Lo "speciale" sui capricci che esce sul prossimo numero di UPPA è un "remake": abbiamo già pubblicato anni fa uno speciale su questo argomento. Abbiamo deciso di tornarci su perché, da un'indagine svolta fra i nostri lettori, è venuto fuori che l'educazione e la genitorialità sono argomenti molto richiesti.
Il primo speciale sui capricci era introdotto da Franco Panizon con queste considerazioni.
Lo speciale di questo numero è probabilmente il più importante tra quelli che UPPA ha offerto ai suoi lettori. Infatti, la malattia di cui tratta, i capricci, è certamente la malattia più diffusa tra i bambini di oggi, più di quanto lo siano mai state la grandi malattie dell'uomo: la tbc, la sifilide, il vaiolo; e anche le meno grandi: la difterite, il tetano, il morbillo, la gastroenterite, la polio, la malnutrizione.
Diffusa ma non grave? No, diffusa e grave, diffusa e persistente, diffusa e caratterizzante moltissimi bambini, moltissime famiglie, tutta o quasi la nostra società del benessere. [...]
È scritto chiaramente: non esiste un bambino che faccia i capricci "da solo"; per fare i capricci bisogna essere in due. E se uno dei due, il bambino, fa molti capricci, l'altro deve domandarsi cos'è che non funziona, all'interno di se stesso, e nel rapporto col figlio. I bambini, più e meglio di noi, sanno benissimo come devono rapportarsi all'una o all'altra delle persone che compongono la loro piccola società.Un bambino bilingue, figlio di due genitori di diversa nazionalità, sa parlare italiano (o greco, o portoghese...) al papà e francese (o inglese, o tedesco...) alla mamma.
Così è per i capricci: ogni bambino sa benissimo con chi farli, con l'anello debole. E se fa tanti capricci con tutti e due i genitori, vuol dire che ci sono due anelli deboli e che, forse, in quella famiglia c'e qualcosa che funziona male. Ma anche se l'anello debole è uno solo, potrebbe esserci "qualcosa che non va", perché l'anello forte dovrebbe rafforzare quello debole, e i tre anelli (i genitori e l'anellino del figlio) dovrebbero rinforzarsi a vicenda. Infatti è il bambino che fa una famiglia. [...]
Ma se questo problema dei troppi capricci ce lo abbiamo più o meno tutti, c'entra qualcosa la società in cui viviamo. Forse siamo deboli perché noi stessi siamo sempre accontentati da un sistema economico e sociale che anticipa i nostri desideri, che non ci lascia essere protagonisti, che ci vuol solo vendere, vendere, vendere. Ed è questa società che riproduciamo nella famiglia.
Alla società, come singoli, per correggerla, possiamo fare ben poco: ma verso la nostra famiglia, verso il nostro anellino capriccioso che deve crescere, abbiamo dei doveri, che non sono il dovere di accontentarlo. E se il nostro anellino ci dice, coi suoi capricci, che non siamo adeguati, dobbiamo saper guardarci dentro. Facile da dire; ma non e come dare una ricetta di paracetamolo: non c'è ricetta per guardarsi dentro.