Magazine Diario personale

I chicchi di pioggia.

Da Gattolona1964

E’ una giornata umida di pioggia, sbagliata e fuori posto per essere il giorno ventidue aprile 2013, anche se si usa dire, che in Aprile “ogni giorno è un barile”, la pioggia oggi non ci dovrebbe essere, non è al proprio posto. Dopo il caldo disumano dei giorni scorsi, dove ho avuto un collasso per la pressione troppo bassa, ho pure sperimentato l’effetto “rebound” per non aver preso la mia compressa salvavita per ben 4 giorni! Ne avrei fatto volentieri a meno, non lo auguro nemmeno al mio peggior nemico, ammesso che io ne abbia uno. Mentre pigio le dita su questa tastiera per fissare bene l’accaduto, osservo le goccioline di pioggia attaccate ai vetri della veranda e mi interrogo ancora di più. I miei intricati sistemi nervosi, se ne stanno tornando al proprio posto, non sono più impazziti, la compressa li ha redarguiti e sgridati ed ora sono in cella d’isolamento, perciò non possono fare danni più di tanto. O almeno così pare. Nella realtà invece, l’effetto paradosso cattivo ed insopportabile, ha lasciato il posto alla solita quasi certezza di aver sbagliato in pieno ancora, di aver fatto soffrire me stessa in prima persona ed altri innocenti: come dire una strage a macchia d’olio….Peccato che avevo quaranta anni! L’età della maturità, si usa sempre dire, l’età dove si effettua il passaggio dagli “enta” agli “anta”, l’età nella quale una persona normale dovrebbe sapere quello che vuole per il proprio restante tempo di vita che ha.  A quarant’anni anche tu dovresti poter attingere dagli errori fatti e non ripeterli più. Invece è solo”‘na grande presa per culo” come diceva Antonello Venditti, ne ripeti ancora a bizzeffe, magari sotto altre forme e vesti, ma continui a sbagliare. Come il pretendere di rifarti una vita, quando hai una figlia/o da un altro uomo e sei così ingenua da pensare e credere che il nuovo compagno accetti ed ami sino in fondo, una parte della tua vita precedente: errore madornale! C’è una piccola percentuale di coppie rifatte, nelle quali  il nuovo compagno o compagna ama ed accetta sino in fondo la figlia nata dalla precedente unione, la ama e ne accetta i lati positivi ed i negativi, che sono certamente molti di più dei positivi, proprio per il fatto che non essendo sangue del tuo sangue li sopporti meno e li noti amplificati a 360 gradi. La nonna, rimase vedova a trentatré anni e lo diceva sempre: mai mescolare il sangue dei figli! Rimase vedova e sola, con quattro marmocchi da crescere  mangiò zuppa di cipolle, fece la contadina, la governante nelle case dei ricchi, di notte andava a raccogliere i ricci nelle carraie per cuocerli, ma non fece cazzate e se ne rimase sola tutta la vita, senza il preponderante bisogno di “rifarsi una vita” con un altro uomo. Un forte e bel ragazzotto, suo vicino di casa le faceva una corte spietata e avrebbe fatto carte false per sposarla! Lei se ne era anche innamorata! E’ logico ed umano a poco più di trenta anni provare ancora sentimenti e passioni, ma nonna, donna bellissima e con sale in zucca, non accettò l’unione con il giovine. Egli, avrebbe voluto subito un figlio da lei, lei con la prima elementare in tasca e bimba adottata, disse “NO!” non metterò al mondo una creatura che verrebbe inevitabilmente azzannata dai miei quattro figli precedenti e forse additata come una “bastarda mezzo sangue”. Non mescolerò i loro sangui, piuttosto sola tutta la vita, senza un uomo, ma senza stragi. E così fece, mantenendo la promessa. Che abbia trascorso i suoi 78 di vita senza mai pentirsene o sentire la solitudine amorosa, questo non è affar mio e nemmeno tocca a me giudicare, sicuramente quel tale le piaceva moltissimo, ma la nonna aveva deciso: non si mescolano i sangui! Non venitemi a dire che erano altri tempi, che ha avuto paura di rischiare, stronzate! Era il 1935/1936 circa, ma quella Donna d’acciaio che era mia nonna materna, sapeva benissimo ciò a cui rinunciava per non ritrovarsi poi aggrovigliata dentro a rovi spinosi. Sappiamo benissimo che quel nuovo nato, prima o poi crescerà e smetterà di addormentarsi sulla sua spalla, non vorrà più giocare con il nuovo papà alla lotta sul tappeto e non sopporterà i fratelli. Gli altri figli gli domanderanno che cosa ci fai tu, nuovo gallo nel pollaio e chi ti ha autorizzato ad entrare….Quel piccolo cucciolo d’uomo, forgiato con il Dna di suo padre e di sua madre, dirà la sua un giorno e si chiederà come mai tu gli hai portato via la mamma, dalla quale non aveva minimamente voglia di staccarsi. E tu, e lei o lui, anch’io e quell’altra a gongolarci a farci fotografare un mese dopo l’altro il pancione che cresceva, felici e contenta per essere riuscite a ricostituire un nucleo pseudo famigliare. Ci