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I cibi afrodisiaci di Apicio

Da Patiba @patiba1
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Il grande gastronomo dell'antica Roma, Apicio, fu un simbolo del suo tempo quando, una volta tramontata la corrente moralizzatrice del periodo augusteo, la ricerca dei piaceri della vita divenne
fondamentale per i Romani. In nome della “dissolutezza più raffinata”, egli intratteneva i suoi aristocratici ospiti offrendo elaborate pietanze quali il pappagallo arrosto, l’utero di scrofa ripieno o i ghiri farciti, dei quali troviamo le ricette in De re coquinaria, opera redatta, con buona probabilità nel IV secolo d.C.

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LAMPASCIONI PER L'AMORE
Apicio, da una ricetta di Varrone
“Per coloro che cercano le gioie di Venere, lessare i lampascioni in acqua, poi, come si fa anche per le nozze, servirli con i pinoli, il succo estratto dalla ruchetta e con pepe”.

  • Nelle ricette antiche non viene spiegato come togliere il sapore amaro, sicuramente venivano fatti bollire cambiando spesso l'acqua, quindi venivano scolati.

Un piatto di lampascioni con pinoli,il  succo di ruchetta (rucola) e abbondante pepe erano serviti, durante i banchetti di nozze. agli sposi, come augurio di una notte focosa
Molti erano i modi previsti dalla cucina romana per gustare i pinol: spesso venivano mischiati al formaggio, oppure erano l'ingrediente per realizzare salse e ripieni di sicuro successo. Secondo Plinio il Vecchio, i pinoli “spengono la sete, calmano i bruciori dello stomaco e vincono la debolezza delle parti virili”, mentre per la ruchetta (rucola) la garanzia d’efficacia veniva direttamente dal dio della fertilità Priapo: questa erba aromatica cresceva spontanea intorno alle sue immagini sacre.

Anche Marziale credeva al potere afrodisiaco dei lampascioni che scriveva (XIII, 34) di un povero vecchio, messo alla berlina, per essere stato sorpreso a mangiarne a iosa:
“Dato che tua moglie è vecchia – sentenziava il poeta - e le tue membra sono morte i lampascioni potranno soltanto riempirti lo stomaco”.

Oltre agli amari lampascioni, ai pinoli e alla rucola erano considerati afrodisiaci anche le ostriche, il fegato d'oca, i frutti di mare, le lenticchie, le lumache, il tartufo e secondo la magia, erano considerati afrodisiaci i genitali d’animali e i cibi che nella forma rassomigliando ad essi.
I romani non furono gli unici ad apprezzare le qualità afrodisiache di determinati cibi, anche i Greci, allo stesso scopo, consumavano cipolle, carote, tartufi, miele, uova, storione e diverse qualità di pesce e crostacei; quest’ultimi, del resto, arrivavano direttamente dal mare, da dove era sorta Venere.

BIBERE ERUCAE (Bevanda di rucola)

Considerata altamente afrodisiaca, la rucola poteva essere usata anche come bevanda rinfrescante. Per prepararla frullare tre foglie di rucola con un po’ di acqua. Lentamente aggiungere ancora acqua fino ad arrivare ad un litro. Le proporzioni possono variare a seconda del gusto. Eventualmente nel frullatore si può aggiungere anche un cucchiaino di miele.


Libro V. Ospreon (Dei legumi

LENTICVLA (Lenticchie)

  1.   LENTICULA EX SPHONDYLIS [SIVE FONDILOS]. Accipies caccabum mundum, adicies in mortarium piper, cuminum, semen coriandri, mentam, rutam, puleium, fricabis, suffundis acetum, adicies mel, liquamen et defritum, aceto temperabis, reexinanies in caccabo. sphondylos elixatos teres et mittis ut ferveant. Cum bene ferbuerint, obligas. adicies in boletari oleum viridem.
  2.   LENTICULAM DE CASTANEIS. Accipies caccabum novum, et castaneas purgatas diligenter mittis. Adicies aquam et nitrum modice, facies ut coquatur. Cum coquitur, mittis in mortario piper, cuminum, semen coriandri, mentam, rutam, laseris radicem, puleium, fricabis. suffundis acetum, mel, liquamen, aceto temperabis, et super castaneas coctas refundis. adicies oleum, facies ut ferveat. cum bene ferbuerit, tudiclabis [ut in mortario teres]. gustas, si quid deest, addes. cum in boletar miseris, addes oleum viridem.
  3.   ALITER LENTICULAM. Coquis. cum despumaverit, porrum et coriandrum viridem supermittis. teres coriandri semen, puleium, laseris radicem, [semen] mentam et rutam, suffundis acetum, adicies melle, liquamine, aceto, defrito temperabis, adicies oleum, agitabis. si quid opus fuerit, mittis. amulo obligas, insuper oleum viridem mittis, piper aspargis et inferes.
  1.   Lenticchie con sfondili (funghetti o spugnole). Prendi una pentola pulita e mettile dentro e cuoci. Lavora nel mortaio del pepe, cumino, semi di coriandolo, menta, ruta, mentuccia, versa l'aceto, aggiungi il miele, Salsa¹ e mosto cotto. Mescola tutto con l'aceto, e getterai nella pentola. Trita i funghi puliti e mettteli a cuocere a bollire. Quando saranno ben cotti aggiungerai l'olio verde.

