Dopo 12 anni di osservazioni, un gruppo di ricerca guidato da un astronomo del Max Planck Institute ha confermato che la Via Lattea ha quattro bracci di spirale, al contrario di quanto aveva affermato nel 2008 il telescopio Spitzer della NASA. Lo studio su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
di Giulia BonelliDistribuzione delle stelle giganti nella Via Lattea. Cerchiata in nero, la nostra collocazione nella galassia. Crediti: J. Urquhart et al.
Una battaglia a colpi immagini e teorie, quella costruita attorno ai bracci della Via Lattea: il loro numero è passato da quattro a due, per poi essere messo di nuovo in discussione nel corso degli anni. Oggi la partita pare si sia finalmente chiusa. Per la prima volta sono stati osservati tutti i bracci esterni della nostra galassia: il verdetto è che sono proprio quattro, come era stato ipotizzato all’inizio.
La conferma arriva da una ricerca coordinata da James Urquhart del Max Planck Institute, basata su 12 anni di osservazioni e analisi. Urquhart e il suo gruppo hanno passato in rassegna circa 1.650 stelle giganti della nostra galassia, per poi calcolare la forma della Via Lattea a partire dalle distanze e dalle luminosità delle stelle.
Fare deduzioni di questo genere è tutt’altro che facile, dal momento che nella Via Lattea ci siamo immersi. Gli astronomi hanno iniziato a provarci negli anni ’50, utilizzando radiotelescopi per costruire una mappa della nostra galassia. Le osservazioni hanno mostrato nubi di gas in cui erano nate nuove stelle, rivelando quattro bracci principali della galassia. Negli anni questa teoria è stata più volte messa in discussione, fino alla completa smentita nel 2008: il telescopio Spitzer della NASA, basandosi su osservazioni nell’infrarosso, individuò circa 110 milioni di stelle ma trovò conferma solo di due bracci di spirale.
Nello studio di Urquhart e colleghi, pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, sono stati utilizzati diversi radiotelescopi in Australia, Stati Uniti e Cina per osservare singolarmente le stelle che hanno poi portato alla conclusione che di bracci ce ne sono quattro.
“Non si può dire che i nostri risultati siano giusti e quelli di Spitzer sbagliati” commenta Melvin Hoare della Scuola di Fisica e Astronomia dell’Università di Leeds e co-autore dell’articolo. “Le due indagini cercavano cose diverse: Spitzer ha osservato solo le stelle più fredde e di massa più piccola, come il Sole, che sono più numerose delle stelle giganti a cui abbiamo puntato noi”.
Stelle, queste ultime, più difficili da osservare rispetto alle loro controparti più piccole, perché vivono meno – “soltanto” 10 milioni di anni. Però c’è un vantaggio: la loro breve vita fa sì che esse si trovino solo nel braccio in cui si sono originariamente formate, e quindi possono essere utilizzate per una mappa più fedele dello spazio che le circonda. Questo potrebbe spiegare la discrepanza con i risultati di Spitzer: evidentemente solo in due dei quattro bracci c’è abbastanza energia gravitazionale da trattenere le stelle piccole, che al contrario di quelle giganti si muovono più volte nella galassia. Invece in tutti e quattro i bracci è possibile la formazione di stelle giganti, che sono quelle monitorate in modo selettivo dal gruppo di Urquhart e che hanno confermato la struttura della Via Lattea.
“Gli studiosi della formazione delle stelle come me sono cresciuti nell’idea che la nostra galassia abbia quattro bracci di spirale” conclude Hoare. “È fantastico essere stati in grado di riaffermare quel disegno”.
Per saperne di più:
- Leggi su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society l’articolo “The RMS survey: galactic distribution of massive star formation” di J. S. Urquhart, C. C. Figura, T. J. T. Moore, M. G. Hoare, S. L. Lumsden, J. C. Mottram, M. A. Thompson, R. D. Oudmaijer.
Fonte: Media INAF | Scritto da Giulia Bonelli