Ho sempre avuto un rapporto conflittuale con la mia terra. Questa terra lenta e avvolgente. Calda ma asfissiante. Incostante, contraddittoria e a tratti respingente. Questa terra capace di amarsi e odiarsi. Capace di risollevarsi e boicottarsi come nessuno. Una terra che mi ha spinto a scappare da lei, a odiarla, ma averla sempre attaccata sotto le unghie. Una terra dove la vita e il destino hanno voluto riportarmi a malincuore. Una terra che però mi ha aiutato a rinascere. Perché ogni albero ha le proprie radici ed è da quelle che trae la spinta per ramificare verso il cielo e l’infinito.
Non la amo ancora incondizionatamente, forse non lo farò mai. Siamo troppo differenti lei e io… O semplicemente siamo troppo simili per poter convivere pacificamente. E la voglia di andare via anima sempre i pensieri più inconsci, ma non mi ossessiona più. Se il National Geographic dice che è la più bella regione del mondo un motivo ci sarà e io forse in quest’ultimo anno ne ho scoperti più di uno… Luoghi conosciuti e sconosciuti. Luoghi dell’anima e luoghi dell’occhio.
Luoghi reali e immaginifici. Luoghi che hanno fatto da cuore e corpo a un anno strano, pieno e cangiante come pochi. Un anno di transito. Un anno pieno di lavoro, il più bel lavoro del mondo. Un anno fatto di viaggi e scarpinate. Di poche ore di sonno e di mal di schiena. Un anno di albe e di tramonti mozzafiato. Un anno di frenesia con parentesi di noia. Un anno pieno di risate, lacrime, parole dolci e bestemmie. Un anno anche d’amore… A proprio modo ovviamente, ma sì, anche d’amore. Tutti i tipi d’amore che possano venirmi in mente. Un anno vissuto e non solo trascorso. Un anno che a pensarci bene non mi sarei mai aspettata l’anno scorso. Un anno arrivato in punta di piedi per poi entrare a gamba tesa sugli equilibri precari della mia vita. Un anno che non immaginavo avrei trascorso. Un anno come questo insomma.Un anno in cui forse ho trascurato un po’ il blog, ma che ha arricchito questo spazio di una nuova parte di me che prima stentavate a vedere. E non è perché siamo a dicembre ed è tipicamente tempo di bilanci… E’ solo che sono tornata dall’ultimo lavoro di questo pazzo, pazzo anno e ho perso un altro pezzettino di cuore. Perché ogni set, ogni lavoro ruba un pezzettino del mio cuore e lo tiene con sé. Stretto. Ancorato alla terra dove ho poggiato la macchina da presa. E così in questo momento ci sono sparsi per questo lembo di terra grande come un tacco piccoli pezzettini di me che giacciono sotto terra ad alimentare un fuoco. Un calore sotterraneo e incostante, spesso sferzato dai venti della vita, ma alimentato e mantenuto da un maestrale d’amore. Un fuoco attorno al quale spesso sono stata sola, ma che ultimamente si è animato di presenze costanti e importanti. Un fuoco che alimenta i miei sogni e le mie veglie. Un fuoco che riscalda, ma spesso brucia la pelle. Un fuoco di cui però non potrei mai fare a meno. Quello per il mio lavoro. Il lavoro più bello del mondo.