Come cantava un celebre motivetto dei Righeira
"l'estate sta finendo e un anno se ne va".
La prima parte mi fu abbastanza chiara da subito, nonostante la mia conoscenza, vogliamoci bene e limitiamoci a dire 'sommaria', del mondo atmosferico e astronomico, faticosamente sudata sui banchi di scuola a schivare i gessetti-proiettili della prof puntati contro di me ad ogni risposta infelice ("perché Saturno ha gli anelli?" "beh sarà sposato" e fuori subito il diario a mo' di scudo antimissile). Sulla seconda parte ci sono arrivato più tardi. Perché in beata età puberale, tra un trillo su msn e una Britney Spears di edizione in edizione sempre più protesa a raschiare il fondo di un barile di frappuccino Starbucks ad ogni Mtv Music Awards, gli anni si susseguono senza che uno se ne renda conto più di tanto. Maturato di qualche lustro e stabilizzatosi il mio equilibrio ormonale ho iniziato a capire anche l'altra metà del ritornello. Infatti, sebbene l'anno finisca il 31 dicembre e tradizione vuole che in quella notte, dentro se stesso, in un'avventurosa gincana tra brandelli di cotechino e flutti di spumante, ciascuno esprima un proposito per l'anno venturo, è in realtà a settembre che ci si lancia nella formulazione, lucida e pianificata, dei buoni propositi per l'anno che ci si trova davanti. Nessuna ricorrenza speciale, nessun traguardo né griglia di partenza precisi, in un giorno qualunque, magari un po' più malinconico degli altri, passeggiando sull'asfalto pervasi da un velo di tristezza al ricordo dei tramonti estivi in riva al mare.
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Quest'estate, in verità, non ho visto molti tramonti, e ancor meno mare, il che mi rende nel contempo la persona meno e più adatta a dirvi come comportarsi per fare degli effettivi buoni propositi realizzabili; barcamenandomi tra queste due possibilità contraddittorie, direi che a capodanno potrei essere o l'amico ancora ubriaco dalla sera prima o quello astemio.
Sincerità (con se stessi)
Il vero segreto perché i nostri propositi settembrini abbiamo una anche solo remota possibilità di successo è essere sinceri con se stessi. "Dici poco" - penserete. A volte si rischia di esser troppo disfattisti, altre troppo ottimisti, ma trovare un equo parametro di giudizio quando si è insieme giudice e imputato non è certo una passeggiata. C'è da dire, però, che non avete un pubblico, una platea pronta a giudicare il vostro operato, a rinfacciarvi il primo passo falso. Siete voi da soli, e in fondo l'onestà verso se stessi potrebbe già da sola costituire un buon obiettivo, anche qualora i vostri buoni propositi dovessero miseramente infrangersi contro le scogliere della realtà.
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Ma veniamo agli esempi. Io non ho mai messo gli scii in vita mia. E sì sono lombardo, ma di quelli della pianura, di quelli che una gita in collina è un degno spin-off di Alle falde del Kilimangiaro. Certo la montagna mi affascina, scorci magici, la natura selvaggia, e poi raggomitolarsi al caldo sorseggiando una cioccolata in baita, tutto bellissimo. Ma sarebbe credibile che io mi prefiggessi di diventare il nuovo Alberto Tomba? No, cari amici, non lo sarebbe. A parte che ho 26 anni suonati e ogni chance di diventare un campione in un qualsiasi sport che implichi movimento fisico me la sono giocata almeno un decennio fa, quando abbandonai calcio perché mi rubava tempo all'altra mia attività sportiva, tripla traduzione carpiata di Cicerone. Non lo sarebbe perché gli 'scorci magici' li voglio postare su Instagram mica percorrere; perché l'unica selvaggia che conosco è la Lucarelli; perché il raggomitolarsi al caldo sarebbe entrare da Annabella di Pavia e provare tutto il campionario; perché alla cioccolata preferisco il vin brulé e ci manca giusto una multa per 'sciata in stato di ebrezza' a rimpolpare il mio curriculum. Perciò, sincerità.
