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Tali film, infatti, sono esito della computergrafica, di ingegneri, prima che di registi, che hanno lavorato sull'animazione informatica di figure e, contestualmente, sul ritaglio di queste, oltre le forme geometriche elementari, fino a riprodurre un effetto quanto più mimetico possibile della realtà. Il nucleo centrale di un trentennio e più di teorie e di lavoro consiste nel binomio personaggio-plot.
Se la preistoria, The Adventure of Andre & Wally B. (1984), con sottofondo rossiniano, rappresenta un delizioso divertissement, non c'è dubbio che tutto sembra partire davvero con Luxo Junior, (del 1986). Qui vi si presenta il personaggio della piccola lampada da tavolo, che campeggia nel logo animato della stessa Pixar, mentre saltella sulla I, fino a schiacciarla e a guardare spaurita la folla di spettatori. Nel filmato originario, però, la piccola gioca con la madre (o con il padre, non sono esperto del sesso degli oggetti sulle scrivania) in uno spassosissimo incontro di forme e di sguardi umanissimi. Decisamente, questi sono personaggi, hanno carattere e personalità da vendere, non stupisce che facciano epoca.
Tuttavia, proprio questo episodio di Luxo Junior vanta anche altri meriti: in particolare quello di aver dato l'avvio a un più fluido rendering (algoritmo matematico alla base della definizione di forma, colori e ombre). La caratteristica - delle lampadine da tavolo - di essere contemporaneamente personaggi e fonti di luce è stata una sfida che rappresenta un punto di non ritorno nella possibilità di sviluppo di atmosfere, di una storia, di controstorie. Tale evoluzione trova compiutezza ne Il sogno di Red (1987), che - colmo di pathos - racconta la storia di un monociclo, in sconto in un negozio di giocattoli, alle prese con il sogno frustrato di un protagonismo irrealizzabile e con la dura necessità di tornare al suo angolino piovoso, dimenticato da tutti.
Ancora sui giocattoli, in una sequenza che mi ricorda tanto un racconto di Philip Dick da Memoria Fatale, Tin Toy (1988). Un povero soldatino di latta prova a sfuggire alle ire di un capriccioso bimbetto che sembra voler distruggere i suoi balocchi, più che usarli per divertirsi. A detta dei produttori, questo filmato, già più lungo (circa tre minuti) presentò difficoltà inaudite, anche per la prima presenza umana nella storia di questi corti. Delizioso, e di tutt'altro tenore, Knick Knack (1989), quasi una satira di costume, dove un vivacissimo omino delle nevi in un soprammobile per turisti ammira le sventole fuore dalla sua portata e prova in tutti i modi a uscire dalla sua dimensione.
Il gioco di Geri (1999) me l'ha citato, qualche giorno fa, un mio alunno ed è la ragione per cui oggi ho rivisto questo dvd. Racconta la storia di un vecchietto che gioca da solo a scacchi, impersonando entrambi gli avversari, e si può considerare uno studio sul movimento: non è il mio preferito, ma ha una resa cromatica di sicuro effetto e la malinconia consueta alla sottotrama dei corti Pixar raggiunge qui una certa vibrazione poetica. Amo senz'altro di più Pennuti spennati (2000), un delizioso divertissement, anch'esso sul movimento, che coinvolge tanti piccoli uccellini alle prese con un filo della luce piuttosto elastico e con la difformità di un volatile ben più voluminoso di loro. Corto di carattere umoristico, Pennuti spennati presenta tuttavia caratteri ben delineati e affonda nelle dinamiche sociali metropolitane con una certa sorridente cattiveria.
Spassosissimo, ma niente più che supplemento a Mosters & Co., va considerato La nuova macchina di Mike (2002), dove i caratteri emergono più della storia in sé, gioco circense di esseri indifesi a contatto con la tecnologia. Più sofisticato, sia nella ricerca su movimento, luce e colori, sia nel testo in rima, L'agnello rimbalzello (2003). Sebbene lo trovi sinistro per l'invito all'accettazione del proprio destino di vittima, il corto in questione si offre come invito alla saggezza. Nell'insieme funziona, ma mi pare che manchi in modo inquietante di quell'introspezione che invece è patrimonio solido di altri corti. Spin-off de Gli incredibili, Jack-Jack Attack (2005, per la regia di Brad Bird) presenta una baby-sitter alle prese con un bimbo quasi indemoniato, in un clima da interrogatori e guerra fredda.
One Man Band (2006), piuttosto vintage nell'umore, è decisamente il mio corto preferito nel dvd. Presenta una bambina che vede due musicisti competersi la sua monetina del desiderio: su uno sfondo da villaggio fantasma, una piazza abbandonata da ogni altra presenza umana, questa novella Cappuccetto Rosso è testimone di un'esilarante battaglia musicale a suon di note e colori, fino a prendere lei il controllo della situazione. Carl Attrezzi e la luce fantasma (2006) è uno spin-off di Cars che sembra un trailer: convince poco e diverte forse anche meno, mentre sembra mancare un'ispirazione sperimentale, al di là dell'importanza di proseguire con i corti anche in presenza di lungometraggi. Ho trovato invece adorabile, nella sua ironia, Stu. Anche un alieno può sbagliare, anch'esso del 2006: racconta di un alieno che, in versione Incontri ravvicinati del terzo tipo, povera a rapire un povero umano dormiente, che non ci fa una bella figura. L'impresa assume la giocosità di una partita con un flipper e i personaggi, di diversa natura e consistenza, guadagnano tutti carattere, pur nell'eccessivo smalto della cinematografia d'animazione contemporanea.
Non so quale strada prenderà adesso il corto. Il dvd, nonostante i commenti, non apre al futuro. Però mi piacerebbe che il genere rimanesse a sé stante, un luogo di sperimentazione, un'occasione per superare le ambasce e le strettoie della narrativa contemporanea e le banalità del moralismo di molti cartoni animati. Che, insomma, dopo aver sperimentato forma e storia, attraverso la tecnologia si arrivasse a una nuova e più autentica definizione di umanità e di morale, aperta alla vita e alla speranza.
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