Cavallino da 15. c a secco.
Visto il giudizio tranchant del medico, Giuseppino passò parte dell'infanzia, correndo a piedi nudi sulla spiaggia come uno scugnizzo. Probabilmente, grazie a questa vita si irrobustì notevolmente superando quella fase critica che lo aveva fatto considerare il più debole e malaticcio dei cinque fratelli. A quei tempi era molto difficile che nelle famiglie numerose tutti i figli arrivassero alla maggiore età. Malattie varie ne riducevano il numero in maniera consistente ed invariabile. Così dopo un po' se ne tornò a Torino per seguire le scuole come gli altri. Tornando a casa ogni giorno sul Lungo Dora però, cominciò ad incrociare ogni giorno una ragazzina con una treccia così lunga e bionda che lo lasciò incantato. Giorno dopo giorno, accalappiato da quella treccia, maturò la decisione che quella sarebbe stata la donna della sua vita. Per la verità la ragazzina lo snobbò per anni. Il Ventennio con i suoi fasti bolsi e tromboneggianti era nel suo pieno fulgore e le ragazze andavano a sfilare vestite da Giovani Italiane, anche se, più che l'ardore patrio e l'ammirazione per il Duce prevaleva la voglia di poter uscire di casa autorizzate ed in piena libertà, potendo sottrarsi alle pressanti autorità paterne. Anche Giuseppino fu attirato dalla vita militare, probabilmente più dal senso di rigore e sicurezza che dava quella strada che dalle sirene di conquista di lontani imperi o dal desiderio di ribellarsi al giogo ed alle imposizioni della perfida Albione.
Questa carta giocò decisamente a suo favore, perché la bionda treccia di Elsa, probabilmente colpita dal fascino della divisa brillante ed azzimatissima del giovane cadetto, crollò definitivamente, concedendo dopo tanto tempo, di essere accompagnata ufficialmente alle occasioni mondane del periodo. Ma la Storia non aspetta gli eventi e la guerra scoppiò di colpo senza badare alle piccole vicende dei singoli, attizzata dagli interessi dei potenti e dalle idiozie del popolo, come sempre facile da ingannare, ma alla fine vero responsabile di non aver capito e si aprì la voragine della barbarie. Il corso "Pronto al Cimento" alla Scuola di Applicazione di Torino terminò all'inizio del 1942 e i neo ufficiali erano ormai pronti per essere gettati nella mischia. Per la destinazione fu data loro la scelta. Quattro su cinque scelsero la Russia, convinti che se le cose fossero andate male, si poteva comunque tornare a casa a piedi. Giuseppino, già allora detestava il freddo e scelse l'Africa, ma prima di partire volle sposare Elsa per dare concrete certezze in quel tempo di euforie esagerate e segnali di tragedie prossime venture di cui l'aria si stava saturando. In verità alla mamma non piaceva la futura nuora, troppo pallidina e fragile con quella treccia esageratamente bionda, forse troppo decisa e volitiva per i tempi, ma se ne fece una ragione di fronte alla determinazione del figlio.
Due giorni di viaggio di nozze a Venezia, poi la famiglia si spostò dai nonni a Fenestrelle, dove rimasero qualche giorno prima della partenza. Era una casa antica, costruita ed ampliata da un trisnonno notaio alla fine del 700, quando Fenestrelle si fregiava del titolo di Città e che il Forte con il suo brulicare di militari aveva reso tutto sommato ricca. Del vecchio notaio rimanevano libri, qualche mobile ed un sacco di vecchie carte, che Giuseppino, che fin da piccolo si era appassionato ai francobolli spulciò con cura. C'erano una sacco di cose divertenti, atti del posto, compravendite, lettere di parenti emigrati in Francia; addirittura in fondo ad un baule un fascio con qualche decina di carte postali bollate, i cosiddetti Cavallini di Sardegna emessi dal 1819 al 1820. Una curiosità filatelica precedente ai veri e propri francobolli, cosiddetti "interi postali" di recapito autorizzato che permettevano di inoltrare la posta personalmente senza passare dal sistema postale che deteneva il monopolio. Ritenne che potessero avere un certo interesse e li sistemò con cura assieme ad altre carte in fondo ad una bella cassapanca che stava sulla parete di fondo e partì per la guerra nell'estate del 42. Quando tre anni dopo tutto finì e finalmente poté rientrare a casa, la famiglia era già rientrata a Torino. Si può solo immaginare quali potessero essere le esplosioni di sentimenti del ritorno di un reduce tra le mura domestiche. Ritrovare tra le macerie di un paese distrutto le persone che ami, che per anni non hai più visto e che hai di certo temuto di non rivedere più. Il calore di abbracci insperati, spiare i cambiamenti che il tempo ha lasciato sui volti, i segni delle privazioni, della paura e delle sofferenze subite, non si riesce credo ad immaginare lo stordimento di questi momenti se neppure chi li ha vissuti, riesce più a descriverli.
Cominciava un nuovo mondo, tante cose da fare, da ricostruire, ricominciare da zero, ma con la speranza e la sicurezza di essere di nuovo insieme. Però, acquietata la felicità del ricongiungimento, la vita ti pone di fronte alle cose più pratiche e banalmente reali, le necessità minime vitali. E' sempre necessario fare un punto della situazione, calcolare e programmare il futuro familiare in base alle possibilità e alle previsioni. Così la prima cosa che venne alla mente a Giuseppino, a cui la lunga prigionia, non aveva di certo offuscato la memoria, fu quella di chiedere a moglie e suocera dove fossero stati messi i Cavallini che lui stesso aveva accuratamente messo da parte nella famosa cassapanca. Stupore, sguardi interrogativi tra le due donne. Finalmente capirono di cosa si trattava, ma certo, tutta quella carta che stava nel mobile vicino al camino. Certamente in quei momenti difficili era stata preziosa, ben due inverni terribili in montagna. Era stata tutta carta benedetta, aveva permesso per due anni di accendere il fuoco della stufa per attizzare la poca legna verde che si raccoglieva nei boschi. Certo, l'avevano bruciata proprio tutta, perché? Giuseppino si sedette sulla sedia con la testa tra le mani, un gesto che gli è rimasto consueto per tutta la vita quando qualche cosa gli appariva irrimediabile. Sospirò a lungo e sul momento non disse più nulla, mentre Elsa usciva per andare a fare la coda coi bollini della tessera annonaria. Oggi i Cavallini di Sardegna originali da 50 c. sono quotati più o meno 10.000 euro cadauno, ce n'erano almeno una ventina.
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