  2.   Castagne ad uso lenticchie. Prendi una padella nuova, e cuoci le castagne accuratamente purificate e aggiungi un po'd'acqua. Quando saranno cotte, metti in un mortaio, pepe, cumino, semi di coriandolo, menta, ruta, laser, mentuccia. trita il tutto. Cospargi di aceto, miele, Salsa, mescola con l'aceto, e versa sopra le castagne cotte. Aggiungi l'olio, fai bollire. Quando saranno cotte sfarinale come se usassi un mortaio. Assaggia, se qualcosa manca, aggiungilo. Quando metterai tutto nel piatto, aggiungi olio verde.

  3.   Altro modo per le lenticchie. Le cuocerai. Quando le avrai schiumate, metti porro e coriandolo verde. Trita i semi di coriandolo, mentuccia, radice di laser, semi di menta, della ruta, cospargi di aceto, aggiungi il miele, Salsa, aceto. Metti mosto cotto, aggiungi l'olio, e lavorare bene. Se c'è qualcosa che manca aggiungila. Llega con amido, olio verde, cospargi di sale e pepe.

¹ SALSA GARUM o LIQUAMEN (leggi). salsa mille usi, piccante, dal forte profumo, che i Romani aggiungevano a tutto: alle minestre, verdure, secondi piatti, dolci. 

Libro VII. Polyteles (Vivande prelibate)

TUBERA (i tartufi)

Numerosi fonti indicano che si utilizzavano le scrofe per cercarli, e che erano cotti sotto la cenere o saltati in padella, per essere poi mangiati senza una precisa collocazione durante il pasto. In quel tempo ai tartufi s’iniziarono ad attribuire anche virtù afrodisiaca, e il medico Michele Savonarola li consigliava come alimento ideale per i vecchi che avevano una bella moglie.
Platina, erudito dell’epoca, non solo assegnò al tartufo un alto potere nutritivo, ma lo definì: “un eccitante della lussuria… servito spesso nei pruriginosi banchetti di uomini ricchi e raffinatissimi che desiderano essere meglio preparati ai piaceri di Venere”.

 
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Il grande gastronomo dell'antica Roma, Apicio, fu un simbolo del suo tempo quando, una volta tramontata la corrente moralizzatrice del periodo augusteo, la ricerca dei piaceri della vita divenne
fondamentale per i Romani. In nome della “dissolutezza più raffinata”, egli intratteneva i suoi aristocratici ospiti offrendo elaborate pietanze quali il pappagallo arrosto, l’utero di scrofa ripieno o i ghiri farciti, dei quali troviamo le ricette in De re coquinaria, opera redatta, con buona probabilità nel IV secolo d.C.

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LAMPASCIONI PER L'AMORE
Apicio, da una ricetta di Varrone
“Per coloro che cercano le gioie di Venere, lessare i lampascioni in acqua, poi, come si fa anche per le nozze, servirli con i pinoli, il succo estratto dalla ruchetta e con pepe”.

  • Nelle ricette antiche non viene spiegato come togliere il sapore amaro, sicuramente venivano fatti bollire cambiando spesso l'acqua, quindi venivano scolati.

Un piatto di lampascioni con pinoli,il  succo di ruchetta (rucola) e abbondante pepe erano serviti, durante i banchetti di nozze. agli sposi, come augurio di una notte focosa
Molti erano i modi previsti dalla cucina romana per gustare i pinol: spesso venivano mischiati al formaggio, oppure erano l'ingrediente per realizzare salse e ripieni di sicuro successo. Secondo Plinio il Vecchio, i pinoli “spengono la sete, calmano i bruciori dello stomaco e vincono la debolezza delle parti virili”, mentre per la ruchetta (rucola) la garanzia d’efficacia veniva direttamente dal dio della fertilità Priapo: questa erba aromatica cresceva spontanea intorno alle sue immagini sacre.

Anche Marziale credeva al potere afrodisiaco dei lampascioni che scriveva (XIII, 34) di un povero vecchio, messo alla berlina, per essere stato sorpreso a mangiarne a iosa:
“Dato che tua moglie è vecchia – sentenziava il poeta - e le tue membra sono morte i lampascioni potranno soltanto riempirti lo stomaco”.

