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I coniugi Pantier, di E. Lee Masters

Creato il 12 agosto 2014 da Annalina55

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Sat, 22 Mar 2014 20:42:04 GMT
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Lee Masters Edgar

I coniugi Pantier fanno parte dell’ Antologia di Spoon River del 1915, una raccolta di epitaffi di un cimitero di una piccola località del Midwest. Attraverso questo originale espediente, Lee Masters rappresenta un quadro realistico e dissacrante della mentalità provinciale americana di inizio Novecento.

Questi epitaffi ci presentano da due opposte angolazioni l’interpretazione che ognuno dà al fallimento del proprio matrimonio, il signor Pantier ne ricerca la causa nell’ambizione della moglie, la quale invece ne attribuisce alla mancanza di spiritualità e di amor proprio del marito. Entrambi hanno una visione della vita limitata e chiusa che non riescono a superare. A Lee Masters non importa stabilire chi tra i due coniugi ha ragione e chi sia il vero responsabile del fallimento matrimoniale, quanto piuttosto rilevare che tutti e due hanno determinato anche il fallimento della loro esistenza, dominata dalla solitudine, dall’incapacità di comunicare e di amare .

Nell’Antologia di Spoon Rivers, libro contro la guerra, il capitalismo e le convenzioni, i morti non guardano con disincanto o distacco la propria vita, ma ne sono coinvolti e seguitano a giudicarla con lo stesso rancore che li animava quando erano vivi, ed è proprio questo aspetto che rende ancora più amaro e tristemente veritiero il libro, decretandone un clamoroso successo.

Riportiamo il brano dei coniugi Pantier:

Giacciono insieme in questa tomba Benjamin Pantier, procuratore, e il cane Nig, suo fedele compagno, conforto e amico. Lungo la strada grigia, amici, bimbi, uomini e donne, uscendo a uno a uno dal mondo, mi lasciarono finché fui solo con Nig amico indivisibile, coniuge e compagno nel bere. Nel mattino della vita io conobbi aspirazioni e intravidi la gloria. Poi colei che mi sopravvive, accalappiò la mia anima con una rete che mi dissanguò, finch’io, un tempo indomabile, giacqui spezzato, indifferente, vivendo con Nig nel retro di un sudicio ufficio. Sotto la mia mascella è appoggiato il naso di Nig- la nostra storia storia finisce nel nulla. Va’, folle mondo! (Benjamin Pantier).

Io so ch’egli diceva che avevo accalappiato la sua anima con una rete che lo dissanguò. E tutti gli uomini lo amavano e molte donne lo compiangevano. Ma immaginate di essere una vera signora, e di avere gusti delicati, e che l’odore del whiskey e delle cipolle vi nausei, e il ritmo dell’Ode di Wordsworth vi rimormori all’orecchio, mentre da mane a sera lui gironzola ripetendo frammenti di quella comune sentenza: “Oh perché inorgoglirsi quando siamo mortali?” E poi immaginate: siete una donna ben dotata, e il solo uomo con cui la legge e la morale vi permettono di aver rapporti coniugali è proprio l’uomo che vi riempie di disgusto ogni volta che ci pensate- e voi ci pensate ogni volta che lo vedete! Per questo lo cacciai di casa a vivere col cane in una sudicia stanza nel retro del suo ufficio. (La signora Pantier)

Come si può notare, le due liriche sono costruite una sull’altra, attraverso un gioco di corrispondenze e di contrasti. Le stesse situazioni vengono motivate in maniera diversa dai protagonisti in base ai loro desideri e sentimenti, totalmente inconciliabili. Il linguaggio è prosastico, narrativo, non declamatorio, con il quali i coniugi raccontano il loro fallimento matrimoniale. Procuratore con ambizioni stroncate da una donna esuberante e raffinata, il signor Pantier. Lei delusa dal marito trasandato con il vizio del bere per il quale prova addirittura disgusto. Immagine attualissima e realistica, squallida, senza speranza. Solo il fedele cane Nig consola il padrone sconfortato in quest’atmosfera opprimente.

Concendendo la parola ai morti l’autore consente ai proprio personaggi di presentare un’analisi morale del mondo che hanno lasciato, con le sue miserie e contraddizioni.

 


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