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I “cattivi maestri” e Gianni Vattimo: ma quale pensiero debole?

Creato il 16 novembre 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

Vattimo_en_Italiadi Michele Marsonet. L’espressione “cattivi maestri” ha avuto notevole fortuna in Italia a partire dagli anni di piombo. Fu coniata per riferirsi ai numerosi intellettuali che, negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, incoraggiarono con i loro scritti la pratica del ricorso all’intimidazione e alla violenza quotidiane, fornendo così una sorta di copertura ideologica a movimenti eversivi di varia natura. 

Tale espressione è stata spesso citata anche in tempi recenti ponendola in relazione agli attivisti “No Tav”. Alcuni mesi orsono, mentre esponenti del movimento occupavano il Palazzo di Città, sede del Comune di Torino, il sindaco del capoluogo piemontese Piero Fassino ha rammentato che pure negli anni Ottanta si cominciò con le scritte finendo poi con sprangate e sparatorie. Scordando però di aggiungere che nel caso dell’Alta Velocità la fase delle scritte è stata ormai superata da un pezzo e si è entrati a vele spiegate in quella di sprangate e sassaiole. Per ora non si è giunti alle sparatorie, ma poco c’è mancato.

I recenti interventi sull’argomento dell’europarlamentare Gianni Vattimo hanno ovviamente rinfocolato le polemiche. In un’intervista a “Repubblica” Vattimo non è certo andato per il sottile: ecco alcune delle sue tesi. La vera violenza è quella dello Stato che militarizza il territorio per realizzare un’opera inutile. Gli agguati agli operai che lavorano nel cantiere di Chiomonte devono essere messi in dubbio e, se fossero realmente accaduti, sarebbero inquadrabili come reazioni alla violenza dello Stato. Le reazioni violente contro le scelte di un Parlamento non legittimo vanno sostenute. Le intimidazioni agli operai del cantiere sono leggende inventate dai giornalisti. Invece di pensare alla legittimità di assaltare i cantieri con la gente che ci lavora dentro, dovremmo chiederci se è normale che i cantieri siano difesi da centinaia di agenti. E via di questo passo.

I lettori potrebbero a questo punto chiedersi che c’è di strano, giacché discorsi di questo tipo non sono certo rari nel nostro Paese. Provo allora a spiegare da cosa nasce la mia – pur parziale – sorpresa. Gianni Vattimo è uno dei più noti filosofi italiani viventi, ora pofessore emerito dell’Università di Torino (ha 77 anni). Assai noto anche all’estero, ha spesso ricoperto incarichi d’insegnamento negli USA e vanta numerose lauree “honoris causa” conferitegli da atenei di tutto il mondo. Dal 1999 al 2004 è stato parlamentare europeo per i Democratici di Sinistra, e in seguito rieletto nel 2009 nella lista dell’Italia dei Valori.

La sorpresa di cui prima parlavo nasce dal fatto che il filosofo torinese è celebre per aver dato vita al cosiddetto “pensiero debole”, basato su un’interpretazione dell’ermeneutica contemporanea contrapposta a forme del pensiero occidentale che egli giudica invece “forti” (ivi incluso il marxismo). La verità deve adeguarsi alla dimensione umana che è necessariamente effimera e percorsa dall’errore. Ma, elemento più importante, il pensiero debole fornisce la chiave per democratizzare sul serio la società, favorendo il pluralismo, la tolleranza e – lo si noti bene – la diminuzione della violenza.

Sennonché, leggendo le sue ultime dichiarazioni e in particolare l’intervista dianzi menzionata, viene spontaneo esclamare: “Alla faccia del pensiero debole!”. Quest’ultimo dovrebbe essere ironico, leggero e disincantato, senza esaltare in alcun caso la violenza. In realtà una lieve traccia d’ironia nell’intervista si trova.

Al giornalista che, sfruttando un suo precedente paragone, gli ha chiesto: “La Val di Susa come il Cairo?”, Vattimo ha replicato così: “Alt. Non ho detto questo. Non mi faccia arrabbiare. Potrei impiccarla ad un albero di fragole”. Ma solo in questo punto l’ironia debolista appare. Il resto è un susseguirsi continuo di esaltazioni – neppure troppo velate – della violenza anti-Stato.

Chi conosce Gianni Vattimo di persona sa che non farebbe male a una mosca. Ma le parole, ahimé, pesano, a volte più dei sassi (e delle molotov). Un dato di fatto che chi sostiene il pensiero debole non dovrebbe mai dimenticare.

Featured image, Gianni Vattimo, fonte Wikipedia.

 


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