Oltre agli amari lampascioni, ai pinoli e alla rucola erano considerati afrodisiaci anche le ostriche, il fegato d'oca, i frutti di mare, le lenticchie, le lumache, il tartufo e secondo la magia, erano considerati afrodisiaci i genitali d’animali e i cibi che nella forma rassomigliando ad essi.
I romani non furono gli unici ad apprezzare le qualità afrodisiache di determinati cibi, anche i Greci, allo stesso scopo, consumavano cipolle, carote, tartufi, miele, uova, storione e diverse qualità di pesce e crostacei; quest’ultimi, del resto, arrivavano direttamente dal mare, da dove era sorta Venere.

BIBERE ERUCAE (Bevanda di rucola)

Considerata altamente afrodisiaca, la rucola poteva essere usata anche come bevanda rinfrescante. Per prepararla frullare tre foglie di rucola con un po’ di acqua. Lentamente aggiungere ancora acqua fino ad arrivare ad un litro. Le proporzioni possono variare a seconda del gusto. Eventualmente nel frullatore si può aggiungere anche un cucchiaino di miele.


Libro V. Ospreon (Dei legumi

LENTICVLA (Lenticchie)

  1.   LENTICULA EX SPHONDYLIS [SIVE FONDILOS]. Accipies caccabum mundum, adicies in mortarium piper, cuminum, semen coriandri, mentam, rutam, puleium, fricabis, suffundis acetum, adicies mel, liquamen et defritum, aceto temperabis, reexinanies in caccabo. sphondylos elixatos teres et mittis ut ferveant. Cum bene ferbuerint, obligas. adicies in boletari oleum viridem.
  2.   LENTICULAM DE CASTANEIS. Accipies caccabum novum, et castaneas purgatas diligenter mittis. Adicies aquam et nitrum modice, facies ut coquatur. Cum coquitur, mittis in mortario piper, cuminum, semen coriandri, mentam, rutam, laseris radicem, puleium, fricabis. suffundis acetum, mel, liquamen, aceto temperabis, et super castaneas coctas refundis. adicies oleum, facies ut ferveat. cum bene ferbuerit, tudiclabis [ut in mortario teres]. gustas, si quid deest, addes. cum in boletar miseris, addes oleum viridem.
  3.   ALITER LENTICULAM. Coquis. cum despumaverit, porrum et coriandrum viridem supermittis. teres coriandri semen, puleium, laseris radicem, [semen] mentam et rutam, suffundis acetum, adicies melle, liquamine, aceto, defrito temperabis, adicies oleum, agitabis. si quid opus fuerit, mittis. amulo obligas, insuper oleum viridem mittis, piper aspargis et inferes.
  1.   Lenticchie con sfondili (funghetti o spugnole). Prendi una pentola pulita e mettile dentro e cuoci. Lavora nel mortaio del pepe, cumino, semi di coriandolo, menta, ruta, mentuccia, versa l'aceto, aggiungi il miele, Salsa¹ e mosto cotto. Mescola tutto con l'aceto, e getterai nella pentola. Trita i funghi puliti e mettteli a cuocere a bollire. Quando saranno ben cotti aggiungerai l'olio verde.

  2.   Castagne ad uso lenticchie. Prendi una padella nuova, e cuoci le castagne accuratamente purificate e aggiungi un po'd'acqua. Quando saranno cotte, metti in un mortaio, pepe, cumino, semi di coriandolo, menta, ruta, laser, mentuccia. trita il tutto. Cospargi di aceto, miele, Salsa, mescola con l'aceto, e versa sopra le castagne cotte. Aggiungi l'olio, fai bollire. Quando saranno cotte sfarinale come se usassi un mortaio. Assaggia, se qualcosa manca, aggiungilo. Quando metterai tutto nel piatto, aggiungi olio verde.

  3.   Altro modo per le lenticchie. Le cuocerai. Quando le avrai schiumate, metti porro e coriandolo verde. Trita i semi di coriandolo, mentuccia, radice di laser, semi di menta, della ruta, cospargi di aceto, aggiungi il miele, Salsa, aceto. Metti mosto cotto, aggiungi l'olio, e lavorare bene. Se c'è qualcosa che manca aggiungila. Llega con amido, olio verde, cospargi di sale e pepe.

¹ SALSA GARUM o LIQUAMEN (leggi). salsa mille usi, piccante, dal forte profumo, che i Romani aggiungevano a tutto: alle minestre, verdure, secondi piatti, dolci. 

Libro VII. Polyteles (Vivande prelibate)

TUBERA (i tartufi)

Numerosi fonti indicano che si utilizzavano le scrofe per cercarli, e che erano cotti sotto la cenere o saltati in padella, per essere poi mangiati senza una precisa collocazione durante il pasto. In quel tempo ai tartufi s’iniziarono ad attribuire anche virtù afrodisiaca, e il medico Michele Savonarola li consigliava come alimento ideale per i vecchi che avevano una bella moglie.
Platina, erudito dell’epoca, non solo assegnò al tartufo un alto potere nutritivo, ma lo definì: “un eccitante della lussuria… servito spesso nei pruriginosi banchetti di uomini ricchi e raffinatissimi che desiderano essere meglio preparati ai piaceri di Venere”.


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