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I conti della serva – 3

Da Trentinowine

Ehi, ragazzi (e ragazze, of course), sapete che i vecchi sono come gli elefanti? Torna tutto alla memoria, non sfugge che il poco importante.
Per chi opera in agricoltura è essenziale non perdere di vista il valore fondiario. Per il viticoltore ciò che vale la sua vigna.

Come mai 10-15 anni fa tutti correvano a comperare vigneti ed oggi, invertita la tendenza, molti tendono a liberarsene per via degli alti costi?
La compravendita riguarda ora solo piccoli appezzamenti vicino a casa o per razionalizzare qualche particella di vigneto. La terra non rende, non interessa più.

Negli ultimi 5 anni, infatti, il valore medio di un vigneto trentino è sceso di 15-20 € al metro quadro. Prima era mediamente di 50-60 €/mq con punte molto superiori a Roveré della Luna o a Mezzocorona, dove si sono toccati i 100 €/mq! Diconsi un milione ad ettaro (10.000 x 100). Non male, allora.

Se è vero come è vero che il prezzo è calato anche solo di 15 €/mq, la perdita di valore del vigneto trentino, nel quinquennio, è stata di ben un miliardo e mezzo di euro! (15 x 10 mila ettari). Una mezza finanziaria. E’ come se l’inflazione avesse mangiato un quinto del patrimonio in 5 anni.

Sappiamo che molti nostri contadini non fanno i conti, interessandosi solo della liquidazione annuale delle uve.
Poiché è bene confrontarsi con i vicini per avere un termine di paragone, in Alto Adige nello stesso periodo non c’è stato nessun arretramento, il valore è rimasto costante semplicemente perché non c’è un metro quadro da comprare. In Trentino ce ne sono, eccome, ma non comprano nemmeno gli industriali dello spumante. Che pure rende!

E allora? Chi fa i conti, ha capito che l’uva è meglio comperarla, magari scegliendola dopo aver imposto rigidi protocolli al produttore, anziché produrla in proprio. Troppi costi!
La Constellation Brands, il più grande produttore mondiale, sta da tempo vendendo mezza Australia dopo che, qualche anno fa, comperava solo appezzamenti omogenei di centinaia di ettari a botta. Così va il mondo.

Nel 2005 in Alto Adige, con una produzione unitaria di 130 q.li, il costo di produzione era stimato di 1 € al kg d’uva, ossia 13.000 €/ha. Oggi in Australia ad es. il costo di  produzione è di € 0,32 e in California di 0,30, contro 1 €. Se in Alto Adige pagassero solo € 0,92 come da noi, sarebbero già in perdita. E’ vero, i cinesi lavorano anche per 2 €/ora, ma è questa la prospettiva che dobbiamo aspettarci?

La verità è che la viticoltura in Trentino la portano avanti i pensionati. Hanno già un reddito ed allora … non costano. Monti, il presidente, ha portato l’età pensionabile a 67 anni e a quell’età aumenterà pure la saggezza, ma calano le forze; fino a 50-60 anni si può ancora fare il viticoltore, dopo diventa difficile.

La prospettiva di abbandono della vitivinicoltura di montagna, quella tanto sbandierata, rischia di sparire sul serio, perché con gli investimenti fatti nei momenti felici/drogati e con i rendimenti in calo, non si troverà più un giovane disposto a passarsi 600 ore nel vigneto.

Già oggi un viticoltore che ha un ettaro di Cabernet in collina in Vallagarina, dai suoi 90 q.li à € 0,60/q.le incassa 6.300 € (90 x 0,7) dal vino che deve vendere sfuso. Come fa a tirare avanti? Colpa di suo padre che doveva mettere Pinot grigio? Ma va là!

E’ ora che la cooperazione si svegli e faccia quello che deve fare. Una cooperazione moderna deve dare servizi a questi eroi, a queste guardie ecologiche che curano come giardini i loro vigneti! Quali servizi? Ma di vinificazione e di imbottigliamento e di distribuzione delle 9-10 mila bottiglie di quell’ottimo Cabernet che quel viticoltore non potrà mai portare in America. Allora sì funziona. Altro che fare tutti Pinot grigio delle Venezie!

Quelli della pubblic company ci hanno messo 6 anni per dimezzare il reddito, agli altri ne sono bastati 5! I 2 €/kg sono un pallido ricordo come i 25.000 €/ha. Quella era una contingenza favorevole che non potrà tornare mai più perché è cambiato lo scenario.
Mentre gli oligopoli industriali continueranno nel loro sacrosanto bussiness finché dura, la cooperazione “altra” s’inventi una “pubblic company altra” d’intesa anche con i vignaioli, depositari dei più prestigiosi marchi di qualità dei vini trentini. Insieme si può. Se si vuole.


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