ripetiamo, auto convincendoci che siamo fortunate rispetto alle altre amiche ancora singles, mah sì un un pò più sfigate di noi, che sono ancora lì al balcone che aspettano  il Principe Azzurro a cavallo, che venga a salvarle e a regalare loro l’opportunità di una seconda chance. Nel dormiveglia di stamattina, forse negli ultimi minuti prima del mio risveglio, che fa seguito all’innaturale sonno provocato da un Tavor di dosaggio pesante, ho chiesto nella mia mente un segnale che lassù o dove non lo so, qualcuno non mi abbandoni. L’ho chiesto un modo chiaro e lucida, senza incespicarmi con le parole e mi sono sentita coprire le spalle e rimboccare le coperte, da una mano con tocco gentile e delicato. Non stavo sognando, ho percepito bene la mano di qualcuno che ha raccolto il mio disperato ed angosciato appello. Forse mio padre? Forse la nonna?  Di sicuro è stata una persona che mi deve aver voluto molto bene quando era in vita e che me ne vuole anche ora che non c’è più. Dal mio concepimento per errore, nel lontano sei giugno 1964 ad oggi è stato un lungo susseguirsi di errori, uno dopo l’altro che hanno formato una catena pesante di ferro, che ora mi stringe la carotide e mi soffoca. Mia madre voleva abortirmi, aveva già una figlia di diciotto anni, brava a scuola, bella, alta e formosa, prossima alla laurea, non aveva certamente voglia di rimettersi a cambiare i ciripà ( i pannoloni di allora, cioè i pannolini di cotone per i neonati, ndr) ad una bimba appena nata. Non fosse stato per mia sorella e per il medico di famiglia, che la sconsigliarono fortemente io ora qua non ci sarei, questa vita terrena non è il mio posto, non lo è mai stato… Come le goccioline della pioggia che cadono oggi e si aggrappano ai vetri,  non sono al loro posto: dovevano attendere qualche mese prima di rifare la loro comparsa. Sarebbe bello che io me ne andassi in silenzio, con loro addosso, completamente nuda, avvolta solo dai chicchi di pioggia! Se potessi scegliere il giorno della mia dipartita terrena, sceglierei un giorno di pioggia torrenziale, che possa spazzare e lavare via tutto ciò che ho dovuto subire e tutto ciò che ho fatto patire più o meno consapevolmente. Non era legale l’aborto nel 1963, sarebbe stato fatto dal medico condotto clandestinamente, sul tavolaccio freddo e sgretolato del suo ambulatorio, forse mia mamma lo avrebbe pagato con un paio di galline, un cappone da brodo e due conigli. Magari avrebbe aggiunto qualche bottiglia di vino fatto in casa, quel vinaccio che sapeva di tino e che odiavo, non era mai fresco ed aveva quel retrogusto di tino….Bleah! Un feto di pochi mesi vale solo qualche animale dell’aia?  Se la sarebbe cavata con poco e a mio papà avrebbe detto che il bambino era morto, causa il duro lavoro che lei svolgeva nei campi. Come l’altra volta, quando invece era riuscita nel suo intento, privando le altre di un terzo fratello. Saremmo in tre, non in due e non so perché, ma son sicura che sarebbe stato un maschietto quel pezzettino di carne, che lei ha fatto macellare! Mi è sempre mancata la figura di riferimento maschile preponderante, non ho sentito forte e chiara la presenza di mio padre, lavorava troppo e quando avrei potuto imparare ad amarlo e conoscerlo bene se ne è andato, mangiato da un tumore che lo ha portato via un pezzettino alla volta, senza risparmiargli un centimetro di pelle. Non piove ora, ma le goccioline a chicco di riso sono ben ancorate ai vetri e dopotutto, non ne vogliono sapere di sparire per lasciare posto al sole, per ora stanno bene lì dove il cielo ha deciso di metterle.

……sono solo considerazioni o sarà l’incipit di un nuovo romanzo? Dopo tant otempo che non scrivo, ho pensato di ritrovarci così, con emozioni e pensieri che saranno comuni a tanti di voi. Non mi sento originale e nemmeno diversa da chi ha vissuto o vive queste situazioni, cerco sempre di immedesimarmi nella persona, vivendo ciò che in quell’istante c’è da vivere, senza far finta di nulla o fingere che vada sempre e comunque tutto bene.  Nel bene e nel male, nella gioia e nei dolori non c’è bisogno di recitare, in fin dei conti su quella famosa barca ci siamo tutti, ognuno di noi con il proprio fardello più o meno pesante da portare. Dipende da come vogliamo tenercelo vicino quel fardello: a volte verrebbe la tentazione di legarselo al collo e scendere dalla barca, ma poi guardi i chicchi di pioggia e tutto ritorna come prima. O quasi.Non so perchè ma ho il sentore che qualcuna/o di voi, in questo momento si sentirà di essere la protagonista del post, non fatevene un cruccio e beveteci una camomilla aromatizzata al miele di acacia. Non dimenticatevi che comunque vada, io vi voglio bene!

Fabiana.



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