E poi uno dice che due più due non sempre fa quattro. Ventiquattrore prima del verdetto della Cassazione sulla “mafiosità” di Marcellino Pane, Vino ed Euri, un fiume di denaro, forse deviato da un fenomeno carsico, rompe gli argini e va a finire dritto dritto su un conto cifrato di una banca di Santo Domingo. Siccome siamo uomini di mondo, sappiamo che Santo Domingo è sempre stata, e resta, uno dei luoghi preferiti di chi ha qualche problema con la giustizia e soprattutto con il fisco. La spiaggia bianca, le palme, banane dalle dimensioni cosmiche, affari stordenti, bella gente e tanta figa sono tutti aspetti che a un, chiamiamolo, “latitante” danaroso, non sfuggono. Se a tutto ciò si aggiungono banche riservatissime, quasi omertose, e il festival mondiale del Merengue, il gioco è presto fatto. Nel caso specifico, però, i protagonisti della vicenda non sono due evasori qualsiasi. Uno, l’elargitore, è stato presidente del consiglio e ambisce a fare il Presidente della Repubblica, l’altro è un Senatore ammaliato dalla cultura, dal teatro, dai libri antichi che, nel tempo libero, si diverte come un matto a intrattenere rapporti con i mafiosi siciliani spinto dal suo interesse di approfondirne gli aspetti sociologici. Si arriva, o meglio, i giudici di Palermo arrivano a tracciare chiaramente i confini di una storia che definire emblematica è come sempre usare un eufemismo, facendo proprio due più due, incrociando versamenti e date e viene fuori che... L’8 marzo, solo per un caso vigilia della sentenza della Cassazione sul processo per mafia di Dell’Utri, SilvioBerlusconi fa un versamento di 15 milioni di euro sul conto corrente di Marcellino e della di lui consorte. La causale è l’acquisto di una villa di pari valore sul lago di Como. Di questi 15 milioni, dopo un rapidissimo passo di merengue, 11 prendono il volo diretti a una banca di Santo Domingo. Negli stessi giorni Marcellino non è in Italia ma si trova in un paese di lingua spagnola. Alla conclusione ci arrivano i giornalisti che tentano di mettersi in contatto con lui e che al cellulare si sentono rispondere in spagnolo che “l’utente chiamato non è raggiungibile”. Cosa arrivano a pensare allora, quei birichini rompicoglioni dei giudici di Palermo? Che Dell’Utri abbia pianificato la sua fuga, la sua latitanza a Santo Domingo, nel caso in cui la sentenza della Cassazione fosse stata negativa perché, in quel caso, Marcellino sarebbe finito dritto in galera. Il problema, per i magistrati che indagano su un totale di 40 milioni di euro versati negli anni direttamente sul conto di Dell’Utri da Silvio Berlusconi, è che le banche di Santo Domingo, fan sfegatate di Giuseppe Ungaretti, sono famose per il loro ermetismo, e che sarà complicatissimo, usando una semplice rogatoria internazionale, venire a capo della faccenda. A oggi la storia è questa. In attesa che i banchieri della repubblica dominicana si decidano a parlare, restano solo congetture ma, direbbe Poirot, un indizio è un indizio, due indizi fanno una prova. Ancora Caraibi per Roberto Formigoni. Daccò continua a dire che le vacanze del presidente della Regione Lombardia le ha pagate lui, di tasca propria, fino all’ultimo cent. Formigoni, invece, insiste nella versione che hanno fatto fifty-fifty. Il problema, per il presidente lombardo, è che non c’è traccia di esborso di denaro fra lui e Daccò mentre ce ne sono a migliaia da Daccò a lui. In attesa che ritrovi la sua agenda, Formigoni ha definitivamente affermato che non si dimetterà mai. L’impressione è che per togliergli il culo da quella poltrona dovrà intervenire il reparto Celere.
I Caraibi restano il buen retiro per tutti. Dell’Utri e Formigoni compresi.
Creato il 20 luglio 2012 da Massimoconsorti @massimoconsortiPotrebbero interessarti anche :
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