Come dicevamo tempo fa in un altro articolo, ci sono personaggi che entrano nei libri di storia per episodi di un certo squallore umano, nemmeno sufficientemente notevole da iscriverli d’ufficio alla categoria dei “veri cattivi”.
Fiorenzo Bava Beccaris è certamente uno di essi.
Appartenente a un’antica e nobile famiglia piemontese, il suo destino fu segnato fin dall’adolescenza, quando venne iscritto all’Accademia Militare di Torino. Quella del soldato divenne la sua professione, la carriera da ufficiale era invece garantita dal blasone del suo casato.
Partecipò alla Guerra di Crimea e alla Seconda e Terza Guerra d’Indipendenza italiana, ottenendo anche il Cavalierato all’Ordine Militare dei Savoia.
In seguito fu nominato generale d’artiglieria, comandante di due corpi d’armata e membro del Ministero della Guerra. Ma il suo nome spicca, con disonore, grazie a quanto fece durante i disordini milanesi ricordati come “la Protesta dello stomaco”, nel 1898.
Occorre un breve quadro storico del periodo. Un trentennio dopo l’Unità d’Italia il paese era ancora in forte fase di sviluppo, improntato su un modello di stato decisamente ottocentesco. La modernizzazione del paese era lenta e creava frizioni tra le classi meno abbienti e quelle agiate, che non ci pensavano troppo a lucrare sulle miserie dei poveracci.
–> Nota superflua: più di un secolo dopo, le cose non sono poi così cambiate…
Comunque sia, Milano era già allora una delle città più popolose d’Italia, nonché il centro finanziario del paese. Tuttavia l’aumento del prezzo dei generi alimentari diede lo spunto ai movimenti anarchici e radicali per organizzare dei motti di protesta contro il Governo Crispi, il duro presidente del consiglio già ben poco amato, e nell’occasione divenuto focalizzatore dell’odio antistatale dei ceti bassi che covava da tempo.
Le proteste dilagarono in molte città italiane, ma a Milano erano più a rischio, vuoi per l’importanza del capoluogo lombardo, vuoi perché la zona ospitava i primi, importanti centri industriali che tanto producevano ricchezza per gli imprenditori locali.
Al generale Bava Beccaris fu quindi ordinato di mantenere l’ordine e di proteggere le strutture, per evitare il peggio.
Beccaris aveva però a disposizione poco meno di tremila uomini, di cui solo 600 cavalieri e 300 artiglieri. Vista la situazione incandescente nell’intero paese non era nemmeno lecito aspettarsi rinforzi.
Corso di Porta Venezia occupato dalle truppe di Beccaris.
Dopo giorni di crescente tensione, tra fine aprile e inizio maggio del 1898, la situazione degenerò del tutto il giorno sette maggio, quando i manifestanti alzarono barricate in punti nevralgici della città, sfidando le autorità, che già non erano state tenere nei loro confronti.
Bava Beccaris fu nominato d’urgenza Regio Commissario Straordinario, il che gli diede carta bianca per reprime i motti con l’uso della forza. Visto che la cavalleria poteva poco in ambito urbano, il generale decise di passare presto all’uso dell’artiglieria.
Tra il 7 e l’8 maggio le cannonate degli uomini di Beccaris causarono diversi morti e molti feriti, tra l’altro anche tra i semplici curiosi che si affacciavano dai palazzi attigui per assistere agli scontri. Con placida e ottusa soddisfazione, il generale telegrafò al governo che la rivolta era stata domata.
Il bello è che, a distanza di oltre un secolo da allora, non c’è ancora chiarezza sul numero di vittime causate dalla carneficina del Beccaris. Una perfetta opera d’insabbiamento in stile italiano, come sempre.
A quanto pare i morti sono da considerare in numero compreso tra i 90 e i 120, anche se fonti cittadine oculari parlavano addirittura di 300 vittime.
Il generale non fu mai punito, anzi, servì lo Stato fino al 1902, quando venne pensionato col dovuto vitalizio. Diventato uno scrittore* di cronache militari, fu un deciso interventista durante la Prima Guerra Mondiale, che osservò però dalla sua tenuta di Fossano, troppo vecchio per essere richiamato in servizio.
Tanto per non farsi mancare nulla, Fiorenzo Bava Beccaris fu anche un fascista della prima ora, uno dei militari che consigliò a Re Vittorio Emanuele III di concedere a Mussolini la formazione del nuovo governo.
Beccaris morì nel 1924, all’età di 93 anni.
Moti di Milano – Piazza Duomo in stato d’assedio.
Oggi, primavera del 2013.
In seguito alle proteste di piazza di Istanbul, ci sono alcuni italiani che, comodamente seduti davanti ai loro computer, inneggiano a copiare i turchi e a “fare la rivoluzione”. Ma quale e per cosa?
Non lo sanno.
Ovviamente sono pochissimi quelli che approfondiscono i motivi delle manifestazioni di Istanbul. Molti si limitano a sbraitare sulle bacheche di facebook a fare di tutta un’erba un fascio, e a lanciare sgrammaticate accuse contro la ka$ta.
Costoro ignorano bellamente chi tenta di fare analisi razionali e sensate sulle differenze (enormi) che caratterizzano la situazione turca da quella araba**, e anche da quella italiana che, grazie al cielo, è ancora lontana da certe virate totalitarie del governo Erdogan.
Non so voi, ma a me il pensiero di “fare una rivoluzione” non suscita esattamente gioia e gaudio. Non se la si fa con gli stessi presupposti del 1922, e soprattutto con gli stessi risultati.
Anche perché quella turca è una sacrosanta rivendicazione di diritti, mentre quella evocata dai demagoghi italiani è una sorta di incitazione al linciaggio. E, ripeto, a me fa paura.
Specialmente se nemmeno chi la sobilla sa esattamente dove vuole arrivare, e soprattutto perché.
Se i turchi hanno delle ottime ragioni per protestare in piazza (dove tra l’altro le violenze vengono commesse dalla polizia, e non viceversa), il tipico “rivoltoso italiano da Facebook” a me riesce a trasmettere soltanto disagio. Perché viene aizzato in modo sbagliato, dalle persone sbagliate, con l’obiettivo di scatenare indegne lotte tra i poveri***, altro che ka$ta.
Il rivoltoso italiano da Facebook è un soggetto fortemente influenzabile, poco informato, spesso innocuo****, ma con una percentuale di pericolosità che potrebbe andare ad aumentare.
Perché a combinare cazzate noi italiani siamo sempre stati bravi, e un altro Bava Beccaris qualcuno potrebbe tirarlo fuori ancora, nell’ottica che al peggio (i populisti sobillati dal “nuovo che avanza”) si oppone sempre il peggio.
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* E’ proprio vero che tutti i più stronzi prima o poi diventano scrittori.
** Chi volesse farsi un’idea più precisa in merito può leggere l’articolo di Francesco Ventura.
*** Per capirci: mi riferisco al tizio che ha detto che se l’Italia va a rotoli è colpa anche dei privilegiatissimi anziani pensionati. E se un leader si valuta anche dai nemici che si sceglie, povero lui.
**** Ovviamente generalizzo e NON mi riferisco assolutamente alle associazioni serie che si battono democraticamente per la trasparenza in politica e per i diritti civili.
Alex Girola