Magazine Cultura
Quando un romanzo è capace di mostrarti luoghi lontani restituendotene intatta la fascinazione, i colori e gli odori ma anche le zone d'ombra, ha già compiuto un piccolo miracolo. Se poi il nocchiere di questo viaggio verso remote terre (anche dell'anima) è uno scrittore di razza come Marino Magliani, il rischio capolavoro è allora dietro l'angolo. Presenza autorevole del panorama editoriale nostrano, stimatissimo tra i colleghi e a buon partito entrato ormai nel novero del piccolo culto, Magliani è oggi un autore ad altissimo gradiente poetico; residente in Olanda, nei suoi numerosi romanzi racconta spesso della sua Liguria, con echi che vanno dal conterraneo Biamonti al grande Roberto Bolaño. E proprio dalla raccolta poetica dell'autore cileno - che Magliani omaggia anche facendolo apparire in un breve cameo nel libro - è mutuato il titolo del suo ultimo parto: La spiaggia dei cani romantici, un esemplare romanzo on the road che comincia nella pampa argentina per narrare le avventure di Almeja, un calciatore di origini italiane che torna in Liguria con la sua ragazza per cercare una squadra e cambiare vita. Non si fermerà nella Liguria dei suoi avi, una terra depressa popolata da vecchi e opportunisti, per lasciarsi attrarre dalle notti pericolose di Lloret de Mar, la cittadina di mare spagnola alle porte di Barcellona, descritta come la capitale del vizio, tra droga, spacciatori e criminalità d'infimo rango. Trent’anni dopo i fatti sarà una giornalista olandese a svelare segreti nascosti di un passato che ha visto protagonista il giovane calciatore e la sua ragazza.Splendida la capacità dell'autore di farci percepire con rapidi guizzi descrittivi la bellezza della notte australe, con i suoi rospi, le stelle, gli uomini che mangiano fichi secchi tutto l’anno. E la tanto idealizzata Italia che agli occhi del protagonista si svela come un postribolo di rifiuti e poveracci, salvo scoprire che quella visione cela in realtà l'apocalisse della propria giovinezza che va perdendosi. Un romanzo davvero unico, che attraverso una lingua piana ma infarcita di belle ibridazioni latinoamericane incolla il lettore alla pagina per portarlo altrove, lungo un amaro, struggente cammino di illusioni spezzate. Abbiamo scambiato due chiacchiere con l'autore:
Marino, il tuo ultimo romanzo è una sorta di dolente romanzo di formazione a cavallo tra due continenti. Il protagonista, un argentino figlio di emigranti liguri che giunge in Italia inseguendo una gloria che si rivelerà assai labile, vive sulla propria pelle il doloroso scarto tra l'idealizzazione e la realtà. Quanto di questo disincanto appartiene a Marino Magliani e alla sua esperienza di scrittore residente all'estero?Se c'è qualcosa di me devo dire che lo ritrovo in Gregorio Sanderi. Non come vive la notte o la mondanità ( in quanto a quello sono sempre stato soltanto un buon osservatore ) ma in come guarda il tempo e pensa alla vita e si tortura, e va a dormire presto quando il circo è terminato. Lui dopo gli anni selvaggi vive tagliando l'edera, io scrivo le mie storie. Le trovo occupazioni per certi aspetti simili: l'edera in Liguria avvolge e nasconde le cose, i ruderi dei paesi abbandonati e i tronchi degli ulivi incolti. Il tagliatore d'edera, usando le forbici da potare e recidendola e raccogliendola in mazzi per la decorazione delle sale, inventa un nuovo mondo, ne spoglia uno vero, ne rasa la sua corazza vegetale e dà luce la più grande finzione minerale delle vallate: un paese nuovo, basato sulle rovine. Al narratore a volte riesce altrettanto.Hai alle spalle un corposo numero di pubblicazioni e molti dei tuoi libri si sono guadagnati la ribalta nazionale incontrando il plauso della critica più prestigiosa. Che idea ti sei fatto del panorama letterario nostrano e, considerando le numerose realtà editoriali nelle quali sei passato, quale è la tua posizione riguardo l'attuale industria culturale italiana?In Italia devi stupire, scrivere delle storie non basta, devi anche realizzare, fare goal, anche se sei un'ala destra, solitaria e sempre più distante dalla porta, ogni tanto ti diverti e tiri una pallonata secca tra il pubblico, chi prende prende, e alla fine di ogni partita passi davanti all'arbitro e gli neghi la mano. Ingrato, cosa ne può lui?Hai pubblicato un volume di racconti assieme a Vincenzo Pardini, come te uno scrittore molto ammirato e apprezzato soprattutto dai colleghi e dagli specialisti del settore. Hai voglia di raccontarci la genesi di questo progetto a quattro mani?Vincenzo Pardini è un autore di culto e so che anche tu, Omar, l'ami molto. Qualche anno fa gli parlai dell'asino che avevamo al paese e che mio padre decise di non vendere mai, neanche quando non lavorava più, e morì molto vecchio nella stalla. Gli parlavo delle bestie che vivono qui dietro casa nelle dune, i cervi, certe mucche permalose e i conigli. Lui mi raccontava delle poiane nelle gabbie azzurre della sua Garfagnana, un giorno che passai da Lucca per una lettura, lo incontrai, ci demmo appuntamento in Piazza san Michele e passeggiamo a lungo, mi mostrò la casa dove alloggiò Dante, e la chiesa di Santa Rita. Trascorsi con lui un bellissimo pomeriggio, e l'anno dopo di nuovo. Nel frattempo, Transeuropa ci propose di raccontare le nostre vallate. Lui lo fece con una delle sue storie del far west toscano, la tragica esistenza di un toro paralizzato, e l'incontro di uomo di montagna con un assassino. Io raccontai la storia di due fratelli che non riescono a dividersi l'eredità. Un libro che mi diede più soddisfazione di tanti altri e per cui ricevemmo il premio Tracce di territorio in una cittadina del pavese che si chiama Mortara. Per rimetterla sul calcio, Vincenzo Pardini scrive come quelli per cui si paga volentieri il biglietto allo stadio.La spiaggia dei cani romantici - Marino Magliani (Ed. Instar)
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