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I consigli cineletterari di WSF

Creato il 24 febbraio 2016 da Wsf

Libri 

I consigli cineletterari di WSF
Norwegian Wood – Haruki Murakami 

Scritto quasi tutto durante la permanenza a Roma del suo autore, “Norwegian Wood” è uno di quei romanzi-simbolo di una generazione, una di quelle letture obbligate che prima o poi ogni lettore accanito degno di questo nome incontra sulla sua strada; uno dei primi romanzi della narrativa giapponese contemporanea che si discosta completamente dalla tradizione e si apre al pubblico internazionale, appassionando lettori da tutto il mondo. Un romanzo di formazione tenero e austero, dolce e terribile come l’inesorabilità del tempo che passa per il protagonista che, in una serie di lunghi flashback, ci racconta della sua vita con discrezione, a bassa voce, come se ci stesse confidando un segreto all’orecchio. Da leggere e far leggere.

I consigli cineletterari di WSF
Quella Luce negli occhi – Bennet Sims

Zombie e filosofia. così possiamo riassumere l’esordio letterario di Bennet Sims. Un opera particolare e affascinante che getta una nuova luce sul genere zombie.
Sono lontani infatti i vaganti di TWD, in questo libro non è il sangue a parlare, ma le emozioni. La perdita, il passare del tempo, l’abitudine; una lettura potente e non banale che può accompagnare i nostri momenti di relax

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Il bazar dei brutti sogni – Stephen King

Una raccolta di racconti, alcuni dei quali completamente inediti, accompagnati da una serie di commenti autobiografici, ricchi di aneddotti, storie, rivelazioni sulle circostanze che lo hanno portato a scriverli.

Attenti alla lama, avverte King introducendo una delle venti storie che sono raccolte qui. E ha ragione. La lama è sempre presente, qualunque sia lo stile che Stephen King sceglie. Si tratti dell’antica zampata con cui si apre il libro, in Miglio 81 (macchine assassine, avete presente?), o della struggente bellezza del racconto di chiusura, Tuono estivo (un post-apocalittico, come L’ombra dello scorpione, con un guizzo di rivolta che non si spegne neanche con la vecchiaia). Venti storie che toccano tutta la gamma delle emozioni, come King sa fare: l’ironia, la ferocia, la malinconia, l’amore. E la paura, certo. Vi spaventerete per un bambino cattivo che uccide e per piccoli demoni che si nutrono del dolore. Vi interrogherete sulla vita dopo la morte (e se il purgatorio fosse un ufficio polveroso? Se l’angelo delle tenebre fosse un bellissimo ragazzo?); imparerete a temere anziani giudici in grado di prevedere la scomparsa degli altri e giornalisti di gossip in grado di provocarla. Uomini in soprabito giallo vi attenderanno in salotto e anziani pastori tenteranno la vostra onestà, mentre da qualche parte nelle terre selvagge uno sceriffo si interrogherà sulla giustizia. King usa tutti i tasti che conoscete, e qualcuno in più: perché, come sanno due anziani poeti impotenti davanti a una tragedia, solo la scrittura riesce a parlare la lingua di Dio, e a consolarci dei nostri dolori. A questo servono i sogni, del resto. Anche quelli brutti. Soprattutto quelli brutti.
Film

I consigli cineletterari di WSF
Dark Shadows

Barnabas Collins è un giovane ricco, bello e innamorato nell’America coloniale che viene trasformato in vampiro e sepolto vivo per duecento anni; dopo la sua accidentale liberazione viene catapultato in un’America moderna e coloratissima, così diversa dai suoi abiti lugubri e il suo vivere di notte. I contrasti alla Burton (come i colori dei vivi e il solenne nero del vampiro, l’antico mondo e quello nuovo, la magia di un tempo schiacciata dall’inquietante modernità del nuovo secolo) si sprecano, e lo stra abusato duo Johnny Depp – Helena Bonham Carter si propone per l’ennesima volta, ma il film in sé è molto più godibile di altri lavori del regista. Anzi, si può dire che Dark Shadows è uno dei lungometraggi più “Burtoniani” di tutti, e si propone come una favola gotica estremamente godibile. Un plauso alle splendide Michelle Pfeiffer ed Eva Green che ravvivano il cast brillando di luce propria, e uno al cameo di Alice Cooper, di cui si può apprezzare l’indiscutibile autoironia.

Abre los ojos

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“Abre los ojos”, l’originale film spagnolo da cui è stato tratto il remake del più famoso “Vanilla sky” con Tom Cruise, è un must see per tutti, non solo i fan del cinema europeo. Questo, a differenza del remake
americano, ha una scrittura più lineare e convincente e coinvolge con un montaggio più diretto. È distante anni luce dallo stile cinematografico moderno (sia americano che europeo), ma è un onesto tentativo di cinema che basa la sua riuscita più su una storia solida che sull’effetto speciale e, per certi versi, quasi filosofico.

Don Jon

I consigli cineletterari di WSF
La vita di Don Jon è segnata dalle stesse abitudini: casa, palestra, domenica in chiesa e poi il pranzo di famiglia, l’uscita con gli amici, un’eventuale ragazza, il tutto condito da una continua visione di film pornografici. La stessa routine viene scandita giorno dopo giorno dagli stessi rituali, infranti dall’incontro con una ragazza che tenta di attirarlo in una rete infinita di cambiamenti sempre più grandi fino a sconvolgergli la vita. È difficile riuscire a parlare di questo film senza entrare nei dettagli e senza svelare il finale; basti dire che “Don Jon” è un film dal ritmo veloce e dalla narrazione estremamente intelligente. Molto consigliato, specialmente per la leggerezza con cui riesce ad affrontare argomenti “tabù” semza prendersi troppo sul serio e senza cadere mai nel ridicolo. Da vedere con tutti, tranne magari con vostra madre.

Telefilm 

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In The Flesh 

Protagonista di questa deliziosa miniserie britannica è Kieren Walker, un giovane suicida che “torna” da zombie (o meglio, da soggetto affetto dalla Sindrome del Parzialmente Morto) e, una volta guarito dalla sua sete di sangue e cervelli, è costretto ad affrontare i resti di quella vita da cui aveva cercato di scappare, oltre ad una serie di nuovi problemi dovuti alla sua condizione. La bellezza di questa serie sta tutta nello sfruttare un argomento abusato come quello degli zombie in una veste completamente nuova, usandola come metafora per spiegare le conseguenze del razzismo e della discriminazione in ogni loro forma. La serie è composta da due stagioni di tre e sei puntate, e non è stata rinnovata (salvo forse un salvataggio in extremis da parte di Netflix); ma le nove puntate a disposizione sono molto interessanti e meritano una visione, possibilmente in lingua originale per gustarsi l’accento 100% british del cast.

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Aquarius

Dopo Californication, ecco David Duchovny nelle vesti di un sergente di polizia.
Siamo nel 1967 il sergente di polizia Sam Hodiak e il suo partner Brian Shafe iniziano ad indagare sulla scomparsa di una ragazza, Emma, figlia di una sua ex. Le loro indagini sotto copertura li conducono a Charles Manson, un musicista, leader di un piccolo culto in cerca di ragazze vulnerabili. Inizia un gioco al gatto e al topo tra la polizia e Manson, che condurrà ai brutali omicidi che resero celebre Charles Manson.


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