I consigli di scrittura di Ulrike Dietmann

Creato il 30 gennaio 2013 da Serenagobbo @SerenaGobbo

Ulrike Dietmann

Ulrike Dietmann è una scrittrice tedesca di romanzi rosa e di romanzi incentrati sui cavalli, una sua grande passione (ma è impegnata anche nel teatro, ed è la fondatrice di una scuola di scrittura, la Pegasus). Per chi legge il tedesco, questo è il suo sito: http://www.ulrikedietmann.de da cui traduco alcuni suoi consigli di scrittura.

“Mi piace molto aiutare gli altri a imparare a scrivere. L’aspetto artigianale della scrittura e del racconto mi ha sempre affascinato. E questo vale anche per la domanda sul come si possono migliorare la propria creatività e la stupenda sensazione del flusso scrivendo. La scrittura può rendere felici perché favorisce l’autenticità, la crescita e il senso della bellezza.”

Rifiutati da tutte le case editrici. Bisogna appendere la penna al chiodo?
Dieci anni di sangue e sudore. Distrutta la cerchia delle amicizie, rapporti sentimentali a catafascio, conto corrente a zero. E tutto per niente. Dovrei sprecare altri anni della mia vita?
Stop. Nessuna riga scritta da un autore è sprecata. L’ultimo romanzo che si scrive è la preparazione per il successivo. Anche Rembrandt ha ridipinto sopra alcune sue opere. (…)
Se per voi scrivere significa perdere tempo, non siete scrittori (…). Altrimenti sareste felici di iniziare una nuova opera. Non c’è nessuna miglior scuola del carattere di una lettera di rifiuto. Sfruttate la vostra disperazione per un personaggio davvero appassionato.

Devo leggere libri di autori che scrivono bestsellers per trovare stimoli?
Una volta ho chiesto a un autore di bestsellers che conosco personalmente che cosa leggeva. Mi ha risposto con una faccia seria che, dopo le correzioni dei suoi testi, non gli restava molto tempo per la lettura. Ma quando ne aveva, leggeva fantascienza di culto degli anni Settanta. Lui è uno scrittore riuscito di romanzi ambientati nel medioevo. Questo mi ha fatto pensare.
Di recente ho letto i racconti di Annie Proulx. E li ho riletti, e riletti di nuovo. Ammiro la sua scrittura. Ha vinto il Pulitzer. Di sicuro una scrittrice di prima categoria. Leggendola, pensavo che quella lingua era anche dentro di me. Che io potevo essere espressiva come lei: quel realismo dai dettagli acuti, conciso, estremo. Sono tornata al mio testo e ho cancellato tutto quello che mi sembrava sottotono e che non era al livello della Proulx. I miei testi hanno perso ogni alito di vita, si sono seccati e non erano interessanti neanche dal punto di vista letterario.
Il risultato è stato un blocco totale e uno dei pochi momenti in cui ho desiderato di non aver mai intrapreso questo mestiere. Mi sono sentita meglio quando ho ricominciato a scrivere come faccio di solito. Non come Annie Proulx. Non voglio dire che come scrittore non si debba leggere. Molti scrittori leggono molto. Anche io leggo volentieri.
Due mesi dopo mi è capitato tra le mani un libro di Haruki Murakami. È stata un’ispirazione. La sua lingua non mi ha bloccato, ma mi ha spronato a tentare bersagli più alti. Da lui ho imparato, come si dice, a inserire il flusso nel testo. Tutto quello che leggo mi influenza. Non si può evitare. Non so perché a volte vada così e altre volte succeda il contrario. Quello che ho imparato da queste due diverse esperienze è: bisogna riflettere bene su quello che si legge.



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