Fattibilità
Altro punto chiave è la fattibilità . Oddio a ben pensarci non è proprio un punto fondamentale. Mi basta un collegamento internet e posso diventare maestro di moda, arte, cultura, design. Mi basta un profilo su Amazon dove posso pubblicare le mie "opere letterarie" e diventare romanziere, poeta maledetto, maitre à penser. Mi basta scrivere sul blog di qualcun altro e divento subito profeta di sentimenti, psicoterapeuta da consultare in pausa pranzo. Però, ecco, il magico mondo di internet non può fare tutto da solo. Una base su cui lavorare ci deve pur essere. Vi dissi che abbandonai calcio; beh diciamo che il mio addio ai campi non fu pianto come il corrispettivo manzoniano ai monti. Dopo un inizio burrascoso e incerto intorno ai sei anni, dove alternavo tentativi di palleggio di giorno a pianti disperati pensando alle povere margherite del campo triturate dai miei tacchetti la sera, trovai il mio equilibrio, o, come si dice in gergo tecnico, il mio "ruolo" (ala sinistra, perché correvo abbastanza e non ero così vicino alla porta da poter far danno). Beh giunto al traguardo dei 10 anni di carriera, da maturo sedicenne, capii che non valeva la pena indossare per ore una tuta di flanella della Legea per bere del tè riscaldato in panchina. Insomma avevo capito che non era fattibile, appunto, che io diventassi il capocannoniere del mio campionato provinciale. Digerita l'amara constatazione andai a consolarmi con tre versioni di Cicerone, dove sentivo che avrei potuto avere un futuro. Dove il gioco valeva la candela. E sì, cari amici, perché per realizzare un obiettivo, grande o piccolo che sia, sono inevitabili dei sacrifici. E rinunciare a qualcosa, spesso di piacevole, per inseguire qualcosa di irrealizzabile è forse molto romantico, ma anche molto frustrante.
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Tempistica
Non bisogna poi tralasciare la tempistica. Se nel mondo del lavoro il tempo è denaro, in quello della mente è il diamante blu che Rose da centenaria butta nel fondo dell'Atlantico (povera pazza). Certo non voglio deprimervi e deturpare l'immagine doriangrayiana che avete di voi stessi come giovani nel fiore dell'età con tutta la vita davanti. Ma, ahimè, il tempo stringe. (Sto vedendo un po' troppo spesso mia nonna ultimamente, scusate). Quante volte al giorno vi capita di dire "sì lo faccio dopo"? Beh, a me tante. Ah la bellissima parola DOPO: quanti anni di ininterrotta devozione, quante capre sacrificate ai suoi altari. Ma qui siamo già un passo oltre, siamo nella vita di tutti i giorni, in quella roba cioè che i vostri buoni propositi di settembre se li mangerà in un boccone, li disintegrerà, e poi tirerà lo sciacquone prima ancora voi vi siate accorti di aver calato le braghe. Dunque se non volete che la vostra cloaca dei buoni propositi s'intasi già a metà ottobre occorre procedere per piccoli passi, fate progetti a breve termine, aggiungere un tassello alla volta.
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Determinazione
Non dimenticate poi una buona dose di determinazione. Al momento vi sembrerà una cosa ovvia, un'offerta compresa nel pacchetto all inclusive, l'open bar a bordo piscina con braccialetto al villaggio Alpitour. Ma tutto ciò è solo un'illusione momentanea. Già cari amici, perché in quei minuti brevi e intensi in cui il cricetino nel nostro cervello corre all'impazzata sulla sua ruota siete del tutto assorbiti dai vostri propositi, ma, nell'istante successivo a quando li avrete formulati, non sarà più così. E come il povero principe Filippo vi ritroverete in poco tempo imprigionati nella foresta di rovi folta e intricata che nessuno la scovi della quotidianità, mentre i vostri buoni propositi, arroccati in una vecchia torre traballante del più pericolante vecchio castello dell'intera cristianità, sempre più irraggiungibili, rischieranno di cadere in un sonno eterno come la bella Aurora.
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Segretezza
Non vi dirò quali sono i miei, perché i buoni propositi, come i desideri, richiedono segretezza. E il mio ultimo suggerimento è di fare anche voi così. Se poi qualche amico o collega ve li indovinerà, beh vuol dire che siete sulla strada giusta per realizzarli.
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