore tipico di ogni ingrediente sono aspetti fondamentali. Non tutti i sapori, infatti, si amalgamano in modo soddisfacente. E certe capacità non si imparano facilmente perché è assolutamente necessario coltivarle.
Alice B. Toklas, I biscotti di Baudelaire, traduzione di Marisa Caramella, Bollati Boringhieri, 2013.